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Odio, empatia, indifferenza, vite distanti

di Roberto
Rosso

Caos. Le pagine di questa rivista, le nostre riunioni di redazione, come gli spazi dei media di ogni tipo sono un condensato di commenti, analisi, cronache e riflessioni sullo stravolgimento dei rapporti globali operato dal presidente Trump, la giornata di oggi vive -è un modo di dire- nell’attesa dell’annuncio del provvedimento sui dazi: il Liberation day’ di Donald Trump. Nel frattempo sul fronte -diplomatico e guerreggiato- del conflitto russo-ucraino si è persa traccia di ogni tregua possibile. In questo contesto dove il flusso regolare degli eventi è stato travolto ed è passato ad un regime turbolento, caotico -come accade nei modelli della fluidodinamica- i paesi europei, orfani dei passati saldi legami atlantici si agitano, si consultano, si armano, forse vanno incontro ad un destino che la storia ci ha già mostrato, avendo comunque perso il loro ‘centro di gravità permanente’.

Si annunciano mutamenti, in realtà veri e propri cambi di paradigma, in campo finanziario. La famiglia Trump investe pesantemente nelle criptovalute, contemporaneamente mette il veto alla emissione di CBDC, cioè una moneta digitale emessa e garantita dalla banca centrale, dalla FED, il che equivale a bloccare lo strumento fondamentale a disposizione delle autorità monetarie, delle banche centrali, di governare il mondo in espansione delle cripto. Non siamo semplicemente di fronte ad una disinvolta strategia privata del presidente e dei suoi familiari di fare rapidi profitti – come è già accaduto- ma ad una vera e propria strategia che può portare alla fine del monopolio dell’emissione della moneta e del controllo sulla sua circolazione, quindi in tutte e tre le sue determinazioni, unità di misura, mezzo di scambio, mezzo di tesaurizzazione. A confermare che siamo alla vigilia di possibili drastici rovesciamenti di rotta, interviene la lettera di Larry Fink , chairman e amministratore delegato di Lanciata Blackrock che a gennaio scorso è arrivato a gestire masse di risparmio in tutto il mondo per 11.550 miliardi di dollari (dei quali 2.700 miliardi raccolti solo in Europa), agli investitori.

«Gli Stati Uniti hanno beneficiato del fatto che il dollaro abbia avuto una funzione quale moneta di riserva del mondo per decenni» scrive Fink. Il riferimento qui è in prevalenza alla disponibilità degli investitori di tutto il mondo a finanziare titoli di debito in dollari a rendimenti piuttosto bassi. Ma il fondatore di Blackrock avverte: «Non c’è garanzia che questo duri per sempre. Il debito nazionale (pubblico, ndr) è cresciuto tre volte più veloce rispetto al prodotto interno lordo da quanto il conto del debito è iniziato a Times Square nel 1989». E ancora: «Quest’anno i pagamenti degli interessi sul debito pubblico (americano, ndr) supereranno i 952 miliardi di dollari. Entro il 2030 le spese obbligatorie del governo e il servizio del debito consumeranno tutte le entrate federali, creando un debito permanente». E poi la conclusione di Fink, con un chiaro avvertimento all’amministrazione e al Congresso: «Se gli Stati Uniti non portano il loro debito sotto controllo, se il deficit continua a gonfiarsi, l’America rischia di perdere quella posizione (quale emittente della moneta di riserva internazionale, ndr) a favore di asset digitali come il bitcoin»1.

Ciò che è indicato come un rischio appare, alla luce delle politiche dell’amministrazione USA, come un vero e proprio obiettivo, all’interno di una strategia che mira a ridurre drasticamente il peso del pubblico, dello stato e delle sue agenzie nel regolare i rapporti economici e sociali. In quell’orizzonte ciò non appare in contraddizione con le azioni che mirano a ridurre le spese federali e il deficit commerciale nei confronti del resto del mondo. È evidente come la strategia della coppia Trump-Musk proceda per tentativi ed errori, aggiustamenti progressivi, dichiarazioni eclatanti e rettifiche subitanee, di fronte ad effetti imprevisti. E’ il caso delle entrate fiscali2

Nella sua lettera di 27 pagine, mentre delinea orizzonti più o meno catastrofici, conferma e innova ovviamente le proprie strategie di investimento e porge una mano all’Europa, mercato di grande valore entro le sue strategie globali. Del resto di fronte alle turbolenze indotte nell’economia e nei mercati finanziari degli USA, assistiamo ad un flusso di capitali verso le piazze europee, con ciò si sposta verso l’Europa il rischio di squilibri profondi nei mercati finanziari, per una ragione aggiuntiva il boom dei titoli dell’industria delle armi attrae i capitali d’oltre oceano: così tutto si tiene, il mare si fa sempre più agitato e la rotta più incerta.

