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Lontano dal paradiso dell’I.A. tra l’inferno della guerra ed il caos finanziario

di Roberto
Rosso

Il crollo non c’è stato -per ora- dopo il venerdì1, quasi nero, dopo il lunedì nero segnato dal crollo della borsa di Tokio, -12,4 %, il martedì ed il mercoledì mattina (ora di Roma) hanno visto il recupero della borsa di Tokio ( +10%, + 3%  https://www.wsj.com/economy/central-banking/boj-wont-raise-rates-when-markets-are-unstable-deputy-gov-says-6f4bf962?mod=hp_lead_pos3 ) ed una leggero deprezzamento dello Yen nei confronti del dollaro; le borse europee e Wall Street hanno tenuto. Lo scossone è stato forte i fattori in gioco sono stati almeno tre. La crisi della pratica del Carry Trade -basato sulla possibilità di approvvigionarsi di capitali sul mercato giapponese a tassi negativi per investire in titoli sul mercato Usa, anche quelli rischiosi ad alto rendimento- in seguito all’innalzamento del tasso di sconto sullo Yen ed il suo apprezzamento sul Dollaro2. La bolla sui titoli del Big tech trascinato dagli investimenti nell’I.A. e nell’infrastruttura Cloud ed in fine l’aumento imprevisto del tasso disoccupazione negli USA nel mese di luglio al 4,3% dopo il 4,1 di giugno ed il 3,4% lo scorso anno; quest’ultimo dato apre la discussione sulla possibilità di un atterraggio morbido o brusco dell’economia statunitense -vale a dire sulle possibilità che l’economia USA entri in recessione3- il cui riferimento è la politica della FED che esita a tagliare i tassi di interesse. Protagonista del dibattito sulle probabilità di entrare in recessione è stato un indice, la cosiddetta Sahm Rule4 che sinteticamente afferma quando segue “La regola di Sahm è un indicatore economico che segnala l’inizio di una recessione tracciando i cambiamenti nel tasso di disoccupazione. Il modello afferma che una recessione è estremamente probabile quando la media mobile su tre mesi del tasso di disoccupazione nazionale aumenta di almeno 0,5 punti percentuali rispetto al punto più basso dei 12 mesi precedenti. Questa regola offre un metodo semplice, tempestivo e preciso per individuare i cali economici. Nelle 11 recessioni dal 1950, la regola di Sahm è scattata in occasione di ogni singolo episodio, segnalando nei  3 mesi precedenti la    recessione. Questo è molto prima che NBER dichiari ufficialmente una recessione, e prima che i dati del PIL siano disponibili per renderlo chiaro. Dal 1950 la regola Sahm ha indicato solo un falso positivo (nel 1959), e anche allora, sei mesi dopo gli Stati Uniti erano entrati in una recessione 5.

Il confronto è acceso poiché l’aumento della disoccupazione nel mese di luglio è considerato storicamente di per sé un dato significativo, mentre la Sahm rule offre precisi indizi sull’incombere della recession, tutto ciò nonostante l’economia USA non dia molti segnali di criticità “… mentre prima di venerdì c’erano alcuni segni di debolezza – come un aumento dei pagamenti in ritardo tra le famiglie a basso reddito – gli ultimi dati dell’economia sono stati buoni, buoni anche rispetto agli standard storici. Nel trimestre più recente, la produttività è aumentata di un 2,7 per cento rispetto a un anno prima, i profitti delle imprese hanno continuato a crescere e la crescita economica complessiva ha raggiunto un tasso annuo del 2,8 per cento migliore del previsto”6.

Le strategie delle banche centrali determinano in modo significativo l’andamento del ciclo economico, in particolare quelle della FED e della BCE sono fortemente correlate, benché struttura ed andamento delle due economie presentino forti differenze. Secondo Andre Fumagalli intervistato da Roberto Ciccarelli sul Manifesto del 6 agosto, “Quando c’è un calo abbastanza forte degli indici azionari che perdura per giorni le cause non sono mai univoche. Può essere dovuto ai forti investimenti nelle Big Tech e nell’intelligenza artificiale che hanno ridotto i profitti e i dividendi e richiedono tempi abbastanza lunghi per vedere i risultati. Il grado di incertezza è molto elevato, soprattutto se vi sono previsioni di calo della crescita dell’economia americana. Crescono i segnali di guerra in Medioriente, il prezzo del petrolio sta calando. Ma credo che il problema principale stia nella politica della Federal Reserve americana di tenere alti i tassi di interesse, seguita a ruota dalla Bce e dalle altre banche centrali.

