Il quesito referendario sull’Eutanasia o sull’aiuto al suicidio è stato rigettato dalla Corte Costituzionale. La Corte aveva già invitato il parlamento ha intervenire in merito. 1 Al centro della decisione dei giudici costituzionali la questione della legittimità dell’articolo 580 del Codice penale – che punisce l’istigazione o l’aiuto al suicidio con pene tra i 5 e i 12 anni di carcere – sollevata dalla Corte d’Assise di Milano nell’ambito del processo Cappato/Dj Fabo. Nel vuoto normativo, con l’ordinanza n. 207 del 2018 la Corte costituzionale un anno fa ha tentato di rispondere in modo nuovo rispetto al passato dando delle indicazioni e parlando già di “prospettata incostituzionalità della norma vigente”. In quell’ordinanza i giudici hanno richiamato il concetto di dignità della persona e la sua autodeterminazione.
Il ‘giudice delle Leggi’ in quell’ordinanza ha scritto che “il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce per limitare la libertà di autodeterminazione del malato” in presenza di quattro condizioni: se la persona è affetta “(a) da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. In questi casi specifici “si tratta di ipotesi nelle quali l’assistenza di terzi nel porre fine alla sua vita può presentarsi al malato come l’unica via d’uscita per sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare”2.
Al di là del giudizio sulla decisione della Corte il merito del quesito si riferisce a tutti gli interrogativi su confine tra vita e morte, sulla qualità della vita nella nostra società garantita dalle tecnologie mediche, capaci di garantire la sopravvivenza in presenza di gravi patologie tali da rendere impossibile una vita autonoma, tali da ridurre quasi a zero le capacità espressive e relazionali.
L’umanità nel suo sviluppo dal neolitico ad oggi ha arricchito la propria esistenza di un sistema sempre più complesso di tecniche e dispositivi, modificando in modo sempre più radicale l’ambiente in cui vive. Dello sviluppo scientifico e tecnologico su cui si fonda l’economia capitalistica, fa parte una conoscenza sempre più approfondita sulle dinamiche che spiegano lo sviluppo della vita, certo diverse dalla conoscenza sulla natura prodotte nelle società precedenti. Il ciclo della vita di una persona nelle società sviluppate dipende dalle cure, dagli interventi sanitari che operano sulla persona nelle diverse fasi della vita. La medicalizzazione di tutto il nostro percorso di vita è un dato costitutivo delle nostre esistenze, la cui intensità e qualità costituisce un discrimine tra diverse fasce di popolazione in uno stesso paese, tra popolazioni diverse in diverse regioni del globo. È ciò a cui siamo ormai abituati, soffriamo delle disfunzioni dell’apparato sanitario, della mancanza di curai cui abbiamo bisogno e a cui pensiamo di aver diritto, siamo ormai abituati alla capacità delle conoscenze mediche di individuare le cause di ogni nostro malessere o malattia e di fornire la cura appropriata.
Un fenomeno estremo ha investito le vite di tutti noi di tutto l’umanità, la pandemia da Sars-CoV-2 da oltre due anni dalla vita quotidiana ad ogni dinamica sociale ed economica, ogni dinamica delle nostre società ne è stata influenzata se non sconvolta. La risposta ha mobilitato tutto il complesso dell’apparato sanitario di ogni paese, le capacità di risposta dell’industria farmaceutica, che ha risposto in tempi straordinariamente brevi, grazie anche al supporto pubblico, con la produzione di vaccini che hanno attraversato tutte le fasi previste per la loro validazione in tempi inversamente proporzionali alla gravità della pandemia. Dal contenimento del contagio alla somministrazione dei vaccini, con l’obiettivo di immunizzare tutte le popolazioni, è stata adottata una pletora di misure con diversi gradi di limitazione delle libertà di movimento in senso lato. In questo caso l’apparato tecnologico dell’industria farmaceutica, del sistema sanitario, di governo e di controllo sociale ha assunto come obiettivo lo stato di salute dell’intera popolazione di un paese. L’uso dei vaccini si è rivelato decisivo per il controllo della pandemia nonostante lo sviluppo di varianti, tipico dei virus a RNA. Tutto l’apparato che gestisce la medicalizzazione complessiva della riproduzione sociale in gonio paese e a livello globale è stato mobilitato. Tutti i processi di legittimazione di questo apparato sono stati messi sotto tensione, tutte le sue mancanze, contraddizioni e relazioni intrinseche con le diseguaglianze si sono manifestate in un tempo straordinariamente breve rispetto alla dimensione ed alla complessità dei processi scatenati dalla pandemia. Essa, la pandemia, ha interagito con la composizione sociale, economica, politica e culturale delle diverse formazioni sociali; se lo spettro delle misure messe in atto è lo stesso nei diversi paesi, le modalità, l’intensità della loro applicazione sono state profondamente diverse, rispecchiando la struttura delle istituzioni, dei regimi politici e dei poteri.