Le note precedenti sottolineano alcuni eventi e linee di tendenza, che in altri articoli di questo numero sono approfonditi, tuttavia qualcos’altro va evidenziato nell’azione, nelle intenzioni e nell’ideologia di quel punto di vista sulle cose del mondo incarnato oggi dalla coppia Musk-Trump, che interroga contemporaneamente il sentire di ognuno di noi, il sentire personale e collettivo, l’intreccio dei mondi vitali che attraversiamo ed in cui cerchiamo di costruire il nostro guscio protettivo. Mondo della vita, umana e non, su cui opera e di cui si nutre come un vampiro quel mondo dell’economia di cui sopra.

Empatia?  Rilevante in proposito è l’intervista di Elon Musk a Joe Rogan della CNN3, di cui troviamo un primo commento nell’ articolo di Stefano Diana sul Huffingtonpost ‘Musk e il falso dilemma dell’empatia Suicida4.

“Ma ciò che è venuto dopo nella conversazione può illuminare più di una luce su che cosa motiva Musk a ridurre la dimensione del governo, e si fonde con la sua acquisizione, acquisto e fondazione delle aziende nel settore privato. È la convinzione che l’empatia per gli individui sia costosa per il collettivo.  Musk ha sottolineato la mossa della California per fornire l’assicurazione medica anche a persone senza documenti che si qualificano per il suo basso reddito programma Medi-Cal.  “Abbiamo un’empatia civilizzatrice suicida in corso,” ha detto Musk, prendendo il termine da Gad Saad, uno studioso canadese che è anche un ospite frequente Rogan. Mentre Musk ha detto che crede nell’empatia e che “dovresti preoccuparti per gli altri”, pensa anche che stia distruggendo la società.  “La debolezza fondamentale della civiltà occidentale è l’empatia, l’exploit dell’empatia,” ha detto Musk. “Ecco che stanno sfruttando un bug nella civiltà occidentale, che è la risposta di empatia.”  L’empatia, ha detto, è diventata un’arma.” (…) “La mancanza di empatia di Musk è un tema nella recente biografia per il quale lo scrittore Walter Isaacson ha avuto accesso al miliardario durante la sua acquisizione di Twitter.”

Prendendo poi dall’articolo di Stefano Diana. “L’autore di questa teoria, nel libro omonimo, è il libanese-canadese Gad Saad. «Non c’è niente di più pericoloso in natura che una mente parassitata» ammonisce. Come nel precedente The Parasitic Mind se la prende con le «idee infettive» che hanno portato dal politically correct alla spaventosa deriva estremista nota come woke.” (…)

“Nelle parole di Vittorio Gallese e Ugo Morelli: «L’empatia è la dotazione naturale mediante la quale riconosciamo l’altro come nostro simile, sentiamo come se fossimo l’altro. Proprio per questo però la valorizzazione o l’utilizzo di questa opportunità può portare noi umani a esiti molteplici che possono essere molto positivi o molto negativi.”

“L’idea paranoide della «mente parassitata», scaltro filo da complotto intessuto da Saad nella sua teoria “evolutiva”, risuona grandiosa nelle cavità interiori di tipi come Musk e Rogan, che ripetono elettrizzati la lezione del guru (Saad è molto presente su YouTube). È così che le loro debolezze vengono parassitate dalla chimera dell’empatia-bontà come «bug», backdoor disponibile agli hacker per far crashare il fantastico sistema operativo della civiltà occidentale. (Per inciso, è ridicolo anche solo circoscrivere all’occidente ciò che è caratteristico della specie umana. Il solito ottuso senso di superiorità morale, un’altra idea parassita dura a morire).”

Ho estratto alcuni brani dall’articolo, tralasciando il nesso tra forme di relazione e consumo energetico. In realtà si tratta di un nesso importante, infatti il sistema di relazioni interpersonali e sociali, ai vari livelli si alimenta del rapporto con l’ambiente, con le matrici (aria, acqua, suolo), relazioni che si sono evolute dalle prime società dei cacciatori, raccoglitori sino allo sfruttamento parossistico attuale, che frantuma gli ecosistemi e gli equilibri climatici. Non si tratta solo del ‘ricambio organico ’ tra le società umane e l’ambiente naturale, il nesso è più profondo, il nesso è profondamente emotivo, attraversa tutti i livelli percettivi, sensoriali, emotivi, è parte del profilo di ogni persona, è costitutivo dei sistemi di valori e culturali, in presenza ed in assenza. Lo abbiamo progressivamente sempre più compreso man mano che il processo di artificializzazione si approfondiva e si estendeva; diventava sempre più complessa e profonda, intima la mediazione dei dispositivi delle reti artificiali nei rapporti interpersonali e sociali, nelle fibre più intime del processo di riproduzione dell’umanità. Cambia l’immagine di noi stessi, si rifrange nel gioco di specchi dei dispositivi che incorporiamo, che contemporaneamente al limite ci incorporano.

