di Paola Boffo –
In occasione del Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2018, i leader dell’UE si erano proposti di raggiungere un accordo sul QFP nell’autunno 2019: “Gli Stati membri stanno definendo il bilancio dell’UE per gli anni a venire. Non si tratta solo di denaro, ma anche delle priorità dell’UE. Il Consiglio europeo tiene un primo importante scambio di opinioni sul QFP 2021-2027 sulla base di una relazione sullo stato dei lavori predisposta dalla presidenza del Consiglio. I leader dell’UE invitano la presidenza entrante a proseguire gli intensi lavori svolti nell’ultimo anno sul futuro QFP, il bilancio a lungo termine dell’UE. Essi intendono raggiungere un accordo in sede di Consiglio europeo nell’autunno 2019, anche in considerazione del fatto che la ritardata adozione del bilancio 2014-2020 ha comportato l’avvio ritardato di molti programmi di investimento.”
La Commissione europea aveva presentato la sua proposta per il QFP 2021-2027 il 2 maggio 2018, e successivamente le proposte di Regolamento per le principali politiche settoriali, comprese la politica di coesione e la politica agricola, che costituiscono la gran parte del bilancio UE. Da allora si sono tenute otto riunioni formali del Consiglio europeo e il QFP è stato all’ordine del giorno di sei di questi nove incontri. Delle conclusioni del Consiglio Europeo del 13 e 14 dicembre 2018, che assume il lavoro preparatorio del Consiglio Affari generali e dà allo stesso il mandato per proseguirlo, avevamo già parlato qui.
La maggior parte delle conclusioni del Consiglio europeo dedicate al QFP si sono limitate a commentare il processo e le misure intraprese da altre istituzioni o attori dell’UE. Pur indicando che il Consiglio europeo sarebbe tornato al QFP in una successiva riunione, conformemente alle disposizioni del trattato, ha invitato il Consiglio e il Parlamento europeo a esaminare le proposte legislative settoriali e alle successive presidenze del Consiglio a lavorare sulla questione. Il servizio di ricerca del Parlamento Europeo riassume, tra l’altro, nel documento illustrativo del processo sul QFP che pubblichiamo, la posizione un po’ pilatesca emersa dalle riunioni dei Leaders.
Da ultimo, la presidenza finlandese aveva preparato una proposta in vista del Consiglio Europeo del 12 e 13 dicembre 2019, dopo aver svolto una serie di incontri bilaterali con ciascuno degli Stati membri per identificare con maggiore chiarezza le priorità dei vari Paesi (c.d. negotiating box, ovvero un documento volto a facilitare il graduale completamento dei negoziati, utilizzato dalle successive riunioni del Consiglio Affari generali (CAG) per preparare la deliberazione finale in seno al Consiglio europeo).
Nei bilaterali si lasciava trapelare l’intenzione di operare un consistente taglio di 60 miliardi di euro rispetto alla proposta originaria della presidenza e di ricondurre la dotazione complessiva del QFP all’1,06% del PIL europeo. È stato subito evidente che le risorse da tagliare potessero essere reperite solo attraverso tagli consistenti nelle tre aree principali (Coesione, PAC e Ricerca e innovazione), sebbene in un bilancio che subisce già nella proposta della Commissione una decurtazione non indifferente delle risorse destinate a PAC e Coesione, rispettivamente -5% e -7% a prezzi correnti, di quanto allocato nel QFP 2014-2020.
Il 25 gennaio scorso, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha invitato i suoi colleghi a una riunione speciale (a tempo indeterminato) dell’istituzione, dedicata al QFP, che si è poi tenuta il 20 e 21 febbraio, e ha tenuto una serie di incontri bilaterali con la maggior parte dei membri del Consiglio europeo allo scopo di identificare gli spazio per un compromesso e le linee rosse dei diversi Stati membri. Michel ha pure intrattenuto scambi informali con la squadra negoziale del Parlamento europeo per il prossimo QFP e la riforma delle risorse proprie – vale a dire Johan Van Overtveldt (ECR, Belgio), presidente della commissione per i bilanci; Jan Olbrycht (PPE, Polonia) e Margarida Marques (S&D, Portogallo), correlatori del QFP; José Manuel Fernandes (PPE, Portogallo) e Valérie Hayer (Renew, Francia), correlatori delle risorse proprie; e Rasmus Andresen (Verts / ALE, Germania).