Innanzitutto perché il reale obiettivo della Fed non è l’inflazione ma continuare a garantire una ciambella di salvataggio al dollaro per mantenere l’egemonia economica Usa. La tenuta del dollaro consente agli Usa di finanziare un debito interno che ha raggiunto livelli mai visti prima: il 122,3% del Prodotto interno lordo e un debito estero strutturale. Se il dollaro perde di appeal l’economia Usa corre rischi seri. I due debiti sono una spada di Damocle. Fintanto che i mercati finanziari sono egemonizzati dal dollaro, le bolle che producono possono essere sotto controllo, anche se ci sono segnali di segno contrario.”

Fumagalli fa riferimento alla bolla dei titoli del Big Tech e l’instabilità globale legata all’estendersi delle guerre e dei conflitti. “Apple, Microsoft, Nvidia, Alphabet (Google), Amazon, Meta (Facebook) e Tesla  hanno collettivamente una capitalizzazione di oltre 13 mila miliardi di dollari. Il paragone è improprio, ma si tratta di un valore superiore all’intero prodotto lordo di un anno dell’area euro (terza economia mondiale dopo Stati Uniti e Cina) e a metà del prodotto lordo degli Stati Uniti. La sola Apple, a oltre tremila miliardi di dollari, vale una volta e mezza circa il prodotto lordo dell’Italia.

Quelle sette aziende oggi valgono da sole il 25% della capitalizzazione di mercato delle oltre 2.500 società quotate negli Stati Uniti. E il mercato azionario di Wall Street, subito prima dei crolli dei questi giorni, è arrivato a valere quasi il 70% di tutti i mercati mondiali”7. Le oscillazioni di questi titoli quindi sono in grado di influenzare l’andamento dei mercati borsistici a livello mondiale, d’altra parte se gli investimenti nella filiera tecnologica dell’intelligenza artificiale sono un dato reale destinato a crescere, molto più incerti sono i profitti che ne dovrebbero discendere, quindi nel breve periodo abbiamo una bolla speculativa sui titoli a cui non corrisponde una analoga crescita profitti.

Le banche centrali, sia pure nelle diverse strategie che attuano avendo  peraltro missioni diverse -vedi la differenza tra la FED e la BCE- sono chiamate a cercare di regolare il ciclo economico, il circuito finanziario e monetario, in presenza di una finanziarizzazione dell’economia capitalistica come dato costante, sia pure in trasformazione, crisi dopo crisi e nel contesto di una digitalizzazione crescente dei mercati monetari e finanziari, vedi in proposito i progetti di emissione di monete digitali da  parte elle banche centrali oltre che le cripto-valute, di cui la più conosciuta  è il bitcoin. Il circuito monetario-finanziario opera in parziale autonomia dalla cosiddetta economia reale, nella logica di produrre nuova ricchezza secondo la logica D-D’, senza passare per la produzione di merci, più o meno materiali o virtuali. Il Carry Trade ne è una esemplificazione cristallina, in generale i mercati finanziari sono destinati a crollare nonostante il tentativo di regolarli in base alle lezioni apprese dall’ultima crisi. Nonostante il predominio del dollaro nel mercato globale, ormai cresce il livello di competizione, i circuiti monetari alternativi, e quindi le contraddizioni ed i conflitti che scuotono la finanza globale, come parte di una conflittualità che caratterizza la disgregazione dei processi della globalizzazione neoliberista.

L’interazione tra l’economia reale e quella di carta -come si diceva un tempo oggi ambedue molto digitali- in realtà è molto stretta ed i loro nessi, attraverso una crescita esponenziale delle diseguaglianze sociali e regionali, sono al cuore del manifestarsi delle crisi. I processi produttivi e riproduttivi sono soggetti ad una trasformazione radicale nel contesto della duplice transizione climatico-energetico e tecnologico-digitale. La prima richiederebbe per essere affrontata una stretta cooperazione tra tutti gi attori a livello globale, ciò che non accade come dimostrano le conferenze mondiali sul clima e sulla biodiversità, mentre la seconda -che dovrebbe essere al servizio della prima- prende le sue direzioni in base alla logica della competizione ed al servizio dello sviluppo degli apparati militari. Del resto anche il dispiegarsi delle conseguenze della crisi climatica costituiscono il terreno per la competizione tra medie e grandi potenze, in seguito alle devastazioni provocate negli equilibri socio-economici dei singoli paesi e regioni del globo, come sta accadendo nei paesi del Sahel e dell’Africa Occidentale.

