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Lo strano caso di Sahra Wagenknecht

di Franco
Ferrari

I successi elettorali ottenuti dal movimento di Sahra Wagenknecht nelle elezioni della Turingia e della Sassonia e quelli anticipati dai sondaggi per il prossimo appuntamento del land del Brandeburgo, hanno sollecitato curiosità e interesse per la leader politica tedesca. Su Transform! Italia ce ne eravamo occupati con un certo anticipo un anno e mezzo fa (Voci di stampa sul nuovo partito di Sahra Wagenknecht) e rimandiamo a quel testo per una prima analisi dei temi contenuti nel libro della Wagenknecht pubblicato in traduzione italiana col titolo “Contro la sinistra neoliberale”.

Attorno al nuovo movimento, sorto da una scissione della Linke, e al suo profilo sono emerse in Italia valutazioni molto diverse e addirittura opposte. A volte attribuendo a questo movimento e alla sua promotrice idee e posizioni del tutto immaginarie. In ogni caso si sono espressi giudizi avversi soprattutto su due temi: la questione delle immigrazioni e quella relativa al peso e all’influenza dei movimenti basati su rivendicazioni di identità e/o di diritti civili.

La Wagenknecht, in questo riprendendo punti di vista controversi già espressi da Oskar Lafontaine, figura di primo piano della socialdemocrazia tedesca da cui era uscito in contrasto con le politiche dell’allora cancelliere Schroeder, ritiene che non si possa accettare una politica di immigrazione “non controllata”. Per questo ha criticato la decisione della Merkel di aprire le porte all’immigrazione soprattutto siriana nella crisi del 2015. La politica delle “frontiere aperte” è considerata di ispirazione neoliberista e contraria alla difesa degli interessi delle classi popolari tedesche. Sulla questione immigrazione la posizione della Wagenknecht si è nettamente differenziata da quella della Linke ed è stata considerata, dai suoi critici, una concessione alla spinta xenofoba proveniente dall’estrema destra che si è raccolta nell’AfD.

L’altro tema controverso riguarda il rapporto tra la sinistra e i movimenti (che una parte della sociologia ha definito da tempo come “post-materialisti”) relativi a rivendicazioni che riguardano le identità e gli stili di vita. La Wagenknecht ritiene che l’eccessiva importanza data a rivendicazioni di quelle che sono considerate piccole minoranze, abbia determinato un contrasto tra la politica della sinistra e i sentimenti delle classi popolari. Le forze politiche di sinistra avrebbero dato troppa importanza a queste realtà a discapito della capacità di difendere gli interessi di quei settori di popolazione che storicamente si affidavano alla sinistra.

Particolarmente polemico è il giudizio che il movimento della Wagenknecht avanza rispetto al partito dei Verdi. Questi sono considerati espressione di ceti medi benestanti che mirano ad imporre il loro stile di vita, in nome soprattutto della difesa dell’ambiente, ai ceti popolari, dimenticando che certe scelte sono possibili solo con determinati livelli di reddito.

Dal punto di vista ideologico, la Wagenknecht si considera espressione di una posizione di “conservatorismo di sinistra”, concetto che è stato generalmente considerato un ossimoro. Non è sempre chiaro se, per questo, rappresenti la frangia di sinistra del movimento conservatore, in Germania, incarnato da CDU e CSU, o l’ala conservatrice della sinistra.

Non va sottovalutato che il successo elettorale del movimento (BSW) è dovuto anche alla posizione assunta sulla questione della guerra in Ucraina e sul processo di militarizzazione della Germania considerato sbagliato in via di principio ma anche tale da avere ripercussioni profondamente negative sull’economia tedesca. Inflazione e crisi industriale dovuti soprattutto all’aumento dei costi dell’energia mettono radicalmente in discussione il modello di sviluppo economico tedesco fortemente orientato all’esportazione. Oltre all’effetto immediato di interruzione dell’afflusso di energia a basso costo dalla Russia si intravede una crescente difficoltà a mantenere l’alto livello di rapporti commerciali con la Cina nel contesto di una nuova guerra fredda. L’opposizione alla guerra è considerato, alla luce dei sondaggi, il tema che più ha contribuito al voto per il Movimento di Sahra Wagenknecht.