Le dimensioni del Bilancio europeo 2021 – 2027
Il quadro delineato dalla Commissione europea prevede, per i sette anni del ciclo di programmazione, stanziamenti pari a 1.135 miliardi di euro (a prezzi costanti 2018) in termini di impegni (1.279 miliardi espressi in prezzi correnti, tenendo conto di un tasso di inflazione fisso annuo del 2%), che si traducono in 1.105 miliardi di euro (a prezzi costanti) in termini di pagamenti (1.246 miliardi a prezzi correnti). Il livello di spesa proposto (che comprende il Fondo europeo di sviluppo), pari all’1,11% del reddito nazionale lordo dell’UE-27 (RNL), sarebbe leggermente inferiore rispetto al livello corrente 2014-2020 nell’UE-27 (1,13% del RNL, escluso il Fondo europeo di sviluppo). Secondo il Parlamento europeo, il livello del QFP 2021-2027 dovrebbe essere invece fissato a 1.324,1 miliardi di euro a prezzi 2018, che rappresenterebbe l’1,3% dell’RNL dell’UE-27. A livello di Consiglio dell’UE, vi sono posizioni distanti tra gli Stati membri sia sulla dotazione complessiva che sul riparto delle risorse tra le diverse politiche. In particolare, da una parte vi sono i Paesi, cosiddetti “frugali” (Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia), che vorrebbero limitare la spesa complessiva all’1% dell’RNL dell’UE-27, finanziando le nuove priorità e i settori che possono supportare maggiormente la competitività europea tramite maggiori tagli alle politiche tradizionali, mentre dall’altra vi sono gli altri Paesi che, sebbene con diverse gradualità, chiedono risorse sufficienti per finanziare adeguatamente non solo le nuove priorità, ma anche le politiche tradizionali.
Il Governo italiano aveva già sostenuto che il bilancio complessivo proposto dalla Commissione europea rappresenta il minimo accettabile per consentire il finanziamento sufficiente delle nuove priorità senza compromettere l’efficacia delle politiche tradizionali, ma vi sarebbe modo di reperire le risorse necessarie per un bilancio maggiormente ambizioso. Il negotiating box presentato a dicembre scorso dalla Presidenza finlandese prevedeva una dotazione in valori assoluti inferiore rispetto alla Commissione europea (1.087 miliardi di euro a prezzi 2018, ossia -48 miliardi di euro circa), pari all’1,07% dell’RNL dell’UE-27. La proposta avanzata dal Presidente Michel prevede un livello di spesa pari all’1,074% dell’RNL dell’UE-27, che si traduce in circa 1.095 miliardi di euro a prezzi 2018 (circa 7 miliardi in più rispetto alla proposta finlandese). Non prevede, inoltre, un riesame intermedio del QFP che, invece, la Commissione europea aveva prospettato (Il Governo italiano aveva sostenuto l’importanza di mantenere la revisione intermedia del QFP, la cui eliminazione lo priverebbe del più importante meccanismo di revisione).
La Procedura legislativa
Prima del trattato di Lisbona, il QFP era sancito da un accordo interistituzionale. Come previsto dall’articolo 312, paragrafo 2, del TFUE, il QFP è ora stabilito da un regolamento adottato dal Consiglio, che delibera all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale, dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo.Articolo 3121. Il quadro finanziario pluriennale mira ad assicurare l’ordinato andamento delle spese dell’Unione entro i limiti delle sue risorse proprie.È stabilito per un periodo di almeno cinque anni.Il bilancio annuale dell’Unione è stabilito nel rispetto del quadro finanziario pluriennale.
2. Il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, adotta un regolamento che fissa il quadro finanziario pluriennale. Delibera all’unanimità previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono.Il Consiglio europeo può adottare all’unanimità una decisione che consente al Consiglio di deliberare a maggioranza qualificata quando adotta il regolamento di cui al primo comma.
3. Il quadro finanziario fissa gli importi dei massimali annui degli stanziamenti per impegni per categoria di spesa e del massimale annuo degli stanziamenti per pagamenti. Le categorie di spesa, in numero limitato, corrispondono ai grandi settori di attività dell’Unione.Il quadro finanziario prevede ogni altra disposizione utile per il corretto svolgimento della procedura annuale di bilancio.
