68.184.803 casi di Covid confermati; 1.315.620 morti. Questo è successo in Europa al 16 settembre, data in cui Ursula Von der Leyen ha appena tenuto il suo discorso sul futuro dell’Unione.
Fossi stato Presidente della Commissione Europea avrei cominciato il discorso, definito sullo stato dell’Unione per scopiazzare gli USA, dedicando un minuto di silenzio alle vittime e buona parte del mio ragionamento a chiedermi perché tanta sofferenza e cosa non si era fatto per prevenirla e per ridurla. Anche perché sull’Unione non si è abbattuto un asteroide ma una pandemia prevista da oltre vent’anni dagli organismi sanitari mondiali. Magari mi sarei chiesto se qualcosa c’entravano le politiche di austerità che avevano portato a ridurre drasticamente i servizi sanitari pubblici. E perché la tanto decantata economia sociale di mercato, che sta in Maastricht come la creazione nella Bibbia, all’inizio pandemia, e non solo, non provvedeva neanche ai presidi sanitari elementari. Per non parlare dei vaccini per i quali si è ricorsi ad una trattativa privatistica e secretata che ha coperto d’oro le multinazionali e che non prevede la copertura del Pianeta unica misura efficace contro varianti e permanenza della pandemia. Significativo che la Presidente rivendichi la parità tra dosi usate in casa e fornite fuori ma in realtà esportate e non certo ai Paesi poveri visto che lei stessa lamenta che continenti come l’Africa siano al 2% di vaccinati. Mercato, dunque, e non diritti universali, perché la Presidente non si allontana dal “creazionismo” di Maastricht per cui è il mercato che crea la società.
In realtà il discorso di Von der Leyen più che ad un Presidente USA o ai sogni di un’anima europeista di Schumann assomiglia a un rendiconto brezneviano su un Piano quinquiennale. Le magnifiche sorti e progressive sono sul cielo dell’Unione che anche lei fa nascere dalla caduta del muro di Berlino e non dalla guerra al Nazifascismo. Revisionismo indecente e interessato. Perché misurarsi con la vera nascita, la lotta al nazifascismo, significherebbe rendere conto di quanta Europa sociale è stata distrutta. E provare a guardare in faccia l’Europa Reale che si è costruita. L’unica forma al Mondo di mercato trasformato in società in cui il peggio del nazionalismo si coniuga con il peggio dell’economia finanziaria globalizzata. Il discorso della Presidente è da gestore per conto terzi di una holding di franchising. Abusa di termini che meglio figurerebbero in un consiglio di amministrazione che in un’aula parlamentare. Ci parla di ‘interoperabilità”, di “connettività denominata Gateway globale” e così via. Discorso immaginifico tanto caro alla impresa che si è appropriata del Mondo. Usa questi termini intorno ai veri core business del suo discorso, per stare al suo linguaggio e, soprattutto, al suo senso. Difesa europea e accordi commerciali per aree di influenza sono le due scelte di fondo che Von der Leyen propone per la UE in un Mondo che definisce di ipercompetitività. Con accento critico cui non corrisponde niente se non la regola commerciale come garante di equità e diritti.
Parlare di difesa europea dopo la fine della presenza USA in Afghanistan ha un senso preciso. Sfuggire alle proprie responsabilità. Al proprio accodamento subalterno ma complice e connivente alle guerre che hanno alimentato il complesso militare e industriale USA vero dominus del trentennio. Non a caso nato e sostanziatosi nella guerra al Comunismo che ha distrutto le speranze della vittoria contro il nazifascismo. Per questo il revisionismo sulla nascita della Europa, va insieme alla rimozione delle responsabilità sulle guerre e alla proposizione di una difesa europea che fa esattamente ciò che si denuncia per gli altri e cioè partecipare alla ipercompetitività. Non la difesa europea è mancata ma una politica di cooperazione, pace nella giustizia che la UE non ha fatto partecipando e promuovendo in proprio le guerre. E le aree di influenza del Gateway globale sono la scimmiottatura degli altri ipercompetitivi. Ammantata di buoni propositi su diritti, clima ecc su cui, come su tutto il resto il discorso brezneviano non presenta consuntivi reali. In realtà sono i migranti da contenere e le frontiere da esternalizzare il vero dominus, il cuore del consenso al governo dell’Europa Reale fondato sul patto tra tecnocrazie e nazionalismi.
Tutte le misure prese in pandemia stanno nel quadro del fondamentalismo ideologista di mercato di Maastricht, sospeso nei tratti più assurdi, ma incombente. La parola transizione, coniugata con tecnologie sempre più in mano ai predatori garantiti dalla proprietà su conoscenza e tecnologie, copre quella che rischia di essere l’ennesima feroce ristrutturazione capitalistica.
Molto di questo discorso di Van Der Layen, e molta della UE Reale, poggiano sull’ordoliberalismo tedesco, con una componente moralistica tardo protestante che diventa pura ipocrisia col passaggio all’ipercapitalismo dell’epoca che viviamo da 30 anni. Il peso ai comportamenti dato nella vicenda pandemia sorvolando sulle leggi e sulle responsabilità degli organi istituzionali ridotti a enti trattanti coi possessori dei brevetti è emblematico di ciò. Ursula Von der Leyen ha fatto trattative secretate con le multinazionali dei vaccini. I Parlamenti sono pura cassa di risonanza. Neanche la discussione scientifica li ha coinvolti. Si è fatta fuori e subordinata alle trattative commerciali. Infatti la UE ha già acquistato miliardi di nuove dosi, a prezzi accresciuti, senza discussione istituzionale sulle terze dosi, ma è contro la moratoria sui brevetti. Io, da Parlamentare Europeo, ho fatto una vera discussione scientifica e legislativa sul cambio climatico e posso dire che niente di paragonabile è stato fatto per la pandemia. Come posso dire che le regole di mercato e non solo il negazionismo di Trump hanno boicottato il pacchetto clima che avevamo approvato. Come oggi la guerra alle misere misure climatiche la fanno i padroni dell’energia liberalizzata e privatizzata con l’aggressione tariffaria. Ma la Presidente non ne parla.
Si chiama democrazia e non è la vuota retorica finale del discorso dell’Europa Reale ma è il vulnus sempre più grave e insopportabile che chiede una rottura profonda con gli assetti attuali.
Che sono quelli per cui la Presidente fa la trattativa con le multinazionali e i governi procedono, in Italia più che altrove, per decretazione esecutiva. Una ulteriore versione dell’intergovernativismo funzionalista che si interseca con i poteri economici e tecnicizza e sequestra la conoscenza. Per altro con le figure apicali, ancora più che presidenzialiste, che che si trincerano riducendo tutto il resto a intercapedine. La descrizione entusiastica che fa il Corsera di Draghi come espressione plastica di ciò è significativa. Qualcosa che sta tra il CEO di una multinazionale e un sacerdote di Maastricht.
Tutto ciò è un ancien regime postmoderno che chiede appunto la rottura. Magari fatta da quei giovani che vengono pelosamente evocati e che sono la generazione con meno futuro dai tempi della Guerra mondiale.