La pandemia e le guerre in corso, assile a quelle minacciate, hanno sconvolto a più riprese le linee di approvvigionamento di materiali strategici, a partire da quelle energetiche e agroalimentari da cui dipende la sicurezza alimentare delle popolazioni di molte regioni. In generale ne è stata sconvolta la regolarità dei flussi e l’andamento dei prezzi. La pandemia ha indotto processi inflazionistici e assieme recessivi che hanno avute risposte più o meno significative nelle principali economie Usa, Unione Europea e Cina, ma non solo. Le guerre a loro volta si sono sviluppate in quel contesto ed ancora oggi i cicli economici, produttivi e finanziari risentono di quelle oscillazioni e di quei provvedimenti.

In buona sostanza benché allo stato le oscillazioni borsistiche degli ultimi giorni non sia sino per ora tradotte in un crollo catastrofico sistemico, il sistema complessivo è attraversato da squilibri profondi, soggetto a trasformazioni epocali, da u livelli di conflittualità crescenti, quindi tutto meno stabile ed i meccanismi di regolazione a loro volta diventano parte di questi processi non potendone dominare la complessità.

Per finire una rapida occhiata a due economie che meritano ovviamente uno sforzo descrittivo e di analisi di ben altra portata, stiamo parlando dell’economia tedesca e di quella russa.

  • I dati di quest’ultima appaiono per molti versi buoni se non ottimi, il Pil in crescita del 3,6% nel 2023 – contro l’1% dell’area euro – e del 5,4% nel primo trimestre del 2024, la disoccupazione ai minimi, l’aumento dei salari e dei consumi. Sono gli indicatori che hanno portato il Fondo monetario internazionale a prevedere per la Russia una crescita superiore a quella di Regno Unito, Francia e Germania per il 2024 e la Banca Mondiale a riclassificare la Federazione come un “Paese ad alto reddito”. Gli stessi che, nei sondaggi dell’istituto indipendente Levada Tsentr, fanno dire a oltre la metà dei cittadini che «tutto è in perfetto ordine» o che «non va tutto poi così male», la percentuale più alta dagli anni 908. (…)

La governatrice Elvira Nabiullina [della banca Centrale] lo ha detto pubblicamente: la Russia sta vivendo il più grave surriscaldamento della sua economia da 16 anni, paragonabile soltanto alla vigilia della grande recessione del 2008. «Le riserve di manodopera e di capacità produttiva sono quasi esaurite», ha avvertito. Per spiegare che cosa sta accadendo, il vicegovernatore Aleksej Zabotkin ha paragonato l’economia russa a un’auto che si surriscalda. «È impossibile “spremerla” di più. È come continuare a premere sull’acceleratore quando il motore è già alla massima velocità e l’auto sta salendo una ripida collina. Il motore si fonderà, l’auto si fermerà. E, peggio ancora, rischierà di ricadere indietro».”

Siamo in presenza di una vera e propria economia di guerra, surriscaldata dalla spesa pubblica ad essa destinata; per tenerla sotto controllo la Banca Centrale ha portato il tasso di sconto al 18% per controllare l’inflazione e tenere sotto controllo l’economia che sta esaurendo le sue risorse in termini di manodopera.  Si manifesta quindi la totale dipendenza della economia russa dalla guerra, a cui appare votata, compresa la struttura del suo commercio internazionale che ha cambiato i propri interlocutori e direttrici di scambio, senza possibilità si sganciarsi se non al prezzo di un vero e proprio crollo.

Dall’altro lato dello schieramento c’è la Germania che sta evidenziando limiti e contraddizioni che vengono da lontano, le cui manifestazioni si sono palesate in maniera più evidente con la fine del regime di energia a basso costo garantito dal gas russo ed entro le trasformazioni degli scambi globali che conoscono una crescente frammentazione, con il prevalere di regimi di competizione su quelli di integrazione. Critico risulta il rapporto con la Cina di cui la Germania ha assoluto bisogno e quindi non appare disponibile alla conduzione di una vera e propria guerra commerciale.

La documentazione della condizione dell’economia tedesca, dell’intera sua formazione sociale, è ampia e in costante arricchimento. In nota alcuni riferimenti9 potrà avere profonde conseguenze sulla struttura dell’industria e dei servizi digitali negli Usa, quindi nel cuore del digitale globale. Di questo comincia ad occuparsi in questo numero Alessandro Scassellati, ne seguiremmo gli sviluppi, che potrebbero imprimere direzioni inaspettate alle trasformazioni in corso. Secondo Tommaso Valletti – esperto di temi Antitrust, è stato dal 2016 al 2019 il capo economista della direzione Concorrenza della Commissione europea- in una sua intervista a Repubblica, a proposito delle Big Tech, a commento della sentenza.