4. Qualora il regolamento del Consiglio che fissa un nuovo quadro finanziario non sia stato adottato alla scadenza del quadro finanziario precedente, i massimali e le altre disposizioni vigenti nell’ultimo anno coperto sono prorogati fino all’adozione di detto atto.5. Nel corso della procedura di adozione del quadro finanziario, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione adottano ogni misura necessaria a facilitare l’adozione stessa. Il Consiglio europeo* non è espressamente menzionato all’articolo 312 del TFUE come partecipante alla procedura legislativa speciale. L’unico riferimento al Consiglio europeo si trova nell’articolo 312, paragrafo 2, secondo comma, del TFUE, che prevede che il Consiglio europeo possa autorizzare il Consiglio ad agire a maggioranza qualificata quando adotta il regolamento QFP.In termini di contenuto, il regolamento QFP fissa massimali di spesa corrispondenti ai principali settori politici dell’Unione per un periodo di almeno cinque anni. I bilanci annuali dell’UE devono rispettare tali massimali. Sebbene il Parlamento europeo sia un braccio dell’autorità di bilancio e co-decida su circa 60 regolamenti settoriali che istituiscono programmi di finanziamento, è consultato solo sulle nuove decisioni in materia di risorse proprie, che, in pratica, sono sempre adottate insieme al regolamento QFP. Questa discrepanza nel coinvolgimento del Parlamento si è rivelata una delle maggiori sfide del processo negoziale del QFP.* Può essere utile ricordare che il Consiglio europeo riunisce i leader dell’Ue per definire l’agenda politica dell’Unione europea. Rappresenta il livello più elevato di cooperazione politica tra i Paesi dell’Ue e si concretizza in riunioni al vertice (di solito trimestrali) tra i leader dell’Ue, presiedute da un presidente permanente. Al contrario nel Consiglio dell’Unione europea i ministri dei governi di ciascun Paese dell’Ue si incontrano per discutere, modificare e adottare la legislazione e coordinare le politiche e sono autorizzati a impegnare i rispettivi governi a perseguire le azioni concordate in tale sede. Assieme al Parlamento europeo, il Consiglio è il principale organo decisionale dell’Ue .Il Consiglio non ha membri permanenti, ma si riunisce in dieci diverse configurazioni, ognuna delle quali corrisponde al settore di cui si discute. A seconda della configurazione, ogni Paese invia i ministri competenti.
Il Parlamento europeo, da parte sua, è stato molto critico nei confronti del processo che ha portato all’accordo sul QFP 2014-2020 e, in particolare, del ruolo svolto dal Consiglio europeo, che a suo avviso aveva sovvertito il ruolo assegnato a dai trattati. Per scongiurare il ripetersi di tale situazione, il 10 ottobre 2019, il nuovo Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che ribadisce che “Il Parlamento non apporrà il suo timbro su un fatto compiuto dal Consiglio europeo” e invita il Consiglio europeo “astenersi dall’adottare conclusioni dettagliate e presumibilmente vincolanti basate sul quadro di negoziazione del QFP, poiché ciò equivarrebbe a interferenze dirette nella sfera legislativa”, ricorda di essere stato pronto alla prevista cooperazione interistituzionale fin dall’autunno 2018 e che il Consiglio si è limitato invece a sporadici incontri a margine del CAG.
Il PE “1. dichiara che è giunto il momento di rispondere alle attese dei cittadini dell’UE e di allineare gli impegni politici e le ambizioni dell’UE ai mezzi finanziari necessari; è determinato a garantire un QFP solido e credibile che consenta all’UE di rispondere efficacemente alle sfide importanti e di conseguire i suoi obiettivi politici nel prossimo periodo di sette anni; ritiene che le elezioni europee del 2019 abbiano conferito una rinnovata legittimità alla posizione e al ruolo del Parlamento in tale processo; dichiara di essere pronto a respingere qualsiasi posizione del Consiglio che non rispetti le prerogative del Parlamento o tenga debitamente conto delle sue posizioni; 2. adotta la presente risoluzione per confermare e aggiornare il suo mandato negoziale sia sul versante delle spese che su quello delle entrate del prossimo QFP; chiede l’avvio, senza ulteriore indugio, dei negoziati con il Consiglio al fine di conseguire tempestivamente un solido accordo, e sottolinea che il Parlamento è pronto in tal senso dal novembre 2018; chiede alla Commissione di presentare un piano di emergenza del QFP, quale rete di sicurezza intesa a proteggere i beneficiari dei programmi di finanziamento dell’UE, il che consentirebbe di prorogare l’attuale QFP qualora il prossimo QFP non sia concordato per tempo;”
Ribadisce che “il prossimo QFP dovrebbe essere fissato a 1 324,1 miliardi di EUR a prezzi del 2018, il che rappresenta l’1,3 % del reddito nazionale lordo (RNL) dell’UE27” … “sottolinea che il Parlamento non darà la sua approvazione al QFP senza un accordo sulla riforma del sistema delle risorse proprie dell’UE”.