L’interesse per la crescita elettorale molto rapida della BSW dovrebbe distinguere tra l’individuazione dei problemi a cui cerca di rispondere con le soluzioni che vengono proposte. Il Movimento della Wagenknecht parte dal dato di fatto, particolarmente evidente in Germania, ma presente in quasi tutta l’Europa, della perdita di consenso della sinistra tradizionale (socialdemocratica e comunista o neocomunista) tra le classi popolari.

A questa tendenza la socialdemocrazia ha cercato prima di rispondere con le tesi della “terza via”, uno spostamento al centro dello scacchiere politico e un mutamento della sua base sociale di riferimento. Il tradizionale blocco fondato sul lavoro manuale veniva sostituito dalle nuove aspirazioni “post-materialiste”, di cui si è detto, e dall’affidamento su una “buona” globalizzazione in grado di consolidare un’area ampia di “soddisfatti” dalle nuove opportunità in termini economici e di stili di vita. La scommessa ha funzionato per un breve periodo per poi evidenziare evidenti contraddizioni.

Il blocco sociale si è andato così riducendo, soprattutto tra quei settori di lavoratori e professioni autonome per le quali la globalizzazione non offriva affatto nuove opportunità ma al contrario precarietà, incertezze e timori per il futuro. In questi settori ha fatto presa l’estrema destra con le sue politiche xenofobe e nativiste. La socialdemocrazia ha in parte rivisto le tesi della “terza via” o del “nuovo centro” ma, vincolata alla sua adesione ad una forma di liberismo, seppure temperato, e all’idea che ormai lo stato-nazione avesse perso in gran parte la sua ragion d’essere, non è stata in grado di tornare a conquistare una reale egemonia tra le classi popolari.

La sinistra radicale, dal punto di vista della Wagenknecht, in parte è stata condizionata dalla stessa visione e in parte si è affidata all’inseguimento di movimenti identitari, tanto radicali quanto numericamente marginali, trovandosi in contrasto coi sentimenti della “gente comune”. In particolare verso la Linke la critica degli scissionisti è stata di avere abbandonato la base popolare che era consistente soprattutto all’est, per diventare una sorta di nuovo partito verde, rivolto agli stessi settori sociali insediati nelle grandi città, dotati di buone risorse culturali e in genere anche di più che accettabili condizioni di reddito.

Alla base della visione della Wagenknecht ci sono elementi che in genere hanno sollecitato meno discussione rispetto alle posizioni politiche sui migranti e sui diritti civili. Il primo elemento di prospettiva è dato da una rivalutazione del “comunitarismo”. A questo fa esplicitamente riferimento in una recente intervista alla Zeit, il sociologo Wolfang Streek, discepolo di Amitai Etzioni che delle tesi comunitariste è stato uno dei principali promotori, dichiarato e influente simpatizzante del nuovo movimento.

Nel suo libro, la Wagenknecht scrive: “Lo sviluppo dei vincoli di comunità e di appartenenza al di fuori della propria famiglia e delle antiche tribù è stato davvero un’importante conquista della civiltà. Che una storia e una cultura comuni potessero portare alla nascita di identità fondate su base territoriale, dunque non etnica né religiosa, e con ciò all’accettazione di un destino condiviso da tutti i cittadini di un paese, è stato il presupposto decisivo per la nascita delle moderne democrazie e degli Stati sociali.

Non è un caso, quindi, che il concetto moderno di nazione come comunità dei cittadini di un paese sia stato formulato per la prima volta in modo consapevole durante la Rivoluzione francese e messo in rapporto diretto con la pretesa di una configurazione democratica degli affari comuni. Con il dissolvimento di questo senso di comunità e l’aumentare della distanza tra i diversi gruppi etnici – poco importa se a seguito dell’emigrazione, di una maggiore diseguaglianza sociale, della politica identitaria dei liberali di sinistra o per una combinazione di tutte queste cause – scompare, dunque, anche il presupposto essenziale per una politica che possa quantomeno mettere un freno al capitalismo e, in prospettiva, persino superarlo”.