“Viste le dimensioni che hanno raggiunto, lo smembramento è l’unica strada percorribile: in Europa si è scelto di non farlo, ma gli Stati Uniti possono. Potrebbe avvenire prima nel mercato della pubblicità online, dove c’è un altro caso giudiziario in corso, ma poi anche per i vari servizi di Google come browser, motore di ricerca e sistema operativo”.

Roberto Rosso

 

  1.    Tokyo ha lasciato sul terreno il 5,8%, secondo maggior calo in un solo giorno della sua storia. In profondo rosso anche Hong Kong e Seul, mentre Shangai e Mumbai hanno limato le perdite. Seduta negativa anche per le borse europee: Francoforte -2,33%, Parigi -1,61%, Londra -1,31%. Milano a -2,55% è la peggiore insieme a Zurigo (-3,59%), con il Ftse Mib che scende a 32mila punti, il livello più basso da febbraio: Piazza Affari ha bruciato oggi 17,8 miliardi di capitalizzazione di Borsa, dopo i 21,8 miliardi andati in fumo ieri. Spread in risalita: il differenziale tra Btp e Bund tedeschi si attesta oggi a 145,9 punti. In mattinata era di 141 punti.

    Seduta in rosso anche negli Usa. Wall Street ha chiuso in perdita, con il Dow Jones a -1,52% e il Nasdaq a -2,43. Raffica di vendite sui titoli tecnologici: il sottoindice tecnologico (-5%) registra il calo maggiore in due anni. Tra i titoli crolla Intel (-26,06%) dopo il trimestrale sotto le attese e il taglio del 15% della forza lavoro. []

  2. https://www.wsj.com/finance/currencies/what-is-the-yen-carry-trade-e5ab9670?mod=livecoverage_web  “L’operazione prevede che un investitore prenda in prestito la valuta di un luogo in cui i tassi di interesse sono bassi, come il Giappone o la Cina, e la utilizzi per investire in una valuta in cui i tassi di interesse sono più alti, come il Messico. Lo yen è stata la valuta di finanziamento più popolare negli ultimi anni a causa dei tassi di interesse ultra-bassi del Giappone. È uscito dai tassi negativi solo ad aprile, anni dopo che le banche centrali occidentali hanno iniziato ad aumentare aggressivamente i tassi per combattere l’inflazione. Il carry trade dipende dal fatto che la valuta di prestito rimanga a buon mercato e che la volatilità del mercato rimanga bassa. Entrambi questi fattori si sono rivoltati contro gli investitori nelle ultime settimane, quando lo yen è salito e i mercati sono stati spazzati dall’instabilità. (…) L’impennata del 7,5% dello yen nell’ultima settimana ha colpito duramente i carry trader. Gli investitori che avevano preso in prestito yen sono stati colpiti da richieste di margine quando la valuta è balzata, il che significa che i loro banchieri insistevano per avere più garanzie. Questi investitori sono stati costretti ad acquistare yen per coprire le loro posizioni precedenti, spingendo la valuta più in alto e innescando ancora più richieste di margine [coprire le perdite o chiudere le posizioni]-”. []
  3. https://www.wsj.com/finance/this-doesnt-look-like-recession-heres-how-one-could-happen-194e346f?mod=hp_lead_pos2  []
  4. https://www.wsj.com/articles/are-we-in-a-recession-experts-agree-ask-claudia-sahm-11572789602?&mod=article_inline   Since its release in May, Ms. Sahm’s rule has been flagged in Wall Street research notes and news reports, and added to the Federal Reserve Bank of St. Louis’s free economic database, known as FRED. Lawmakers on Capitol Hill have asked for briefings on the proposal, and Sen. Michael Bennet (D., Colo.), who is running for president, highlighted it along with others in his campaign’s economic platform.  “The reason it’s been getting attention is it is simple, it is understandable, it is something people can observe themselves,” Mr. Shaumbaugh said.   https://www.nytimes.com/live/2024/08/05/business/stocks-market-crash-economy#the-sahm-rule-points-to-a-recession-heres-what-the-rule-maker-thinks []
  5. https://www.currentmarketvaluation.com/models/sahm-rule.php  []
  6. https://www.nytimes.com/live/2024/08/05/business/stocks-market-crash-economy#the-sahm-rule-points-to-a-recession-heres-what-the-rule-maker-thinks  []
  7. https://www.corriere.it/economia/finanza/24_agosto_05/il-crollo-delle-borse-cosa-succede-e-quanto-e-grave-dalle-big-tech-ai-dubbi-sull-economia-usa-le-ragioni-della-crisi-3b8fbf60-7454-412c-89cf-f34694b37xlk.shtml []
  8. https://www.repubblica.it/economia/2024/08/05/news/putinomics_spesa_militare_e_aiuti_pubblici_il_doping_per_la_crescita-423428048/ https://carnegieendowment.org/russia-eurasia/politika/2024/07/russia-economy-boom-cost?lang=en []
  9. Riprendiamo da repubblica.