Va considerato, peraltro, che la proposta della Commissione del maggio 2018 proveniva da una Commissione uscente, e che la nuova Commissione di Ursula von der Leyen ha stabilito un nuovo programma di cui abbiamo già parlato qui e si può leggere qui, molto ambizioso, con il Green Deal e l’Europa Digitale, che dovrebbe essere sostenuto da un bilancio più “sostanzioso”.
Nel nostro commento alla sessione di gennaio del Consiglio Economia e finanza ci chiedevamo, nella grande azione di propaganda della nuova Commissione von der Leyen sul Green Deal, quanta porzione dei finanziamenti necessaria è costituita effettivamente da nuovi capitali.
La proposta di Michel integra nel Quadro Finanziario le risorse richieste dalla Commissione per il Fondo per una transizione giusta, ovvero appena 7,5 miliardi di euro in sette anni “Per affrontare le conseguenze sociali ed economiche dell’obiettivo di realizzare la neutralità climatica entro il 2050 sarà creato un meccanismo per una transizione giusta, comprendente un Fondo per una transizione giusta. La dotazione per il Fondo per una transizione giusta per il periodo 2021-2027 ammonta a 7 500 milioni di EUR. Il criterio di ripartizione per il Fondo per una transizione giusta sarà in linea con la proposta della Commissione. Per gli Stati membri che non si sono ancora impegnati a livello nazionale a conseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, l’accesso al Fondo per una transizione giusta sarà limitato al 50 % della rispettiva dotazione nazionale, mentre il restante 50 % sarà reso disponibile al momento dell’accettazione di un tale impegno.”
Ad esito del Consiglio europeo straordinario del 20 e 21 febbraio 2020 sono state pubblicate le osservazioni del presidente Charles Michel, che rimarcano il nulla di fatto di una riunione dei leader che, con una forzatura sia sul piano istituzionale che politico, avrebbe voluto portare ad un accordo, confermando la tendenza sempre più intergovernativa dell’Unione.
“Nelle ultime settimane e negli ultimi giorni abbiamo lavorato alacremente per cercare di raggiungere un accordo sul prossimo bilancio europeo. Purtroppo, oggi constatiamo che non è stato possibile raggiungere un accordo e che abbiamo bisogno di più tempo. Sappiamo che questo bilancio europeo è un tema estremamente difficile, oltre che una negoziazione molto ardua, soprattutto dopo la Brexit e con un divario tra i 60 e i 75 miliardi di euro.
Abbiamo lavorato alacremente per cercare di conciliare le diverse preoccupazioni, i diversi interessi e i diversi pareri sul tavolo. Ma abbiamo bisogno di più tempo. Ciò significa che vedremo in futuro come poter lavorare con efficacia su questo tema per raggiungere un accordo in sede di Consiglio e ottenere l’unanimità dei suoi membri.
Desidero ringraziare tutte le delegazioni e tutti i capi di Stato o di governo per la grande disponibilità dimostrata nel cercare di lavorare con noi a livello tecnico e politico. Naturalmente desidero ringraziare anche la Commissione, Ursula von der Leyen e tutta la sua squadra per il sostegno fornito nelle ultime settimane e negli ultimi giorni.
Ovviamente, rimaniamo molto determinati e decisi. Sappiamo che il progetto europeo richiede impegno e tenacia, fermezza e determinazione. È questo lo spirito che ci anima e ci guida. Siamo perfettamente consapevoli della natura dei vincoli e delle sfide con cui ci dobbiamo confrontare. Sappiamo che molti sono i temi sul tavolo delle istituzioni europee e dalla riunione svoltasi ieri, la notte scorsa e oggi possiamo anche trarre insegnamenti su come cercare di portare avanti questo progetto europeo in futuro.”
Il Governo italiano ha partecipato alla riunione del Consiglio europeo della scorsa settimana con una posizione non favorevole alla proposta di conclusioni di Michel emersa dai lavori preparatori del CAG del 17 febbraio 2020.