In un articolo precedente avevo segnalato come il movimento di Sahra Wagenknecht potesse essere considerato come il tentativo di definire un nuovo soggetto del conflitto politico e sociale, differenziato da quello presente in altri soggetti partitici. Non più la classe, ma nemmeno il popolo o il mosaico di movimenti, quanto la “comunità”. È la “comunità” che può diventare il soggetto politicamente organizzato che entra in contrasto con il capitalismo. Nelle tesi della Wagenknecht la “comunità” è in diretta correlazione con lo Stato-nazione, dato che essa non ha una base nell’etnia come è invece nella visione della destra razzista ma certamente con il territorio che richiede dei confini. Ed è considerata come la base necessaria di una democrazia funzionante come anche di una qualche forma di compromesso sociale. (Che l’idea di comunità basata territorialmente non sia facilmente accorabile con una visione classista e internazionalista, dovrebbe risultare evidente.)

In relazione a questa visione va anche segnalata la concezione economica sostenuta dal movimento. Nella sua tesi di dottorato, la Wagenknecht espresse un giudizio positivo sull’ordoliberismo considerato, dal punto di vista intellettuale, come la base del miracolo economico tedesco degli anni ’50 e ’60, il cui principale protagonista fu il ministro democristiano Ludwig Erhard.

L’ordoliberismo riconosce il ruolo centrale del mercato come regolatore dell’economia ma ritiene che, a differenza di altre correnti liberiste secondo le quali il mercato si regola da solo e quindi lo Stato deve trattenersi dall’intervenire, si tratta di una costruzione sociale che necessità di un intervento statale. Secondo la Wagenknecht la CDU, che in altri momenti aveva al suo interno una forte componente sociale, ora ha abbandonato questa visione per accettare il predominio del capitalismo globalizzato e della finanza. L’attuale leader democristiano tedesco Friedrich Merz, che ha lavorato per BlackRock, rappresenta il prevalere della finanza sull’impresa tradizionale.

Nell’intervista alla New Left Review (n. 146, marzo-aprile 2024), la Wagenknecht segnala la crisi di quell’insieme di piccole e medie imprese industriali, definite come Mittelstand, che hanno costituito l’ossatura principale dell’economia tedesca. Pur non ignorando che anche in queste aziende vigano condizioni di sfruttamento, per la politica tedesca hanno il pregio di essere guidate da famiglie o direttamente possedute dai loro manager. Sono inserite nelle loro comunità e cercano di conservare i loro lavoratori. La loro cultura è contrapposta dalle grandi multinazionali, in genere possedute da investitori il cui interesse è dato solo da alti profitti immediati.

Questa rete di piccole e medie imprese industriali rischia di essere distrutta a seguito di scelte politiche precise, in particolare quelle messe in atto dall’ex primo ministro socialdemocratico Schroeder (con il quale si scontrò Lafontaine). Pesano l’aumento dei costi energetici dovuti alla guerra in Ucraina, il modo in cui viene gestita la transizione energetica e decisioni come quelle di smantellare la rete delle piccole banche locali strettamente intrecciate e interessate allo sviluppo del tessuto economico nel quale operavano.

C’è una indubbia coerenza tra i vari elementi della visione politica di Sahra Wagenknecht che non va sottovalutata. Attorno all’idea di comunità si ritrova una visione di blocco sociale potenziale: classi lavoratrici, settori popolari economicamente disagiati, capitalismo nazionale delle piccole e medie imprese. Dato che la comunità necessità di un territorio e di legami sociali ed affettivi tra i componenti vanno contrastati tutti quei processi interni ed esterni che diventano un potenziale pericolo di disgregazione del tessuto comunitario, senza il quale non vi può essere nemmeno democrazia.

