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Più democrazia per rifondare l’Unione

di Andrea
Allamprese


Di Andrea Allamprese- Vorrei riprendere la riflessione avviata da Raffaella Bolini nel suo articolo per Transform Italia! del 22 gennaio 2020 (“Europa … No tu no!“) sui contenuti e sul deficit di democrazia della Conferenza sul futuro dell’Europa avviatosi a partire dal “non paper” franco-tedesco. Raffaella Bolini ci ricorda che il processo – in cui si discuterà di proposte di riforma del funzionamento dell’Unione, così come di politiche (ambientali, del lavoro e della sicurezza sociale, economiche e occupazionali,
ecc.) – è partito con il piede sbagliato. Il voto in plenaria del Parlamento europeo (15 gennaio 2020) ha confermato la scelta della Commissione di escludere dalla plenaria della Conferenza sul futuro dell’Europa la società civile organizzata (l’associazionismo formale e informale, le ONG, i movimenti, le reti). Essa ha anticipato che le reti europee si stanno coordinando per reagire.

Questione prioritaria (quasi metodologica), che precede e interagisce al tempo stesso con le altre sul futuro dell’Europa, è quella di come stimolare, far partecipare, ridare il ruolo di soggetti attivi ai cittadini dell’Unione; di come parlare ai loro bisogni e desideri. In una Unione dove questi bisogni rischiano di essere interpretati essenzialmente dalle forze di destra. Nessun contenuto, anche se
“fondamentale” (si pensi al principio di solidarietà nella Carta dei diritti fondamentali UE), potrà essere efficace se non diverrà parte della coscienza dei cittadini europei e non diverrà uno stimolo per ridare loro un ruolo di attori. 

Se non si trova questa chiave, io temo che nulla possa ripartire. Se non si trova quel legame, tutto mi pare dai risultati deludenti. È di lì che può ripartire anche una nuova ondata di democrazia, non solo economica ma partecipativa a tutti i livelli. I bisogni dei cittadini vanno accolti, letti, interpretati e ricondotti in una prospettiva di trasformazione dell’esistente in chiave “solidaristica”.

Il problema fondamentale è che le forme di democrazia rappresentativa sono soppiantate dalle forme di democrazia diretta. Nella sua Comunicazione del 22.1.2020 Dare forma alla Conferenza sul futuro dell’Europa (Com(2020)27), la Presidente della Commissione europea insiste molto sul fatto che “la Conferenza sarà un nuovo forum pubblico per un dibattito aperto, inclusivo, trasparente e strutturato con i cittadini”. La parola “partiti politici” non compare mai nella Comunicazione, mentre si parla di “parti sociali” una sola volta per indicare che queste e la “società civile” dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale in ogni fase della Conferenza. Tuttavia, l’intera Comunicazione è diretta a promuovere soprattutto (solo) gli strumenti di dialogo con i cittadini, quali l’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) o le consultazioni pubbliche “Fai sentire la tua voce”.

Gli stessi gruppi di lavoro dotati di poteri deliberativi, che operano all’interno della Conferenza, dovrebbero essere partecipati da cittadini/e ed esperti.

Ora, condizione essenziale per una rifondazione dell’Unione sui principi che essa proclama, e sulle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, è non soltanto un ristabilimento, bensì un approfondimento della democrazia a tutti i livelli – locale, nazionale, europeo – della deliberazione politica.

In un documento pubblicato su vari organi di stampa a ridosso delle elezioni europee del maggio 2019 democracy must be re-established in eur, un gruppo di studiose/studiosi – nel condividere una allarmata diagnosi del funzionamento dell’UE – ha avanzato alcune idee a questo proposito. Si ricorda quella di Michel Aglietta e Nicolas Leron, i quali, tornando sulle origini stesse della democrazia rappresentativa (no taxation without representation), propongono di dotare l’UE di risorse finanziarie proprie – in particolare attraverso la tassazione delle transazioni finanziarie – da destinare a obiettivi di sviluppo sostenibile fissati e controllati dal Parlamento europeo, e di restituire simmetricamente agli Stati disponibilità finanziarie proprie, senza le quali la loro vita democratica è privata di sostanza.1 Questa perdita di sostanza colpisce di riflesso tutte le forme di democrazia locale e sociale, le cui risorse vengono prosciugate dai governi guidati dalla sola bussola della Governance dei numeri operante nell’Eurozona.2. Si tratta dunque – come sottolinea Etienne Balibar – di perseguire non il ritorno o la riparazione delle forme tradizionali della democrazia, bensì un’autentica rinascita di quest’ultima a tutti i livelli della vita politica.3

Ecco una questione cruciale che bisognerebbe discutere alla Conferenza sul futuro dell’Europa.

 

Andrea Allamprese

  1. M. Aglietta, N. Leron, La double démocratie. Une Europe politique pour la croissance, Seuil, Paris,
    2017, p. 197.[]
  2. A. Supiot, La Gouvernance par les nombres. Cours au Collège de France (2012-2014), Fayard, Parigi, 2015.[]
  3. E. Balibar, Union européenne, Europe, Démocratie, Ed. Du bord de l’eau, 2016, p. 326.[]
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