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La sessione economica del Consiglio UE di gennaio 2020

di Paola
Boffo

di Paola Boffo

Come ha detto il suo presidente Centeno la riunione dell’Eurogruppo del 20 gennaio 2020 ha avuto “un’agenda relativamente calma. Nessun allarme e nessuna sorpresa.”

Poiché c’è stato un cambio di governo in Austria, Finlandia e Spagna, i rispettivi Ministri hanno presentato le priorità delle loro nuove amministrazioni, invece nel caso di Cipro, che ha un nuovo ministro, le priorità politiche rimarranno invariate.

La Commissione ha presentato all’Eurogruppo le sue proposte di raccomandazioni sulla politica economica dell’area dell’euro per il 2020, dando inizio al semestre europeo, che sono state poi sottoposte all’Ecofin del 21 gennaio.

La Commissione ha anche presentato la propria valutazione sul documento programmatico di bilancio aggiornato del Portogallo, riconoscendo che il paese ha fatto molta strada negli ultimi anni e che nel 2020 registrerà un’eccedenza fiscale, uno sviluppo senza precedenti e notevole rispetto ai tempi della crisi. Inoltre, l’obiettivo di bilancio a medio termine è a portata di mano e la regola del debito continua a essere rispettata. Allo stesso tempo, l’opinione della Commissione identifica ancora alcuni rischi all’orizzonte. Il Portogallo ha confermato il proprio impegno ad affrontarli in modo adeguato nel corso del 2020.

Nella riunione è stata poi affrontata la questione della riforma del MES, su cui Centeno ribadisce di aver già raggiunto un accordo in linea di principio su un testo riveduto del trattato e su tutti gli elementi correlati del pacchetto di riforme del MES, che sono soggetti alle procedure nazionali. Afferma di non trattarsi di una questione di sostanza, ma prima di avviare, nei prossimi mesi, il processo per la firma devono essere definiti alcuni aspetti di natura giuridica, e dunque controlli legali e traduzioni sono ancora in corso. 

Sul rafforzamento dell’Unione bancaria, incluso lo schema di assicurazione comune dei depositi (EDIS), i leader hanno invita l’Eurogruppo a proseguire il lavoro costruttivo degli ultimi mesi

Appaiono quindi scongiurate fughe in avanti sull’approvazione della riforma, visto che il presidente afferma che “Oggi abbiamo anche confermato l’importanza dell’approccio in una logica di pacchetto per consentire progressi in tutte le aree parallelamente a giugno”.

Sullo strumento di bilancio per la convergenza e la competitività (BICC), terzo pilastro del “pacchetto”, i leader hanno dato il mandato di fornire un rapido contributo sulle soluzioni appropriate per il suo finanziamento, in tempo per le decisioni nel contesto del Quadro finanziario pluriennale per il 2021 – 2027. 

Il 21 gennaio ha avuto luogo la seduta dell’Ecofin, il vertice dei ministri dell’economia e delle finanze, incentrato sugli aspetti economici e finanziari del Green Deal europeo: il piano di investimenti del Green Deal europeo (EGDIP). Denominato anche “piano di investimenti per un’Europa sostenibile” (SEIP), l’EGDIP è il pilastro del Green Deal relativo agli investimenti. L’auspicio della Commissione che nel corso del prossimo decennio saranno mobilitati almeno mille miliardi di EUR in investimenti sostenibili.

I ministri hanno discusso degli aspetti finanziari ed economici del Green Deal europeo. La Commissione ha presentato la sua comunicazione sul piano di investimenti per l’Europa sostenibile pubblicata il 14 gennaio.

Durante il dibattito, i ministri hanno sottolineato l’importanza e la pertinenza del Green Deal europeo e la loro disponibilità ad esaminare, in via prioritaria, le azioni concrete che la Commissione intende presentare nell’ambito dell’accordo nei prossimi mesi. Il piano di investimenti per l’Europa sostenibile mira a mobilitare almeno 1 miliardo di EUR di investimenti nel prossimo decennio, attingendo dalle voci di spesa del bilancio a lungo termine dell’UE – un quarto del quale sarà utilizzato per conseguire obiettivi legati al clima – tra cui, secondo le stime, 39 miliardi di EUR di spesa per il settore ambientale. Inoltre, il piano prevede di attirare ulteriori fondi privati mediante l’effetto leva esercitato dalla garanzia di bilancio dell’UE nel quadro del programma InvestEU. 