L’opinione di Musk sull’empatia, sarebbe del tutto irrilevante se non ambisse ad essere uno dei padroni del mondo se non il padrone assoluto, se col suo compagno di merende -il presidente- non generasse infinite sofferenze alle persone migranti, ai lavoratori licenziati, non programmasse di appropriarsi di ogni risorsa disponibile, dal Canada alla Groenlandia, non esprimesse disprezzo verso l’intero continente europeo, e via così.

Che il volto del potere da sempre non abbia espresso empatia, nel senso della cura verso i destini delle persone e delle comunità, semmai usando l’empatia per infiggere con più cura sofferenze e manipolare persone e comunità, è cosa nota come la presenza crudele nella storia della guerra, dei suoi massacri. I nostri paesi abbarbicati e addensati sulle colline, sui bricchi esprimevano la paura di esporsi, di ritrovarsi in luogo sicuro, non aperto alle scorribande di qualunque ‘malintenzionato’.

In questi mesi, la disgregazione della globalizzazione delle relazioni che abbiamo conosciuto all’alba di questo secolo, sta conoscendo un’accelerazione straordinaria, mentre i media portano nelle nostre case le immagini e i suoni di tragedie inenarrabili. Non solo, sono ormai un ricordo quelle forme di massificazione della condizione sociale -che vanno sotto il nome di fordismo, la preistoria- da cui si generavano modi del conflitto sociale capaci di modificare profondamente quei nessi societari da cui si originavano. Sono un ricordo anche i movimenti contro la globalizzazione neoliberale di inizio secolo, una globalizzazione alternativa delle resistenze, dei conflitti, delle culture antagoniste e critiche allo stato di cose dominante.

Quale nesso siamo allora capaci o possiamo forse stabilire con vite lontane, con tragedie che superano di gran lunga quelle che a noi -intendendo per noi popolazioni non coinvolte immediatamente in guerre e guerre civili- tocca di vivere o in positivo quale relazione siamo in grado di stabilire tra processi di liberazione e emancipazione, di resistenza e trasformazione sociale ai quattro angoli del mondo?

Ogni giorno Ucraina e Palestina riempiono le cronache, ciò che accade a Gaza in particolare supera ogni volta gli orrori precedenti; la discussione attorno all’uso del termine genocidio per quanto vi accade cerca di dare un nome a quell’orrore. In realtà non ritroviamo l’andamento -in termini generali- lineare dell’imprigionamento e dell’annientamento pienamente realizzato secondo una feroce logica industriale; semmai nel succedersi di bombardamenti, mirati e discriminati, di sfollamento di centinaia di migliaia di persone da un angolo all’altro di quella striscia di terra -il tutto supportato non solo dalla massa dei mezzi e dei proiettili, ma dalle più sofisticate tecniche di indagine e gestione dell’informazione sino all’intelligenza artificiale- un processo di riduzione alle più elementari forme di sopravvivenza, di disgregazione di ogni stabilità di relazione e di vita, finché non sopraggiunge in modo casuale –per la vittima, non per il carnefice– l’annientamento. Non c’è più la linearità del genocidio -se così ci si può esprimere- ma un gioco crudele, variabile e articolato con le vite di due milioni di persone, di scarnificazione della loro umanità, mentre si apre la prospettiva della deportazione di massa, che poi a Gaza come in Cisgiordania è l’obiettivo della destra israeliana.

Odio, indifferenza, rivolta. Quali sentimenti evocano questi eventi, odio, indifferenza, mancanza di empatia nel senso compatire la sofferenza altrui, forse nel senso di apprezzare per il proprio odio il sentire quella sofferenza? Gaza, la Palestina è quanto di più vicino a noi, per l’internità  alla nostra storia, alle radici delle nostre culture, al genocidio del popolo ebraico, alla fondazione dello stato di Israele, alla lunga resistenza del popolo palestinese, alle vicende della regione a noi più prossima immersi come siamo nel mar mediterraneo; eppure ci dobbiamo domandare se superiamo la barriera dell’indifferenza, del rifiuto dell’orrore, se un po’ riusciamo a sentire nostre quelle sofferenze: quale grado di rivolta siamo in grado di mettere in campo, non una semplice manifestazione, per quanto ben riuscita, ma una forma di rivolta che riempia le strade di questa Europa sempre più frammentata e priva di prospettive di orizzonti comuni. Una rivolta che trovi  sì le sue ragioni in eventi lontani, ma  anche prossimi, anche nella condizione propria.

