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La solita strada, la solita cronaca

di Marcello
Pesarini

“La solita strada, bianca come il sale, Guardare ogni giorno se piove o c’è il sole, Per sapere se domani Si vive o si muore E un bel giorno dire basta e andare via”.
Non ho trovato di meglio che usare le parole di Luigi Tenco per iniziare a raccontare a distanza di quasi un mese la morte di Matteo Concetti, l’ennesimo suicidio in carcere, avvenuto alla vigilia della Befana, il 5 gennaio 2024 a Montacuto, Ancona, 309 presenze di detenuti contro 256 posti, +17%.

Leggo pochi giorni fa all’apertura dell’anno giudiziario le parole del procuratore generale presso la Corte d’Appello di Ancona Roberto Rossi, che illustra i dati del sovraffollamento marchigiano, della carenza degli agenti di polizia penitenziaria del 34%, ma soprattutto punta il dito contro lo scarsissimo numero di Residenze per l’esecuzione di misure di sicurezza nella regione (REMS): solo 20-30 posti a Macerata Feltria, dove peraltro c’era un carcere a basso livello di pericolosità dedito alle colture agricole e chiuso con il provvedimento della spending review pochi anni fa.
Non riesco neanche a liberarmi dalle dichiarazioni di Adriano Baldoni, direttore del Dipartimento dpendenze di Ancona che dichiara che sono 296 i detenuti che nel 2023 hanno fatto ricorso alle loro cure.

E mi pongo una domanda: e se fossero loro, non i detenuti, ma chi ne organizza la vita, affidata dalla magistratura allo Stato, ad essersi assuefatti?
Se fosse ormai per loro naturale annotare, redigere relazioni, fornire dati su un sistema immutabile, che tante volte si è annunciato di dover cambiare per non provarci mai, se fosse usuale per il DAP, per il Ministero, annotare con diligenza le osservazioni che vengono loro fatte, per poi riportarle fedelmente nei convegni per dare segno di non avere trascurato nulla, ma di avere più che le mani, le menti legate?

Questa volta è iniziato tutto alle 14 circa del 6 gennaio, Epifania, quando la mia amica Ilaria Cucchi, senatrice di AVS, che frequento da una decina di anni, mi chiama e mi dice che a Montacuto c’è stato un suicidio. Lei non può venire. La madre di Matteo, Roberta Faraglia, è all’obitorio dell’INRCA, con gli altri familiari. Io dovrei andare ad assisterla, poi cercheremo un avvocato. Montacuto è sovraffollato, lo sappiamo, ma di questo ragazzo di 25 anni di cui non sapevamo niente, ora sappiamo solo che non c’è più. Roberta aveva cercato il numero di Ilaria perché Matteo le aveva detto ”Io farò la stessa fine di Stefano Cucchi”. Roberta ha chiamato, si arrovella e si arrovellerà tutta la vita, si interroga sui sogni premonitori di Matteo. Nel frattempo avevo trovato l’avvocato, aveva già lavorato con noi.
Vado all’obitorio, mi presento all’impiegato come incaricato dalla senatrice Ilaria Cucchi sentita anche da loro per telefono, entro. Su questo pomeriggio ho già pubblicato le mie impressioni, la condivisione del dolore con Matteo e famiglia su Ristretti Orizzonti, come volontario e conoscitore del sistema carcerario. La mattina dell’8 gennaio verrà disposto dal PM il sequestro della salma, perché prima ci sono stati giorni di festa.
Qui cominciano le domande su quanto chiamo incapacità ad opporsi, a cambiare.

Matteo aveva minacciato di uccidersi il giorno precedente, venerdì 4, se l’avessero riportato di sotto, in punizione, davanti ai genitori e alcuni agenti di Polizia penitenziaria.
Non avrebbe dovuto essere lì, perché il suo precedente legale, aveva inviato una PEC al Carcere di Montacuto il 28 dicembre per avvertire che era un detenuto psichiatrico e che necessitava attenzione.
Lo dicono l’amministratrice di sostegno Patrizia Schifi e l’avvocata Cinzia Casciani. Trasferito da Fermo (origini fermane-reatine), dove gli avevano revocato le misure domiciliari per qualche ora di ritardo, ad Ancona, per motivi di sovraffollamento. Già, perché il Dipartimento delle Marche è stato unificato a quello dell’Emilia Romagna, per cui anche le decisioni vengono prese con ancora minori serenità e mezzi.
Interviene l’Unione Camere penali di Ancona, avv. Francesca Petruzzo, a ribadire la necessità di governare i detenuti malati con la stessa se non maggiore attenzione con la quale dovrebbero essere curati i cittadini non sottomessi a giurisdizione penale.
Seguiranno interrogazioni, prese di posizione strutturate di Sinistra Italiana Marche e Antigone che lavorano in continuità su queste tematiche, un presidio organizzato dalla rivista anarchica Mala mente sotto gli uffici del Garante dei detenuti.