Il Presidente Conte ha espresso tale posizione alle Camere lo scorso 19 febbraio, con la seguente Comunicazione:
“Signor Presidente, gentili deputate e gentili deputati
Signora Presidente, gentili senatrici e gentili senatori,
ho ritenuto doveroso, nel rispetto della centralità del Parlamento, aggiornarvi in vista del Consiglio Europeo straordinario di domani a Bruxelles, che sarà dedicato come da programma al Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027.
Reputo infatti fondamentale, come accaduto alla vigilia dei precedenti Consigli Europei nei quali era in agenda il Quadro Finanziario Pluriennale, che la mia partecipazione al negoziato sia preceduta da una compiuta discussione in Parlamento anche se trattasi di un Consiglio straordinario e la comunicazione del Presidente a stretto riferimento normativo non è necessaria.
Il Consiglio Europeo è chiamato a raggiungere un’intesa su qualità e quantità del bilancio europeo che, nei sette anni che abbiamo davanti, servirà a dare attuazione alle politiche dell’Unione Europea.
Un tratto caratterizzante di questo negoziato è che gli obiettivi delle politiche europee, nel periodo 2021-2027, hanno un’elevata incidenza su tutti i settori della vita dei cittadini del nostro Paese e dell’intero continente e che ciò avviene all’interno di uno scenario caratterizzato dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e da crescenti tensioni, caratterizzate da un marcato tratto neo-protezionista.
Nel prossimo settennato le politiche europee dovranno affrontare sfide complesse, ne cito alcune: la “transizione verde”; il governo europeo dei flussi migratori; il rilancio della crescita e dell’occupazione.
Dopo la lunga crisi economica che ha accentuato le disparità territoriali e acuito le disuguaglianze, la Politica di Coesione dovrà, più che in passato, contribuire a ripristinare la convergenza fra territori e assicurare maggiori e più dignitose opportunità di lavoro, soprattutto per i più giovani.
La Politica Agricola Comune dovrà continuare a tutelare un settore importante dell’economia europea, salvaguardando e valorizzando al contempo il patrimonio naturale e culturale, anche nell’ottica della transizione verde.
A fronte di queste complesse sfide, qual è la situazione del negoziato prima dell’incontro che avrà luogo domani e che il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, vorrebbe fosse conclusivo?
Ecco. Rispondiamo a questa risposta. Quanto alla situazione del negoziato, la proposta che il presidente Michel ha fatto circolare il 14 febbraio apporta alcuni – mi permetto di sottolineare lievi – avanzamenti rispetto al precedente quadro negoziale della Presidenza finlandese, che era stato fortemente criticato da numerosi Stati Membri, dalla Commissione e dal Parlamento Europeo.
È apprezzabile, ad esempio, che si prosegua lo sforzo di semplificazione (riducendo i programmi europei da 58 a 37 rispetto all’attuale programmazione) e di modernizzazione del bilancio, ribadendo gli obiettivi di spesa da destinare ad azioni a tutela dell’ambiente.
La proposta del presidente Michel rimane comunque inadeguata al raggiungimento degli obiettivi dell’Unione, definiti dall’Agenda strategica dei leader e dal programma della Presidente della Commissione europea.
Il Vertice di domani a Bruxelles appare dunque e si preannuncia complesso e delicato, perché basato su una proposta che non rispecchia le attese di dotare l’Unione Europea di strumenti innovativi o anche solo adeguati all’elevata posta in gioco sulle priorità, sia quelle più “tradizionali”, sia le “nuove”.
Questa preoccupazione è condivisa anche dal Parlamento Europeo, che – come il presidente Sassoli e la medesima presidente von der Leyen mi hanno indicato già martedì 4 scorso a Bruxelles – non esiterebbe il Parlamento a bocciare un bilancio inadeguato su obiettivi e politiche quali la crescita, il lavoro, la “transizione verde”, la coesione, la politica agricola comune, la migrazione.
Ieri mattina c’è stato un incontro tra il Presidente Charles Michel e i Presidenti dei gruppi politici e anche della Commissione sul bilancio che ha confermato tutte le perplessità da parte degli esponenti del Parlamento che hanno interloquito con il Presidente Michel – questo ci è stato riferito.
In merito all’approccio italiano, in questo Consiglio Europeo straordinario desidero innanzitutto richiamare gli aspetti qualificanti della nostra posizione, che rimane coerente con quanto da me illustrato lo scorso dicembre e con la risoluzione adottata – sempre a dicembre scorso – da questo Parlamento sul tema del bilancio europeo.
