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Per una sinistra non “codista”

di Franco
Ferrari

L’articolo di Luciano Beolchi, di cui transform!Italia ha pubblicato diversi contributi interessanti, solleva un problema che merita una discussione non diplomatica. Naturalmente questo è un sito di riflessione, di analisi e di confronto e come tale dà voce anche a opinioni diverse, seppure in un quadro di riferimento complessivo che è quello della sinistra anticapitalista. Anzi, alimentare il confronto e il dibattito vuole essere una delle sue ambizioni.

La tesi chiave dell’intervento di Beolchi, che esprime il suo punto di vista con grande chiarezza, è la seguente: “In una guerra di liberazione che è sempre anche una guerra civile bisogna scegliere da che parte stare, non c’è posto per posizioni intermedie e questa scelta è persino superiore agli interessi di partito e dell’emancipazione sociale che per i comunisti sono così importanti”.

Questa impostazione di fondo lo porta, tra l’altro, a sostenere che la sinistra avrebbe dovuto schierarsi con i talebani che hanno “combattuto una guerra antimperialistica durata vent’anni”. Nel caso del conflitto palestinese ritiene che sia più importante la resistenza di Hamas che tutti i “sionisti di sinistra”.

Questa impostazione che impone necessariamente una lettura binaria dei singoli conflitti e che questi tutti letti come parte di un unico complessivo scontro tra imperialismo e antimperialismo non mi convince. Soprattutto se poi si subordina “l’emancipazione sociale” sempre e comunque al conflitto con “l’imperialismo”. Al contrario l’opposizione all’imperialismo (il cui carattere andrebbe ridefinito sulla base dell’evoluzione del capitalismo) si richiama proprio al fatto che esso è un ostacolo ai processi di emancipazione sociale.

Le ragioni della resistenza palestinese, gli obbiettivi per cui si batte ed anche le modalità con cui li persegue non sono, a mio parere identificabili con i talebani che nascono per imporre all’Afghanistan una visione sociale reazionaria ed oscurantista. L’avversione all’invasione degli Stati Uniti e dei paesi suoi alleati, era fondata sull’idea che la guerra avrebbe aggravato e non risolto la situazione del popolo afghano e certamente non portato libertà e democrazia, anche volendo prendere per buona la retorica con la quale è stata giustificata. Il fatto che i talebani siano stati la principale formazione a contrastare militarmente gli Stati Uniti non è a mio parere una ragione sufficiente per considerare il loro successo come un fatto in sé positivo.

Infine, mentre è chiara la solidarietà ai popoli che si battono per conquistare diritti fondamentali, e ovviamente il riconoscimento alla loro autonomia nelle forme e i modi con i quali li perseguono, ciò non implica un sostegno acritico alle specifiche organizzazioni politiche che in un determinato contesto perseguono quell’obbiettivo. Né sottrarsi alla valutazione di principio sugli strumenti utilizzati nel perseguimento della loro strategia. Questa mi pare un’acquisizione che la sinistra italiana ha fatto propria rispetto ad una fase storica nella quale lo schiacciamento a difesa di tutto ciò che proveniva da un certo campo di Stati ha avuto anche effetti pesantemente negativi e che si sono prolungati nel tempo.

Franco Ferrari

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