Al momento di scrivere non si sa ancora chi sarà il futuro Presidente degli Stati Uniti. Gli Stati già assegnati sono quelli che non modificano il quadro di 4 anni fa. E quasi tutti gli Stati ancora in gioco potrebbero attribuire il successo finale sia a Trump che a Biden. La fotografia attuale vede in vantaggio il Presidente uscente in Stati decisivi come la Georgia, il Michigan, la Pennsylvania. Mentre il candidato democratico potrebbe strappare l’Arizona ai repubblicani. I sostenitori di Biden e anche i media, che decidono se attribuire la vittoria all’uno o all’altro, devono tenere conto che mancano voti di aree tendenzialmente democratiche e in larga misura, come in Pennsylvania, di voto postale. Ogni Stato ha tempistica diverse e anche modalità diverse nel procedere con lo spoglio. In qualche caso si deve ancora attendere l’arrivo di voti inviati prima del 3 novembre. Se la Pennsylvania si rivelasse decisiva probabilmente bisognerà attendere venerdì sera per avere la proclamazione del vincitore.
Intanto i dati relativi al rinnovo di un terzo del Senato e alla rielezione dell’intera Camera dei Rappresentanti sembra profilare una situazione di stallo. I democratici manterranno la maggioranza della seconda, guidata da Nancy Pelosi, ma probabilmente non riusciranno a capovolgere la maggioranza a loro favore al Senato, ma solo a ridurla.
Buone notizie dal versante degli eletti più radicali del Partito Democratico con la conferma di Alexandria Ocasio Cortez e delle sue tre colleghe appartenenti al cosiddetto gruppo “The Squad”. Si dovrà vedere se verranno eletti anche gli altri candidati che sono su posizioni simili e che potrebbero raddoppiare il gruppo informale della sinistra.
Perché ha vinto Biden
La partita per l’ex vice-presidente di Obama si è rivelata molto più dura del previsto o almeno di quanto lasciavano intravedere dai sondaggi. La forte partecipazione al voto sembrava aprire la strada ad una vera onda democratica tale da garantire una vittoria netta su Trump e da riversarsi favorevolmente sui rapporti di forza in Camera e senato.
Se ci sarà la sua vittoria, sarà certamente di misura e quindi sottoposta anche ai rischi delle procedure legali minacciate da Trump. Tutta l’impostazione della campagna elettorale è stata finalizzata a costruire un referendum sul Presidente uscente tutto incentrato sulla gestione della pandemia da Covid19. Una strategia che è anche servita a coprire la carenza di carisma del candidato. Una campagna improntata al moderatismo dei toni e dei contenuti. I sondaggi dicono che mentre gli elettori di Trump hanno votato a larga maggioranza perché apprezzavano il loro candidato, una quota ben più alta di sostenitori di Biden sono stati motivati dall’opposizione radicale al candidato repubblicano.
Le questioni di merito che pure lo hanno differenziayo da Trump (la questione ambientale, la volontà di aumentare le tasse per i ricchi, una difesa cauta dell’Obama care per mantenere l’accesso alla sanità di milioni di americani) sono rimaste relativamente in ombra.
Che cosa può aver determinato la vittoria di misura di Biden? Una maggiore mobilitazione dell’elettorato democratico che era piuttosto ostile alla Clinton perché considerata troppo interna ad un establishment eccessivamente vicino alla finanza e alle grandi corporations, soprattutto quelle attive nel mondo delle nuove tecnologie. Questa mobilitazione è stata il frutto di una maggiore attenzione di Biden ai settori sociali della classe operaia della rust belt con qualche concessione (almeno retorica) a pratiche protezioniste. E di una attivazione di elettori che hanno reagito alle provocazione e alla aggressività di Trump in favore del suprematismo bianco e delle fasce più bigotte del mondo evangelico, anche se meno determinante di quanto si attendesse.
Nonostante la vittoria (di misura) Biden non ha risolto la difficoltà del Partito Democratico a definire un nuovo profilo fra la linea di progressismo liberista dei Clinton (e in parte anche di Obama che lo ha imposto come candidato unitario dell’establishment) e le tendenze più radicali. Biden e le forze che lo hanno sostenuto nel partito Democratico, puntano più su una coalizione di voto identitario (le donne in quanto donne, i neri in quanto neri, i latinx in quanto latinx) piuttosto che su una visione coerente di società, come ha cercato di fare Sanders. La forza elettorale del trumpismo, confermata ed ampliata dal voto elettorale del 3 novembre, richiederà una risposta nuova che l’establishment democratico non ha ancora saputo formulare.
Perché ha vinto Trump
Il Presidente uscente ha rotto tutti gli schemi che, secondo gli analisti e i commentatori politici mainstream, erano fondamentali per vincere le elezioni presidenziali. La prima regola era quella di convergere al centro e di conquistare l’elettorato moderato. Trump ha cavalcato e interpretato una spinta verso la radicalizzazione dell’elettorato conservatore e una certa tendenza a quella che è stata definita “la tribalizzazione” dell’identità politica negli Stati Uniti.
Resta un Presidente di minoranza, ma una minoranza comunque molto forte, che è riuscito anche ad ampliare rispetto al 2016 e che è diventata determinante, nella sua composizione e nella sua diffusione territoriale, per conquistare i voti del collegio elettorale. Ha integrato nella coalizione elettorale classicamente conservatrice (ceto medio-alto anziano e tradizionalista, evangelici, alt-right, suprematisti bianchi, grandi imprese legate al fossile) alcuni settori delle minoranze convinte dall’agitazione della parola d’ordine della law and order e dalla stessa decisione di mettere avanti l’economia rispetto alla salute pubblica.
È una coalizione che si presenta come tendenzialmente minoritaria dal punto di vista sociologico e demografico e questo motiva l’aggressività repubblicana nel tentativo di rendere più difficile il voto ad una parte delle minoranze e dei poveri. Ma il risultato del 3 novembre dimostra che questa coalizione elettorale è riuscita a mobilitare altrettanti se non più elettori di quelli attivati dai democratici (e qualche segnale sulla registrazione degli elettori si era già avuto durante la campagna elettorale).
La riconferma di Trump e il possibile mantenimento della maggioranza al Senato avrà per effetto di confermare lo spostamento a destra del Partito Repubblicano. L’ala più apertamente reazionaria del sistema politico statunitense esce quindi consolidata e con una identità assai più netta di quella che definisce la controparte democratica. E questo è un elemento che continuerà ad influire a prescindere che vinca Biden o vinca Trump.