Già, il garante. Interverrà prontamente sulla stampa, parlerà di disagio che dalle altre regioni si scarica sulle Marche, anche perché la sede del DAP è lontana, è a Bologna.
Poi, mentre ha caldeggiato l’uso di Skype per le comunicazioni durante il lockdown, ha parlato e parla tutt’ora di nuove carceri e di misure alternative, di sovraffollamento e REMS da costruire.

A oggi, 31 gennaio, i morti nel carcere di Montacuto sono 3, gli altri due di malattia, è scoppiato un caso di tubercolosi e si lamenta anche l’andamento del riscaldamento.
Ma non è scattata un’inchiesta. Gli unici al lavoro sono i parlamentari di AVS e gli avvocati (c’è sempre un team di supporto, Antigone si mette sempre a disposizione).

Perché questa assuefazione ad un terribile, diseducativo, presente, che non possiamo pensare di non pagare in termini di inciviltà, sembra oramai ammantare anche l’associazionismo che non sia di diretta provenienza dalle sbarre, i sindacati, i partiti?

Per quanto riguarda il passaggio da OPG a REMS la Società italiana di psichiatria afferma che serva una revisione dell’attuale legge, 81/2014 e aprire un dialogo con la magistratura, essendo solo il decimo dei posti necessari forniti ai malati. Si parla anche di Centro per la profilazione ed analisi criminologica, ma qui c’è la professionalità, il decoro a spingere.
Non si vuole qui procedere alla specializzazione degli interventi. La preoccupazione di chi lavora tutti i giorni nel contesto dei detenuti affetti da vari disturbi, che non si abituerà mai alla sofferenza e alla morte, che non sono estranei alla società e non ne vanno messi al margine, dovrebbe solo indicare che l’assuefazione all’inedia e al senso d’incapacità, fa male a chi la pratica e non solo a chi la subisce come detenuto non rispettato.

Marcello Pesarini

carcere, REMS, suicidi
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1 Commento. Nuovo commento

  • Michelangelo Tumini
    08/02/2024 10:48

    Le tue riflessioni sono semplicemente perfette. Ieri sul Rai 3 ha telefonato un operatore sanitario che lavora nelle carceri e mi pare pure nei Cpr dicendo al conduttore di aiutare la diffusione di una proposta indirizzata ai medici dei Pronto Soccorsi. Proposta mirata a non redigere certificati medici in modo frettoloso quando la polizia, per obbligo di legge Bossi Fini, arrestano gli spacciatori di droghe, in particolare i poveri diavoli i quali non dovrebbero essere reclusi ma curati. I drammi sociali, purtroppo li si continua a volerli affrontare con l’uso del penale e col carcere, creando di fatto le condizioni per indurre al facile suicidio. Io l’ho sperimentato sulla mia persona
    Quando si sta male il cervello rifiuta persino i buoni consigli. Chi sta male è non riesce ad accettare di essere aiutato a perseguire un ciclo di cure fatto con le medicine appropriate e con l’aiuto psicologico costante e funzionale l’esito più ricorrente è il suicidio. Non è solo un problema di assegnazione, ma di un insieme di circostanze difficilmente risolvibili e ancora di più con norme penali e coercitive. La cultura per affrontare le difficoltà complesse di una realtà sociale in cui il buon vivere viene condizionato da fattori sociali, di salute, economici, di lavoro, di dignità è stata e sarà difficile ottenerla invocando riforme, quando occorrerebbe buon senso in ogni situazione. Comunque bravo e buon lavoro. Le cose che ho scritto falle arrivare anche alla Cucchi.

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