    “L’ufficio federale di statistica ha stimato una leggera discesa dell’economia in primavera, rispetto al trimestre precedente, prendendo di sorpresa quasi tutti i previsori. Il calo spicca nell’euro-area che è invece cresciuta dello 0,3%. Se si considera il peso della Germania nell’indice europeo, è come se la differenza tra la Germania e gli altri fosse di mezzo punto di Pil, un divario inedito per dimensione.

    (…) Tuttavia, il tasso di crescita tedesco è sotto il potenziale dal 2016-2017. In tal senso si può dire che sia certamente in atto un aggiustamento a uno shock strutturale, ma quest’ultimo deve avere radici diverse da quelle ‘geopolitiche’.”  Si può commentare che le radici geopolitiche sono rilevanti, vedi la questione del gas russo, ma i problemi strutturali sono di più lungo periodo e le conseguenze della guerra hanno operato come un acceleratore.

    “Il 2017 è l’anno del mancato aggancio alla trasformazione digitale che ha trasformato l’economia Usa. La performance dei “Magnifici Sette” americani spiega tutta la differenza di performance rispetto agli indici economici e finanziari tedeschi. D’altronde, la trasformazione di un modello come quello tedesco, ad alto contenuto industriale, non può essere rapida. Un esempio: la crisi dell’industria automobilistica non è transitoria, ma quando è emersa molti capitali tedeschi si sono spostati rapidamente verso il settore chimico-farmaceutico. Oggi, tra le prime 50 imprese europee, sono molto più presenti le imprese farmaceutiche di quelle dei trasporti. (…)

    Il risultato è che in termini di quantità la produzione è scesa nell’industria del 9% dal 2019, mentre in termini di valore aggiunto è scesa solo dello 0,8%. (…)

    Dopo Covid e Ucraina, le imprese tedesche, a differenza di quelle italiane, hanno potuto accumulare ampie scorte grazie al fatto che il costo del capitale immobilizzato era negativo in Germania (mentre non lo era in Italia), ma ora queste scorte sono più che abbondanti e in assenza di nuova domanda le imprese tedesche preferiscono non produrre per non accumularne altre. (…)

    Dopo Covid e Ucraina, le imprese tedesche, a differenza di quelle italiane, hanno potuto accumulare ampie scorte grazie al fatto che il costo del capitale immobilizzato era negativo in Germania (mentre non lo era in Italia), ma ora queste scorte sono più che abbondanti e in assenza di nuova domanda le imprese tedesche preferiscono non produrre per non accumularne altre. (…)

    All’aumento del risparmio non corrisponde un aumento dell’investimento produttivo. L’industria sta anzi riducendo impianti e costruzioni. Il meccanismo è che il risparmio è sintomo di riduzione della domanda e che questa, a sua volta, frena gli investimenti.”

    Come avevamo avuto modo di osservare in altri articoli, l’economia tedesca sta affrontando un pesante processo di riconversione e ristrutturazione proporzionale alla dimensione ed alla complessità del suo apparato produttivo ed infrastrutturale, con un ritardo significativo nel processo di digitalizzazione, di rinnovo delle infrastrutture e della pubblica amministrazione.  Problematiche abbiamo visto anche nell’economia degli Usa nonostante i suoi primati tecnologici, a cui però l’amministrazione Biden ha risposto a suo tempo con una mole gigantesca di investimenti dopo la pandemia, nulla di paragonabile è accaduto in Germania. Le politiche di bilancio che ben conosciamo costituiscono un limite invalicabile e pesano, peseranno sull’Unione Europea nel suo complesso, mentre la sua locomotiva arranca. Vedremo che ruolo giocheranno gli investimenti nell’apparato militare-industriale, gli annunciati a suo tempo 100 miliardi euro di investimenti.

    Una descrizione per quanto sommaria dell’economia cinese sarebbe necessaria, delle sue incertezze, del processo di centralizzazione in corso da parte della sua classe dirigente, ma questo ad una prossima puntata. Ciò che è certo è che tutto si tiene e l’instabilità globale è destinata a manifestarsi a più riprese, in termini che è ben difficile prevedere, di cui tuttavia non mancano segni premonitori.

    Per citare una notizia delle ultime ore, il pronunciamento di una corte federale contro le pratiche monopolistiche di Google(( https://www.startmag.it/innovazione/sentenza-google-monopolio-effetti/   []

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