articoli

Europa… No tu no!

di Raffaella
Bolini

di Raffaella Bolini

Il 15 gennaio il Parlamento, con il voto in seduta plenaria, ha confermato la scelta della Commissione di escludere dalla plenaria della Conferenza sul Futuro dell’Europa la società civile organizzata – l’associazionismo formale e informale, le ONG, i movimenti, le reti.

E’ stato bocciato un emendamento proposto da Verdi e GUE -votato anche dai Socialisti, da una parte di Renew Europa e da un gruppo di non iscritti fra cui i 5Stelle- che prevedeva di aggiungere alla plenaria della Conferenza quattro rappresentanti della società civile organizzata.

Non inizia bene, la Conferenza sul Futuro dell’Europa. E sarà il caso che associazioni, movimenti, organizzazioni sociali trovino un modo molto visibile per farsi sentire, nel corso dei due anni in cui il processo si svolgerà. 

Per ora, solo gli addetti ai lavori sanno di che si tratta, ma non è cosa che riguardi esclusivamente chi si occupa di politiche europee. 

La Conferenza infatti è un percorso istituzionale finalizzato a discutere e definire questioni importanti, che impatteranno su tutti gli stati membri, su tutti coloro che nell’Unione vivono, sull’ambiente, sui migranti, sui paesi nostri vicini. 

Vediamo insieme di che si tratta, in modo da favorire l’informazione, la comunicazione e la discussione su cosa insieme si può fare.

La Conferenza, fortemente voluta da Macron, formalizzata come proposta franco-tedesca, e poi assunta nel programma della nuova Commissione presieduta da Ursula Von Den Layer, inizierà il suo processo in Croazia nei prossimi mesi, durante la presidenza croata dell’UE, e terminerà nel 2022 sotto la presidenza francese. 

Discuterà proposte di riforma sull’organizzazione e il funzionamento dell’Unione, così come di politiche: questione climatica e ambientale, giustizia sociale ed uguaglianza, economia ed occupazione, fiscalità, sicurezza, il ruolo europeo nello scenario mondiale. 

Alla fine del percorso, le proposte condivise potranno diventare legislazione dell’UE, con la modifica dei Trattati.

E’ un tentativo, dopo le ultime elezioni europee, di produrre uno scarto di iniziativa per di ricostruire consenso e legittimità alla Unione Europea, a fronte del diffondersi dell’euro-scetticismo e della presenza ormai stabile e forte del sovranismo reazionario in quasi tutti i paesi del continente.

Per questo, tutta la comunicazione istituzionale riferita alla Conferenza la definisce come un processo partecipativo, che al suo cuore avrà la società civile e la cittadinanza, teso all’ascolto e al recepimento delle istanze che provengono dalla popolazione europea. 

Ma, già alla prima prova dei fatti, le cose sono andate in modo contrario.

La plenaria sarà composta da delegati della Commissione, del Consiglio, del Parlamento Europeo, dei Parlamenti Nazionali, del Consiglio delle Regioni, del Comitato Economico e Sociale Europeo, del Comitato delle  Regioni, e delle parti sociali – imprenditori e sindacati. 

Nessuno rappresenterà le decine di milioni di europei che ogni giorno difendono in modo collettivo e organizzato i diritti fondamentali, li trasformano in pratiche di cittadinanza attiva, coinvolgono le persone e i territori sui temi di cui la Conferenza si occuperà.

I cittadini europei parteciperanno invece attraverso strumenti on-line e alcuni incontri denominati Agorà, tematiche e dei giovani, a cui prenderanno parte persone singole, scelte fra tutta la popolazione dell’Unione Europea -almeno tre per ciascun paese- con criteri fumosi, poco credibili e naturalmente, senza alcuna possibilità che rappresentino alcunché.

E’ una scelta sbagliata e desolante. 

Conferma uno degli errori strategici dell’assetto democratico della UE, che dal suo esordio ha anticipato una delle caratteristiche peggiori del populismo sia reazionario che liberista: la concezione della democrazia come relazione diretta fra politici e cittadini singoli, soli, atomizzati – rinnegando il ruolo fondamentale dei corpi intermedi nel consolidamento e nella difesa di società democratiche.

E’ anche una scelta illegittima: l’articolo 11 del Trattato Europeo, frutto di anni di battaglie associative, riconosce invece la società civile organizzata come un soggetto della democrazia europea. Il “dialogo civile” previsto dall’articolo 11 non è mai stato messo in pratica dalla Commissione, nonostante i diversi richiami del Parlamento Europeo negli anni scorsi. La Conferenza poteva essere una buona occasione per iniziarlo – ma non sarà così.

Eppure, di fronte all’offensiva regressiva, le istituzioni europee hanno più volte dichiarato l’importanza di associazioni e movimenti sociali come baluardo civile alla reazione. L’attacco alla società civile democratica e indipendente, e la chiusura dello spazio civico sono stati fra gli elementi essenziali alla base  delle  procedure di infrazione contro i governi reazionari. 

La Unione Europea finanzia le organizzazioni non governative, associazioni e movimenti possono promuovere le ICE (le raccolte di firme per sottoporre questioni alle istituzioni) e le diverse Direzioni Generali dialogano su diversi temi con i corpi intermedi. 

Ma anche questa volta associazioni, movimenti, ONG dovrebbero rimanere, sul Futuro dell’Europa, fuori dalla porta.

Non sarà così. Le reti europee si stanno coordinando per reagire. Chiederanno incontri ai parlamentari europei che difendono le associazioni, per capire i passi successivi da compiere. Lo stesso si farà con i parlamentari nazionali. 

Ma soprattutto è possibile riempire i due anni del percorso della Conferenza sul Futuro dell’Europa con Agorà auto-organizzate della società civile organizzata, delle associazioni formali e informali, dei movimenti, degli attori sociali democratici e indipendenti. 

E’ possibile chiedere ai gruppi politici disponibili, nei Parlamenti Nazionali e Locali, di portare nella Conferenza ufficiale le proposte di tante Agorà locali, nazionali, europee, tanto più se esse saranno capaci di mettere in comune i propri risultati.

Diverse associazioni e organizzazioni sociali, anche in Italia, ne hanno iniziato a discutere. Anche trasform-Italia si è messa a disposizione. 

E forse, la porta sbattuta in faccia dalle istituzioni europee agli attori sociali potrebbe avere un effetto opposto e contrario, se aiuterà associazioni e movimenti a superare la frammentazione che ha caratterizzato gli ultimi anni, pure così pieni e densi di nuove mobilitazioni e di campagne. 

Articolo precedente
Dal Nord-Est per la pace, il lavoro, la giustizia sociale
Articolo successivo
L’Irlanda verso il voto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.