Concludendo questa sintetica ricostruzione si può dire che, in quanto fenomeno politico originale, la BSW individua un problema indubbiamente esistente: la crisi di consenso delle sinistre (moderate o radicali) dovuta all’allontanamento da importanti settori delle classi popolari. Individua un potenziale soggetto della trasformazione che, in quanto tale, richiede una nuova rappresentanza politica che manca o che può essere indirizzata nella direzione sbagliata dell’etno-nazionalismo dell’estrema destra, e questo soggetto collettivo risiede nella “comunità”. Da questo potenziale blocco sociale maggioritario derivano una serie di posizioni politiche sulle quali spesso si è concentrata l’attenzione perché in aperto contrasto col pensiero prevalente a sinistra.

Lo stesso concetto di “comunità” risulta fortemente ambiguo, sia per il suo legame col territorio, sia perché propone una visione tendenzialmente omogenea di una società che invece è inevitabilmente attraversata da tensioni e conflitti ed è normalmente in evoluzione. Sulle singole posizioni politiche che derivano da questa impostazione è certamente apprezzabile l’azione di contrasto alla guerra e al militarismo e di un qualche interesse anche il tentativo di formulazione di una politica economica (di cui in generale la sinistra radicale italiana si disinteressa). Altamente problematiche e contestabili le idee sostenute su altri temi anche se è necessario valutarle per come si presentano senza semplificarle eccessivamente o caricaturarle.

Franco Ferrari

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3 Commenti. Nuovo commento

  • Alessandro Vigilante
    11/09/2024 19:06

    Concordo sulla necessità di non caricaturare alcune posizioni discutibili e ambigue di SW. E aggiungo che il dibattito in corso su come valutare questa “nuova” esperienza politica mi sembra cruciale e imprescindibile in questa attuale congiuntura per la sinistra, italiana ed europea. D’altro canto, vorrei scongiurare la tendenza alla sopravvalutazione rispetto ad una forza politica che mostra aumento di consenso, pensando di aver trovato il “Papa straniero” che arriva per salvarci dalla crisi in atto da decenni.

    Trattandosi di un semplice commento, vorrei limitarmi a elencare pochi punti fondamentali di critica: io credo che una forza di sinistra, o meglio socialista/comunista, necessaria per contrastare e tentare di superare la barbarie dell’attuale sistema capitalista necrofilo, non può rinnegare o sminuire alcuni valori fondamentali (a seguire); pena la sua auto-castrazione.

    1) Internazionalismo, come contrapposizione al nazionalismo xenofobo e suprematista. Quindi, ben vengano le “comunità” territoriali integrate culturalmente e che valorizzano il capitale sociale, ma la Cultura ha senso solo se esercitata in maniera dialogica ed in un continuo processo di trasformazione, per non ridursi ad un arido conservatorismo sterile e autoreferenziale e, d’altro canto, le relazioni sociali costruite nei territori oggi possono (e devono) essere articolate (orizzontalmente), integrate e facilmente ampliate dalle tecnologie e dalle reti digitali; soprattutto per affrontare il comune nemico del Capitale transnazionale in un’ottica globale.

    2) Solidarietà, come principio umanista universale. Non è accettabile, in nome della salvaguardia di soggetti sociali locali e nativi sfavoriti, cercare di frapporre velleitari muri tra le nostre comunità occidentali più sviluppate ed i flussi di migranti provenienti da luoghi in cui è impossibile la sopravvivenza a causa di fattori determinati in grandissima parte per nostra responsabilità; ancor più per fattori meramente demografici e quindi oggettivi.

    3) Lotta alle disuguaglianze, certamente economiche, ma anche di genere (e non mi sembra che questa problematica possa essere annoverata tra i conflitti rispetto ad una minoranza); disuguaglianze ecologiche, nel senso che chi più trae danno dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici sono le stragrandi maggioranze – periferiche – dei diseredati della Terra; disuguaglianze etniche, nei confronti dei popoli che sono stati saccheggiati per secoli da noi occidentali e che meritano cospique riparazioni, anch’essi non considerabili affatto minoranze.

