editoriali

Meloni e i diritti lgbtia+

di Paola
Guazzo

Giova ricordare, a questo punto, i passi sempre più accelerati del governo Meloni contro i già esigui diritti delle persone lgbtia+ in Italia. Uso la sigla in forma estesa, che è sempre meno lunga e impronunciabile della parola “fascista”. Utile meme per non cadere nel perverso e capzioso equivoco già presente in Germania; penso all’Opera Omnia, partito personalizzato e libri,  di Sahra Wagenknecht: le persone lgbtia+ godrebbero di maggiori vantaggi dal capitalismo neoliberale rispetto agli eterosessuali, portatori non si sa per quale Diritto Divino, o del Malgravio, di “sani” valori comunitari forse precapitalistici, forse eterni, forse divini. L’élite lgbtia+, ricca e sfrenata, risiedente in città, amorale appaltatrice di uteri nel mondo postcoloniale o neoliberale, non si sa, n’do cojo cojo, contro il Popolo, che risiede nel Borgo, ama il suo vicino, purché tedesco e non avverso alla sugna del maiale, ed è devota al coito etero riproduttivo, alla famiglia e alla sagra della birra, anche in contemporanea. Un dualismo del tutto retorico, artificioso: la classe riguarda anche le persone lgbtia+ (vedi quel che è successo a Cloe Bianco, ma anche tanti altri casi meno noti: lesbiche che perdono il lavoro, homeless gay, migranti lgbtia+ perseguitati). In un regime neoliberale in crisi, con tendenze sempre più apertamente fasciste, che ricorre al proliferare delle guerre per sopravvivere, ogni carta vale: per esempio costruire un nemico non solo di classe, ma un mostro con le teste di genere, sessualità, etnia, razza. Oggi in Italia, Polonia, Ungheria, domani in Unione Europea? Costruire mostri per nascondere il vero mostro, il Leviatano senza controllo dell’accumulazione e dello sfruttamento. Nella cieca e mortale ottica di mostrificazione ed erosione dei diritti galleggia il governo Meloni. Proviamo a ricostruirne alcuni passaggi di quest’anno.
Il 2024 comincia con un ordine di ispezione da parte del ministro Schillaci: a finire nel mirino è l’ospedale di Careggi, dove il lavoro di medici esperti e formati sostenevano percorsi di affermazione di genere richiesti da giovani nell’età evolutiva.
A settembre la Commissione Cultura della Camera approva una risoluzione contro la “propaganda gender nelle scuole”, primo firmatario il sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso. La propaganda gender nelle scuole non  esiste né è mai esistita. Come l’educazione sessuale, del resto. Lo stesso Sasso, ad ottobre,  chiede di licenziare dall’Università di Sassari Federico Zappino, autore di numerosi testi fra cui Comunismo Queer (2019) e traduttore italiano di Monique Wittig e Judith Butler. Zappino è reo di tenere un apprezzato e seguito corso di Teoria di Genere. Nel contempo anche Christian Raimo rischia la sospensione dall’insegnamento per aver definito il ministro Valditara “sessista” e “razzista”. E pensare che era proprio l’estrema destra, qualche anno fa, ai tempi della discussione sul ddl Zan, a insistere sul fatto che la libertà di espressione non può essere limitata.
Da ultimo viene questo ottobre. Il 16 viene votato in modo definitivo il ddl Varchi, che diventa legge: la gestazione per altri, già proibita nel nostro paese, diventa reato universale. Chiaro obiettivo è la mostrificazione di chi vi ha ricorso, anche se la legge – bontà loro? – non è retroattiva: i figli che sono nati da gpa entrano ufficialmente nella categoria Mostri. E così i loro padri.
Va ricordato, inoltre, che la recente lista dei paesi “sicuri” per il rimpatrio di persone ree solo di non essere cittadine italiane e di essere entrate nel nostro paese solo per fuggire da situazioni terribili di miseria e guerra contiene paesi che puniscono l’omosessualità e il lesbismo con decine di anni di carcere e in un caso anche l’ergastolo.
Che fare? Una politica a sinistra, in un’area anticapitalista, è ancora da formare su questi temi. Potrebbe essere interessante cominciare a non considerarli solo accessori.

Paola Guazzo

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