L’Italia punta a un adeguato volume complessivo del bilancio, a una corretta distribuzione delle risorse tra politiche tradizionali e nuove priorità, alla definizione di criteri allocativi equi, alla riforma dal lato delle entrate.
Non posso nascondere la nostra insoddisfazione riguardo alla proposta negoziale che sarà portata domani al tavolo, all’esito del Consiglio Affari Generali riunitosi in vista del Consiglio Europeo.
L’Italia è un contributore netto dell’Unione e non è disponibile ad accettare un compromesso “ad ogni costo”, sebbene il nostro saldo netto negativo diminuirà sensibilmente con il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (da -0,27% del Reddito nazionale loro dell’Europa a 27, pari a circa 4,6 miliardi di contributo netto annuale, a -0,17% pari a circa 3 miliardi).
Nella sua proposta, il Presidente del Consiglio europeo assegna al bilancio risorse pari all’1,074% del RNL europeo, ovvero a circa 1.095 miliardi di € (a prezzi 2018): di fatto, si tratta della proposta finlandese (1.087 miliardi di euro), cui si aggiunge il Just Transition Fund di 7,5 miliardi, che recepisce per intero la richiesta che la Commissione europea ha presentato lo scorso 14 gennaio.
Per il rafforzamento del mercato interno registriamo un incremento della dotazione per il Programma Spaziale europeo e la definizione delle allocazioni del programma Erasmus + (21 miliardi di euro). Vengono esplicitate le risorse da destinare a Digital Europe (6,7 miliardi di euro) e a Invest EU (11,3 miliardi di euro), ma in misura ridotta rispetto alla proposta più valida formulata dalla Commissione nel 2018. Esse non tengono conto del ruolo fondamentale di questi strumenti nella promozione degli investimenti privati, in particolare a favore dell’innovazione e della transizione verde.
Permane inoltre la nostra insoddisfazione per l’ulteriore riduzione delle dotazioni di Horizon Europe, in particolare per la mancata compensazione dei tagli subiti dal Connecting Europe Facility nei suoi capitoli dedicati all’energia e al digitale. Quanto a sicurezza e difesa, ad un aumento della dotazione del Fondo europeo della Difesa la proposta associa un arretramento incomprensibile sul programma per la mobilità militare.
Quanto alla migrazione, il calo consistente delle risorse destinate a “Frontex” appare coerente con il nostro auspicio che mezzi e obiettivi siano proporzionati. Meritano supporto il nuovo strumento di cooperazione internazionale (il cui acronimo in inglese è NDICI) e la flessibilità necessaria al suo corretto ed efficace utilizzo, in un contesto geopolitico internazionale caratterizzato da crescente incertezza. L’Unione Europea deve assumere un ruolo più “profilato” come attore globale e – a tal fine – è indispensabile finanziare adeguatamente la cooperazione con il Vicinato, con il Mediterraneo e con l’Africa subsahariana.
La stabilità di queste aree è cruciale per la sicurezza di tutti. La cooperazione internazionale rappresenta un altro esempio concreto di come, mettendo in comune le risorse, si possono ottenere risultati migliori rispetto a quelli prodotti dalle iniziative individuali degli Stati membri. Vorrei soffermarmi ora su quanto la proposta negoziale di Michel prevede con riguardo alle politiche tradizionali, Coesione e Politica agricola comune.
Sulla Coesione, la proposta contiene alcune modifiche ai criteri di allocazione che in parte vanno incontro alle richieste che il Governo italiano ha avanzato a tutti i livelli, in coerenza con gli obiettivi di convergenza – economica e sociale – tra territori europei, che questa politica deve contribuire a raggiungere. Partiamo da una distribuzione di risorse che ridimensiona le allocazioni a favore degli Stati membri più ricchi e che tiene conto dell’effettiva evoluzione della crescita dei territori. Il mantenimento di una base statistica aggiornata per il calcolo delle allocazioni, la possibilità di definire a livello regionale i livelli di concentrazione tematica delle risorse da allocare agli obiettivi dell’Unione, l’aumento della quota di finanziamento a carico dell’Unione per le regioni meno sviluppate. Uno degli indicatori per noi più rilevanti, l’indice di prosperità relativa per le regioni meno sviluppate dei Paesi a medio reddito come l’Italia, è finalmente cresciuto, sebbene – a nostro avviso – in maniera ancora non sufficiente (di soli cinque centesimi di punto).