Oltre alla spesa dell’UE relativa all’azione per il clima e alla politica ambientale, il piano di investimenti per un’Europa sostenibile copre gli importi utilizzati nell’ambito del meccanismo per una transizione giusta, che aiuterà le regioni più esposte alle ripercussioni della transizione. 

La Banca europea per gli investimenti diventerebbe la banca dell’Unione per il clima, aumentando progressivamente la percentuale dei suoi finanziamenti destinata all’azione per il clima e alla sostenibilità ambientale, portandola, entro il 2025, al 50% delle operazioni. Anche la cooperazione con altre istituzioni finanziarie svolgerà un ruolo fondamentale. 

Se da un lato questo contributo dimostra la determinazione dell’UE a finanziare il Green Deal europeo, dall’altro esso non risulterà di per sé sufficiente per sbloccare gli investimenti necessari. Anche i bilanci nazionali e il settore privato saranno chiamati a contribuire in misura significativa. 

Nella grande azione di propaganda della nuova Commissione di Ursula van der Leyen bisognerà approfondire per capire quale porzione di questi finanziamenti è costituita effettivamente da nuovi capitali. A questo stadio delle informazioni questa porzione appare molto molto piccola.

Il piano di investimenti del Green Deal europeo è basato sulla proposta della Commissione per il futuro bilancio a lungo termine 2021-2027, in base alla quale in questi sette anni il 25% del bilancio dell’UE sarà destinato ai finanziamenti per il clima e saranno realizzati investimenti in obiettivi ambientali tramite vari programmi dell’UE. La stessa Commissione ci dice, nel comunicato stampa che presenta il programma, che, ipotizzando un calcolo su 10 anni e partendo dal presupposto che gli obiettivi climatici post 2027 saranno quanto meno mantenuti, si prevede che il bilancio a lungo termine metta a disposizione 503 miliardi di €. Il prossimo bilancio a lungo termine 2021-2027 è attualmente in fase di negoziazione. I numeri sono calcolati su 10 anni, fatto salvo l’accordo definitivo sul prossimo bilancio a lungo termine e su quello successivo al 2027. Il piano è inoltre basato sui contributi dei bilanci nazionali ai progetti UE, sugli investimenti pubblici e privati mobilitati tramite InvestEU e sui fondi ETS (Fondo per la modernizzazione e Fondo per l’innovazione).

L’obiettivo del Fondo per la transizione giusta è il sostegno ai cittadini e alle regioni che sono maggiormente colpiti dalla transizione verde e quindi garantire che la transizione avvenga in modo socialmente equo e inclusivo. 

L’attuazione del Green Deal europeo avrà anche ripercussioni sulle norme fiscali e di bilancio. Infatti, come nell’ambito dei negoziati sul QFP, la Commissione ha proposto di mobilitare nuove risorse proprie dell’UE, per esempio creando una tassa sui rifiuti di imballaggi in plastica non riciclati o assegnando al bilancio dell’UE una parte delle entrate derivanti dalla vendita all’asta del sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE. L’UE sta anche cercando di modernizzare il suo quadro fiscale sull’energia e prenderà in considerazione la possibilità di imporre una carbon tax: nel corso del 2021 sono previste proposte della Commissione su entrambe le questioni.

La comunicazione della Commissione chiede inoltre che i bilanci nazionali svolgano il loro ruolo nella transizione e prevede di includere un riferimento agli investimenti pubblici verdi, nell’ambito della revisione del quadro della governance economica europea prevista per le prossime settimane.