    4) Potere e partecipazione nella politica. Troppe volte i fondamenti del socialismo hanno subito stravolgimenti a partire da problemi di leadership. La famosa metafora di Orwell sui maiali più uguali degli altri animali e la permanenza eccessiva al comando di alcuni personaggi storici in varie situazioni hanno evidenziato successivamente le crisi ricorrenti del movimento socialista e comunista, soprattutto quando venivano a mancare quei quadri e quel materiale umano che avrebbe dovuto poi rinnovare la classe dirigente per affrontare le nuove fasi del processo rivoluzionario. Se, oltre ad eludere questa problematica, i socialisti – ed in genere una forza politica che lotta per l’emarginazione degli sfavoriti – si abbandonassero anche a sigle e partiti personalistici come BSW, io credo che si vada declinando in una inaccettabile contraddizione insanabile.

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  • Giuseppe Bellina
    11/09/2024 20:03

    Ho letto l’articolo, come pensavo la conclusione che ne traggo sulla figura della Wagenknecht non e’ diversa da quella che mi ero fatto circa un anno, due anni fa. La risposta di come la pensi la Wagenknecht e’ data dalle sue stesse conclusioni riportate all’interno dell’articolo. La Wagenknecht accusa la sinistra tedesca o la Linke di essersi occupata troppo, in questi anni cruciali, di alcune posizioni politiche e sociali di nicchia. Di essersi troppo spesa nel tutelare o nel cercare un tragitto politico e di pensiero comune con formazioni politiche minori aventi scarso peso elettorale. In sostanza la Wagenknecht vuole dire che la Sinistra di casa sua e’ corsa dietro a pochi dimenticandosi dei molti, delle masse. Il punto cruciale si nasconde proprio dietro questo concetto. Le masse non sono piu’ schierate come un tempo a sinistra, nel centrosinistra o nella socialdemocrazia. Le masse si sono spostate, deluse e amareggiate. Quindi nessuno puo’ essere accusato se definisce lo spostamento politico della Wagenknecht a destra, o comunque su posizioni di conservatorismo, in quanto cercando le masse e volendo acquisire voti da esse non puo’ fare altro che spostarsi a destra o assumere linee politiche conservatrici. Il suo partito, che tra l’altro porta le iniziali del suo nome e cognome, non potra’ che essere una formazione conservatrice o di centrodestra cattolica se cerca le masse sociali in Germania e si prefigge successi elettorali. La Linke dovra’ rassegnarsi a raccogliere pochi voti se mantiene, giustamente, le sue posizioni di forza di opposizione e di alternativa al sistema. La salvezza politica e delle idee la Linke tedesca le potra’ raggiungere solamente se in Europa abbracciera’ saldamente un’idea socialista e di federalismo.

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  • claudio salone
    13/09/2024 9:21

    Ancora una volta un ottimo articolo di Franco Ferrari, che analizza un fenomeno come quello della BSW in Germania senza far ricorso a strumenti interpretativi rozzi e inefficaci (la BSW è rosso-bruna, è populista, è putiniana, ecc.).
    Ferrari coglie la centralità nel pensiero di Sahra Wagenknecht del concetto di Gemeinschaft (“comunità) ben noto alla cultura tedesca, dove viene contrapposto e distinto dalla Gesellschaft (“società”).
    Concetto certo pericoloso, coltivato dalla Konservative Revolution e che, secondo alcuni, ha fornito alimento alla successiva dottrina comunitaria nazista in chiave razziale.
    Tuttavia recuperarne il valore di identità entro i confini di una nazione non definita etnicamente, ma territorialmente potrebbe costituire “il” terreno di elaborazione di una futura politica “di sinistra” che si voglia opporre agli eccessi di un capitalismo globalizzato e dominato dalla finanza e che miri a ricostituire il tessuto sempre più lacerato delle nostre “comunità”.
    Grazie

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