Tra gli aspetti negativi, devo menzionare l’ingiustificata riduzione del Fondo sociale europeo Plus, lo strumento principe attraverso il quale prevenire ed attutire gli effetti negativi della transizione – non solo verde, ma anche digitale – sul tessuto sociale europeo.
Tra i fondi di coesione avanza lo strumento per la competitività e la convergenza (BICC-Budget Instrument for Convergence and Competitiveness), che – grazie all’azione del Governo in sede negoziale – poggia su criteri allocativi condivisibili e a noi nel complesso favorevoli. L’Italia sarebbe beneficiaria netta di questo strumento, con un rientro di oltre il 17% (pari a oltre 2.2 miliardi di euro nel settennato). I fondi ottenuti tramite il BICC consentiranno di finanziare il programma nazionale di riforme strutturali e investimenti pubblici nel quadro del “Semestre europeo”. Il nostro giudizio positivo è tuttavia temperato dal fatto che la dotazione è modesta (12,9 miliardi di euro).
L’Italia pertanto insisterà affinché in futuro sia possibile un rifinanziamento che aumenti le risorse complessivamente disponibili e introduca una più robusta funzione di stabilizzazione. Allo stato attuale un elemento “stabilizzatore” risiede nella possibilità di ridurre il tasso di co-finanziamento nazionale in situazioni di grave contrazione dell’economia. Sulla rubrica di spesa dedicata alla Politica Agricola Comune nutriamo varie perplessità per la riduzione del Fondo per lo sviluppo rurale, che contribuisce, in modo determinante, alla modernizzazione del settore agricolo e agli obiettivi ambientali dell’Unione europea. Inoltre, non vengono precisate le dotazioni per altri due strumenti di particolare importanza per il nostro Paese: il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e il Programma “LIFE”, che tutela la natura e le biodiversità. L’attenzione per lo sviluppo delle aree rurali, la tutela di un’agricoltura di qualità, tesa a ridurre il proprio impatto sul clima e sulla biodiversità, restano per noi obiettivi tutt’altro che obsoleti.
L’agricoltura mantiene un ruolo chiave nel sostenere il reddito degli agricoltori europei, in un contesto internazionale che ha visto questo settore fortemente penalizzato e privo di strumenti di compensazione efficaci. L’Italia ritiene che questo sostegno debba essere equo e, per questo, non intende appoggiare l’attuale meccanismo di allineamento dei pagamenti diretti tra gli Stati membri dell’UE, e la cosiddetta “convergenza esterna”, basata esclusivamente sull’estensione dei terreni agricoli. È un meccanismo inefficiente, poiché non tiene conto di un’articolata serie di parametri, come ad esempio la differenza nei costi di produzione e il differenziale tra reddito agricolo e reddito medio che si riscontra tra i diversi Stati membri.
Nella stessa rubrica, che include anche l’Ambiente, si registra infine l’istituzione del Fondo per la giusta transizione (il Just Transition Fund), la cui dotazione, pari a 7,5 miliardi di euro, coincide con quanto richiesto dalla Commissione Europea a gennaio a supporto del “Green Deal” europeo. L’Italia continuerà a sostenere il ripristino della revisione di medio termine del bilancio, indispensabile per adattare le decisioni attuali a situazioni future, alcune delle quali, al momento, non completamente prevedibili. Questa richiesta, avanzata anche dal Parlamento europeo, è motivata altresì dall’analisi che il Governo ha fatto circa gli aspetti relativi al finanziamento del bilancio pluriennale dell’UE.
Nella proposta del presidente Michel valutiamo positivamente il mantenimento della risorsa IVA e domani, al Consiglio Europeo, discuteremo i dettagli delle proposte per l’introduzione congiunta di nuove risorse legate alla tassazione della plastica non riciclabile e al sistema degli Emission Trading System.
Continuiamo a reputare inaccettabile il mantenimento del sistema di correzioni (sono i famosi “rebates”), che consente ad alcuni (dovrebbero essere cinque) tra gli Stati membri più ricchi di vedere artificialmente ridotto il loro contributo al bilancio europeo.
Unitamente alla maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea, alla Commissione e al Parlamento europeo, il Governo italiano ribadirà la necessità di rivedere radicalmente il sistema delle correzioni che discendono dal “rebate” che venne concesso, vi ricorderete, al Regno Unito nell’ormai lontano 1984.