Infine, la Commissione prevede di proporre una rinnovata strategia di finanza sostenibile nel terzo trimestre 2020, che si baserà sulle riforme concordate di recente, in particolare sulla tassonomia della finanza sostenibile, la cui adozione è prevista nella prima metà del 2020. Sarà pure rivista la “direttiva sull’informativa non finanziaria” per aumentare la trasparenza delle imprese verso gli investitori in relazione ad informazioni climatiche e ambientali. La strategia dovrebbe anche esaminare come gestire meglio e integrare i rischi climatici nel sistema finanziario, in particolare attraverso la valutazione di appropriatezza dei requisiti patrimoniali esistenti per le attività ecologiche.

Il Consiglio, nella prima seduta di gennaio, ha anche avviato il processo del “Semestre europeo” per il monitoraggio delle politiche economiche, occupazionali e fiscali degli Stati membri.

La Commissione ha presentato tre documenti:

– una strategia annuale di crescita sostenibile, che evidenzi le principali sfide per il 2020;

– una “relazione sul meccanismo di allerta”, che segna il punto di partenza della procedura annuale per gli squilibri macroeconomici;

– un progetto di raccomandazione del Consiglio sulle politiche economiche dell’area dell’euro.

L’Ecofin dovrebbe approvare la raccomandazione e adottare conclusioni sulle due relazioni nel corso della riunione del 18 febbraio 2020. La raccomandazione sarà quindi approvata dal Consiglio europeo nella riunione di marzo. Il semestre europeo 2020 si concluderà a luglio con l’adozione delle raccomandazioni specifiche per Paese.

Strategia annuale di crescita sostenibile

La relazione della Commissione è il punto di partenza del semestre europeo 2020. Delinea le priorità più urgenti su cui l’UE e gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sul piano economico e sociale. Il rapporto sostituisce, a partire da quest’anno, l’ “annual growth survey” e stabilisce una nuova strategia per affrontare non solo le sfide economiche a breve termine, ma anche le sfide a lungo termine dell’economia, che includono la transizione verso un’economia sostenibile e inclusiva, il progresso tecnologico, soluzioni sostenibili e cambiamenti demografici, in linea con le priorità stabilite nell’ European green deal.

Per il 2020, la Commissione osserva che l’economia europea è al suo settimo anno consecutivo di crescita e si prevede che continuerà ad espandersi, anche se a un ritmo più moderato.

Relazione 2020 sul meccanismo di allerta

La relazione della Commissione individua 13 Stati membri che potrebbero presentare uno squilibrio macroeconomico che dovrebbe essere soggetto a una revisione approfondita nel 2020. Questi sono Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia.

Ciascuno di questi Stati membri è stato oggetto di una revisione nel precedente ciclo annuale della Procedura per gli squilibri macroeconomici (MIP) e sono stati riscontrati squilibri o squilibri eccessivi. Le nuove valutazioni aiuteranno a giudicare se tali squilibri sono in via di aggiustamento.

Raccomandazione del Consiglio sulle politiche economiche dell’area dell’euro

Questa raccomandazione annuale è una parte fondamentale del semestre europeo. Permette di concentrarsi sulle priorità per l’area dell’euro nella preparazione di raccomandazioni specifiche per paese in primavera.

In linea con la nuova strategia economica, la raccomandazione di quest’anno si concentra maggiormente sulla lotta sfide a lungo termine come i cambiamenti climatici, il deterioramento demografico e le trasformazioni tecnologiche.

La Commissione raccomanda inoltre a tutti gli Stati membri di migliorare la produttività e approfondire ulteriormente il mercato unico e favorire una transizione equa e inclusiva verso un sistema economico competitivo, verde e digitale. Richiede inoltre il rafforzamento dell’istruzione, dei sistemi di formazione e degli investimenti nelle competenze.

Dal punto di vista fiscale, la Commissione pone l’accento sulla differenziazione: gli stati membri con livelli di debito elevati hanno bisogno di intraprendere un percorso discendente sostenibile e quelli con una posizione fiscale favorevole dovrebbero usarlo per aumentare ulteriormente gli investimenti di alta qualità.

Infine, la Commissione chiede progressi ambiziosi nell’approfondimento dell’Unione economica e monetaria, completando l’unione dei mercati bancari e dei capitali, con la prospettiva di rafforzare il ruolo internazionale dell’euro e la sovranità economica dell’Europa.

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