Le onde, i sommovimenti scatenati hanno investito tutte le dinamiche delle formazioni sociali, dall’economia alla politica, all’interno delle singole formazioni, lungo le filiere produttive, logistiche e finanziarie sino al confronto geostrategico. La complessità delle dinamiche sociali è più evidente e forse è paragonabile alle correlazioni che gli effetti del virus stabiliscono con il funzionamento degli organismi in cui si insedia e si riproduce, a seconda dell’età, dello stato di salute, della condizione sociale della persona colpita e delle cure a cui è sottoposta. A fronte della velocità con cui è stato decrittato il codice genetico (RNA) del virus e sono stati realizzati i vaccini, ci sono le conseguenze di lungo periodo negli organismi che ne son ostati coliti, anche con diversa durezza, tutti da investigare, il cosiddetto long covid; oltre alla necessità di convivere c il suo riemergere periodico, con o senza nuove varianti.
Tutti i sistemi investiti dalla pandemia si trovavano in una situazione di equilibrio, precario instabile; ne abbiamo già parlato ovviamente, a partire dalla traiettoria che il sistema globale ha intrapreso verso la catastrofe climatica, che costituisce il contesto più ampio che contiene tutti gli altri processi e sottosistemi. Le onde che si diramano dalla traiettoria della pandemia, sollecitano sussulti in diversi punti sensibili; certo tutto questo in una situazione in cui non c’è più un unico giocatore – o coppia di giocatori- a dettare le regole del gioco, dove ogni tempesta è una buona occasione per scatenarne altre.
La dimensione pandemica, nelle forme catastrofiche che abbiamo conosciuto in questi due anni, ha distrutto l’utopia di un mondo normalizzato, la cui riproduzione è mediata da diverse forme di medicalizzazione, almeno nella sua parte più sviluppata e certo non in modo omogeneo; tuttavia l’attenuarsi della pandemia, salvo sorprese, se ha mostrato i limiti dei diversi governi, delle istituzioni e dei poteri, pubblici e privati, che sono intervenuti nella situazione di crisi, non ha fatto decadere quei poteri, con le imprese del Big Tech e di Big Farma che hanno fatto profitti mai visti ed i governi che si sono giocati il consenso stringendo o allentando le condizioni di segregazione sociale necessarie al contenimento del contagio.
Possiamo immaginare che le conseguenze di questi due anni siano ancora tutte da comprendere, comincino appena a dispiegarsi mentre, crisi profonde, nuove crepe nel presunto ordinato sviluppo delle cose si manifestano. A questo punto un quadro di una tale complessità richiederebbe una digressione, si fa per dire, sugli strumenti, i dispositivi con cui si pretende di governare questa complessità o quanto meno di trarne profitto ovvero di sopravvivere entro processi di selezione darwiniana, ma questo sarà argomento della prossima puntata, dove lo sviluppo del digitale, delle tecnologie di Intelligenza Artificiale e di Machine Learning saranno una volta di più analizzate, nel loro evolversi quale strumento necessario per la sopravvivenza dei sistemi sociali nella loro reciproca competizione.
C’ è il bisogno innato in ognuno di noi di uscire con un giudizio sulle situazioni in cui ci dato di di vivere, di attribuire ragioni e torti, ma appare uno sforzo vano quando ci si confronta con poteri la cui legittimazione è nella gestione stessa del potere, fondato sulla perpetuazione di diseguaglianze abissali, sempre più profonde, sulla coazione esercitata attraverso dispositivi più o meno raffinati di sorveglianza e manipolazione dei comportamenti e delle coscienze. Non c’è dubbio che sia necessario -otre a produrre giudizi ponderati sui conflitti che tradizionalmente avremmo definito inter-imperialisti, sia pure nell’impossibilità di praticare parole d’ordine come quella di trasformare la guerra imperialista in guerra civile, di classe- fondare una capacità di azione collettiva, entro cui produrre una capacità di giudizio autonoma, il cui obiettivo non sia semplicemente ripartire torti o ragioni tra poteri sostanzialmente illegittimi, ma rispondere a bisogni di società complesse, poste al limite della loro possibilità di riproduzione.
Uno straordinario patrimonio di conoscenze, non viene semplicemente sussunto nei processi di valorizzazione per via digitale, ma si diffonde attraverso una molteplicità di soggettività e movimenti che producono una sia pur parziale autonomia dallo stato di cose dominante, costruite coniugando ancora una volta, competenze acquisite nelle pratiche proprie dei ruoli sociali, che ognuno di noi riveste, ed i saperi critici che siamo capaci di costruire in pratiche conflittuali ovvero tocca costruire nella materialità dei processi che producono questa autonomia; non bastano astratti ideali o modelli di condivisione delle conoscenze o individuare la capacità autonoma del digitale di fornire la chiave per scegliere il ramo giusto di una biforcazione latente, incombente operante, come dir si voglia, nella trasformazione capitalistica ad altissimo contenuto tecnologico. In questi due anni si è prodotta e accumulata ulteriormente una straordinaria rete di conoscenze unita ad una quantità di sofferenze che richiedono di essere riscattate.
Il termine della cura, che viene usato da più parti in questo contesto, ha un straordinario potere evocativo, capace di dare un senso unificante ad una miriade di pratiche di rivolta nei confronti delle condizioni in cui all’umanità tocca vivere e contemporaneamente e di cura verso lo sviluppo onnilaterale di quella umanità, dell’individuo sociale in cui essa si manifesta; la rivolta per quanto competente, articolata e complessa nelle sue pratiche e nei suoi contenuti, non può alla fine essere rispettosa dello stato di cose presente, ma proporzionale nella sostanza alle sofferenze indotte dallo stato di cose a cui ci si ribella. Questo si voleva dire in queste note interlocutorie e necessariamente astratte.
Roberto Rosso