E per finire un accenno alla nostra condizione, nostra di noi abitanti della penisola e delle sue isole. I dati sono quelli del declino demografico, del tasso di riproduzione che è sceso 1,18 figli -che va aggregato alla riduzione di persone di sesso femminile in età fertile- della desertificazione delle aree marginali e delle regioni meridionali, dell’emigrazione della parte più qualificata della popolazione giovane, della soglia del disagio diffuso che si  è abbassata verso i diciotto anni, la soglia non a caso della maggiore età, della riduzione dei salari reali e del reddito disponibile per gran parte della popolazione.

Come ci ricorda ogni volta Linda Laura Sabatini, il dato positivo dell’allungamento della vita media, si scontra col fatto che la riduzione delle generazioni che entrano nel mondo del lavoro riduce progressivamente le risorse disponibili per le pensioni della quota di popolazione anziana che invece si incrementa. Nel frattempo quel nesso profondo con l’ambiente ed il paesaggio ricco dei nostri territori è sempre più vissuto nell’inesorabile degrado idrogeologico, in una alternanza di inondazioni e siccità, di inquinamento delle aree metropolitane e di abbandono delle aree marginali. La prospettiva, guardando a quelle istituzioni europee, che tanto giocano nel nostro presente e nel nostro futuro, è passata al Green Deal a Rearm. Si applica una sorta di selezione sociale darwiniana, che opera purtroppo su un corpo sociale sempre meno vitale, senza che avvengano esplosioni vitali, una complessificazione e arricchimento del mondo della vita, generazione di nuove specie -sociali, culturali nel nostro caso- come avvenne in natura nel periodo Cambriano5.

La rivolta? Come possiamo stabilire un nesso, una partecipazione reale alle sofferenze di altre popolazioni, costruire un progetto di futuro condiviso che travalichi ogni confine, se non nasce una rivolta verso quella condizione che condanna il nostro paese ad un regresso continuo, ad un acutizzarsi delle diseguaglianze sociali senza speranza di riscatto?

Da molte parti si lavora a costruire fronti di lotta contro la guerra, si moltiplicano, assemblee, conferenze, cortei, manifestazioni, speriamo prossimamente quanto più unitarie possibili, si cerca di riconnettere tracce di conflitto sociale in questa stagnazione pluridecennale, tuttavia se la situazione e soprattutto i sentimenti che ci attraversano sono quelli appena tratteggiati -ben altra ricchezza di analisi sarebbe necessaria per renderne conto realmente-  atti di collettivi di rottura sono necessari nel nostro paese, nel nostro continente. Anche perché le classi dirigenti al governo o all’opposizione, in politica o in economia balbettano, cercano opportunisticamente di ritrovare aree di residua stabilità di compromesso con chi sta gestendo questo globale gioco al massacro.

Roberto Rosso

  1. https://www.corriere.it/economia/finanza/25_marzo_31/il-bitcoin-puo-battere-il-dollaro-se-il-deficit-degli-stati-uniti-non-cala-la-lettera-di-larry-fink-agli-investitori-9f427d52-0bc8-4156-b887-8f33823eexlk.shtml?refresh_ce []
  2. Conti Usa, dopo i tagli di Musk a rischio 500 miliardi di entrate fiscali | Corriere.it []
  3. https://edition.cnn.com/2025/03/05/politics/elon-musk-rogan-interview-empathy-doge/index.html []
  4. https://www.huffingtonpost.it/blog/2025/03/14/news/musk_e_il_falso_dilemma_dellempatia_suicida-18666265/ []
  5. La cosiddetta esplosione del Cambriano – il periodo in cui la Terra passò in breve tempo dall’essere popolata da organismi semplici e unicellulari a ospitare una multiforme varietà di forme di vita – fu legata a una serie di drastici aumenti e diminuzioni dei livelli di ossigeno. Nel corso di poco più di 13 milioni di anni queste variazioni estreme provocarono una rapida successione di diversificazioni di nuove specie – ossia una serie di quelle che sono dette “radiazioni” – e di estinzioni. []
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2 Commenti. Nuovo commento

  • Alessandro Vigilante
    02/04/2025 19:48

    Mamma mia, quanti refusi nel testo!

    Rispondi
    • redazione
      02/04/2025 23:21

      Ci scusiamo, ma oggi non siamo riuscitia fare l’editing, una antica tradizione dei giornali di sinistra… :-). Presto correggeremo gli errori.

      Rispondi

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