editoriali

L’Italia pacifista vada in Europa

di Roberto
Musacchio

L’altra Europa con Tsipras fu un’intuizione importante. Fare della lotta all’austerità il marchio della propria identità politica connessa ad una fase oltre che ad una elezione. Farlo dandosi una dimensione direttamente europea. E prendendo a riferimento quella sinistra, Syriza, e quel Paese, la Grecia, che erano il cuore del sadico “esperimento” della austerità e della resistenza. Syriza con quella lotta diveniva da piccolo partito radicale la prima forza della Grecia rovesciando storiche gerarchie con la destra e a sinistra. L’Italia vedeva la sua sinistra sconfitta dalle politiche di neo liberismo concertato tra centro sinistra, centro destra e tecnici riprendere un ruolo comprensibile ed utile. La proposta di Tsipras candidato alla presidenza della Commissione europea venne sostenuta dall’Italia e in Italia si realizzò in una lista politicamente chiara, larga ed efficace. Intendiamoci, il 4% preso era ben lontano dai risultati greci ma tuttavia si tornava ad eleggere e ad avere una attualità politica non autoreferenziale. Tsipras chi? ricordo che tanti dicevano e altri criticavano il “Papa straniero”. Bastò qualche venuta fisica e televisiva di Alexis per dare slancio ad una proposta che godeva anche di appoggi intellettuali e di movimento importanti.

Oggi è la Pace ciò su cui dall’Italia dovrebbe venire un contributo importante. Naturalmente l’austerità che sta tornando resta centrale. Come lo è la lotta alle nuove destre. Ma è la guerra la dimensione che sta cambiando la natura stessa della Europa e che “lega” anche le dimensioni sociali, politiche e culturali. l’Europa in guerra, perché tale è, recide le radici della lotta al nazifascismo, sdogana le destre, partecipa al suprematismo orwelliano, ripropone l’austerità.

La lotta alla guerra è meno chiara in Europa, anche a sinistra. C’è smarrimento ideologico e politico. Si è a volte subalterni alle accuse di putinismo. Si sottovalutano le connessioni, tanto più quando si pensa di “privilegiare” i temi sociali.
Come se Lenin non l’avesse messa, la pace, al primo punto della sua piattaforma rivoluzionaria. Invece è la guerra che oggi opprime i popoli, tutti e quelli europei duramente.

Colpisce questa timidezza delle sinistre europee. Eppure mai come oggi i grandi soggetti si definiscono in primo luogo su cosa fanno sulla guerra. Per attizzarla ancor più come Russia, USA, NATO e UE. Per spegnerla come Cina, Vaticano, Brasile.
Ecco, soprattutto Lula mi sta colpendo. Un leader fortemente “sociale” sta dando al suo terzo mandato un profilo di protagonismo politico globale più accentuato che mai. Sente che se non si sconfiggono la guerra, e i “signori delle armi”, la vita dei popoli sarà a repentaglio e i granai si svuotano. La fame è oggi anche fame di pace.
Lula si muove come colomba che sa di stare tra serpenti e non lesina intelligenza.

In Europa c’è bisogno di chi sappia assumere questo ruolo. In Italia, dove non c’è niente di paragonabile al grande movimento francese sulle pensioni perché la sconfitta sociale è pesantissima, pure sulla pace si muovono forze significative. Politiche, sindacali, religiose, storiche. L’Anpi per la pace è quella forza che difende il carattere fondativo ed attuale del 25 aprile e dell’antifascismo. E anche il 25 aprile le piazze si sono riempite.

Ora c’è la catena umana promossa da intellettuali pacifisti. E gli stessi referendum contro l’invio di armi, pur tra limiti e problemi, hanno l’intento di restituire al popolo, e al Parlamento, la sovranità sulla pace che le decretazioni hanno lacerato, addirittura secretando ciò che si invia. E che altri Paesi Nato, a partire dalla Turchia così coccolata, non mandano così come altri Paesi UE, quali l’Austria e non solo l’Ungheria. Forse l’obbligo internazionale è meno chiaro costituzionalmente di quanto si voglia far credere visto l’art 11.

Tutto ciò è ancora troppo altalenante, discontinuo, frammentato.
Ci vorrebbe una scelta politica forte di accompagnamento.
Fare della pace il tema di identità che unisce un campo di forze politicamente e, perché no, elettoralmente. Le classi dirigenti europee hanno scelto la guerra. Il Parlamento europeo è ridotto ad una grancassa bellica. In Italia la guerra unisce destre e PD.

Sarebbe utile che dall’Italia arrivasse una sfida politica ed elettorale pacifista alle dirigenze UE. Utile per l’Europa e per l’Italia. Forse riconsegnerebbe alla nostra sinistra sconfitta e divisa un ruolo e, soprattutto, un protagonismo lungimirante.

Roberto Musacchio

pace, politica di sinistra
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