Un meccanismo obsoleto, iniquo e regressivo.
Ma vi è un altro punto fondamentale, che reputo ancora insoddisfacente nell’ambito dell’architettura del bilancio.
Abbiamo sempre affermato che il mezzo per ottenere un aumento delle risorse disponibili, affinché diventi credibile l’attuazione dell’Agenda Europea, risiede nella modernizzazione del bilancio dal lato delle entrate.
In altre parole, crediamo che sia necessario introdurre nuove forme di finanziamento capaci di assicurare il giusto contributo al benessere collettivo da parte delle grandi imprese del settore digitale, di chi sfrutta le differenze di tassazione negli Stati membri per evitare parte delle imposte, degli speculatori finanziari, dei grandi inquinatori.
Questo può avvenire, ad esempio, attraverso l’istituzione della nuova Border Carbon Tax.
Finalmente la proposta di Michel offre un’apertura condizionata a questa richiesta fondamentale, che mira a evitare ulteriori aggravi degli sforzi già richiesti ai cittadini europei e chiede a tutti i beneficiari dell’Unione di contribuire ai benefici che traggono dal Mercato unico.
Dopo tanta insistenza, dicevo, ritroviamo, nella proposta del Presidente del Consiglio europeo, la possibilità di intervenire, anche dopo il 2021 ma comunque nel corso del prossimo settennato, per istituire nuove risorse proprie europee, quando saranno adottate quelle regole comuni a cui stiamo lavorando intensamente e che sono volte, ad esempio, al contempo, a tutelare il Mercato unico dalla concorrenza di imprese di Paesi terzi con una normativa ambientale meno severa della nostra e ad affrontare il problema del dumping fiscale, anche interno ai confini dell’Unione, per non tacere del dumping sociale.
Nell’avviarmi a concludere, desidero ribadire che il nostro obiettivo è duplice: da un lato, permettere all’Unione ed agli Stati membri di affrontare le grandi sfide di portata globale, a partire dall’accresciuta instabilità geopolitica, dalla competizione economica, dal cambiamento climatico, dalle migrazioni; dall’altro lato, ci dobbiamo opporre ad un’idea di Europa ripiegata sugli interessi nazionali e dobbiamo piuttosto assicurare che ciascuno faccia la sua parte e che nessun cittadino sia lasciato solo nell’affrontare queste sfide.
L’Italia è pienamente consapevole di abitare, di essere parte di questa casa comune.
Ci rendiamo conto che non tutte le nostre priorità possono essere imposte agli altri e condivise dagli altri, ma non siamo disposti ad accettare, in nome di una rapida conclusione del negoziato, un bilancio europeo insufficiente per il futuro dei nostri cittadini.
Saremmo infatti in presenza di una sconfitta non meramente di natura contabile, ma più squisitamente politica dell’idea stessa di Europa e della sua capacità di offrire soluzioni e risposte soddisfacenti.
Mi riferisco a quelle soluzioni e a quelle risposte suscettibili di contribuire a eliminare i divari di crescita – economica e sociale – all’interno del continente: soluzioni e risposte in grado di rendere l’Unione capace di dare l’esempio, di affrontare, con coraggio e determinazione, le sfide e le criticità dell’attuale globalizzazione.
Come è noto, fu espresso un primo apprezzamento di massima verso il programma preannunciato dalla presidente von der Leyen di fronte al Parlamento europeo.
Intravvedemmo allora il sincero proponimento della neo-Presidente di imprimere, a fronte delle note sfide globali, un ambizioso salto di qualità alla politica dell’Unione.
Di fronte a questa proposta di bilancio del Presidente del Consiglio dell’Unione Europea, la nostra iniziale insoddisfazione muove esattamente dalla constatazione che di tale ambizione resta poca traccia; e l’ho detto chiaramente nel corso dell’incontro anche alla Presidente della Commissione Europea.
Registriamo certamente qualche progresso, ma di ambizione, francamente, ne rinveniamo ben poca.
Auspico dunque che le complesse discussioni e le conseguenti determinazioni che attendono me e i miei omologhi europei, al Consiglio Europeo straordinario di domani, consentano di far avanzare il negoziato in direzione di un’Europa forte al suo interno e nei confronti degli altri attori globali, verso un’Europa, quindi, che trovi il coraggio per realizzare un futuro migliore per i suoi cittadini e per le generazioni che verranno.
Grazie.”