Al Parlamento europeo si seguono direttive, regolamenti, raccomandazioni, che rappresentano oltre l’80% di ciò che è la produzione legislativa poi recepita dai vari Paesi.
Se poi si considera che i bilanci finanziari passano prima da Bruxelles che dai Parlamenti nazionali si ha un quadro sufficiente a percepire i nuovi problemi di democrazia che abbiamo da affrontare.
Quell’80% di materiale legislativo viene discusso approfonditamente in sede di Parlamento europeo e nel confronto con il Consiglio e la Commissione. Il problema è che le proposte su cui si discute sono quelle avanzate da Consiglio e Commissione perché il Parlamento europeo non ha potestà di proposta legislativa diretta.
E che il potere di decisione finale è sempre sostanzialmente di Consiglio e Commissione.
A chiudere il cerchio c’è il fatto che i Parlamenti nazionali, nella fattispecie quello italiano, recepiscono tutto insieme questo materiale che non hanno sostanzialmente contribuito a produrre né hanno discusso in proprio.
Essendo per altro Maastricht, con le sue logiche di mercato, privatistiche e di bilancio, ormai largamente incidente, per non dire soverchiante, il dettato costituzionale abbiamo che il percorso decisionale si è invertito dal basso verso l’alto e analogamente la governance ha surrogato la rappresentanza.
Dico governance e non governo perché il governo è una funzione della democrazia mentre la governance è uno strumento del funzionalismo di sistema.
Questa situazione che concerne la novità rappresentata dalla nascita dell’Europa reale in Italia è stata particolarmente dirompente.
L’Italia infatti è entrata nell’Europa reale destrutturando gran parte del proprio sistema politico, istituzionale e addirittura costituzionale.
Un comportamento del tutto avventuriero assolutamente impensabile in Paesi analoghi come Germania e Francia.
Per cui a ciò che arrivava da Maastricht si è sommata la destrutturazione del Paese reale. Fino alla trasformazione del reginalismo nel suo esatto contrario e cioè in un differenzialismo territorislistico alla mercé dei poteri che ferisce il valore della eguaglianza nella cittadinanza costituzionale.
Ciò che tiene “unito” il Paese è ormai sostanzialmente la catena di comando dall’alto al basso, dall’Europa reale ai differenzialismi territoriali.
È Maastricht di privato più pareggio di bilancio e non l’attuazione del dettato costituzionale sociale e democratico.
Da tempo, per questo, le assemblee elettive e la rappresentanze sono svuotate. Perché si esegue e non si decide. Si va per direttive, decreti, ordinanze.
Gli “eletti” vanno nominati e via via ridotti. La funzione legislativa come esercizio della sovranità popolare attraverso le istituzioni democratiche è negata dalla logica funzionalistica della governance.
Che è efficentissima per ciò che la concerne (pareggio di bilancio e legge Fornero approvati a tambur battente) e impedente ogni alternativa.
L’Italia, come detto, ha destrutturato se stessa dentro questa logica. E il populismo è solo l’altra faccia dell’intoccabilita’ della governance. Addirittura complementare nel suo attacco alla rappresentanza.
Il PD è stato un soggetto cardine di questo percorso, “assorbendo” come governance le spinte che andavano in questa direzione, dal referendum Segni, al differenzialismo regionale leghista e ora al taglio del Parlamento dei Cinquestelle. Purtroppo però è mancata del tutto la capacità della sinistra comunista di dar corso a quell’allargamento democratico che aveva visto come indispensabile.
L’Europa reale e il differenzialismo territoriale sono l’opposto di ciò che si provava a proporre come proseguimento e inveramento della Costituzione.
Naturalmente ciò discende dalla messa fuori gioco della alternativa sociale. Ma ha marciato anche sulle gambe dello sfascio istituzionale. La quantità di orribili deforme istituzionali italiane non ha pari.
Ciò che servirebbe è l’esatto opposto della riduzione quantitativa e qualitativa della rappresentanza. Occorre una nuova rete di rappresentanza che riparta dalla sovranità popolare e ricostruisca una capacità democratica (e legislativa) diffusa.
Serve che ogni livello, dai territori, agli Stati, all’Europa discuta consapevolemente, interagendo e potendo scegliere.
Un Parlamento europeo che abbia poteri legislativi effettivi.
Un Parlamento nazionale che per numero e attitudine sia padrone della discussione e non ricettore di direttive e decreti.
Autonomie partecipi di un dettato costituzionale e non piccoli feudi gestori di un potere derivato dal sovrano.
Pensare che una Camera di 400 persone possa prendere conoscenza e interagire con la mole di materiale europeo è semplicemente ridicolo.
Il suo taglio lineare è solo la certificazione che la funzione legislativa come funzione democratica di esercizio della sovranità popolare non esiste più.
A questo bisogna dire no. Per riaprire la battaglia per la democrazia.
1 Commento. Nuovo commento
Voi di sinistra vi risvegliare solo in occasioni estreme. Avete lasciato il governo e il parlamento alle destre negli ultimi 30 anni. Non avete profferito verbo all’ingresso in Europa in condizioni che hanno estremamente umiliato i lavoratori, dimezzando di fatto stipendi e pensioni in un sol colpo (inimmaginabile persino dalle destre più reazionarie!). Avete lasciato che le destre (italianissime, non europee!) imperversassero su tutte le azioni sociali (diritto allo studio, alla salute, alla casa,….). E adesso vi ergete a difensori della democrazia, difendendo il diritto di esistere anche a coloro che hanno “marinato” il dovere di presenza e partecipazione alle discussioni parlamentari. Ma dove eravate fino ad ora?! Avete lasciato campo libero a Salvini. Gli unici che si sono esposti nel contrasto alla Lega è stato il movimento de “Le sardine”, movimento confuso e confusionario, ma sincero ed autentico nella difesa del popolo. Voi non siete confusionari? Dimostrartelo coi fatti. Basta parole al vento.