L’architetto Anna Rotellini è da molti anni funzionario della Regione Toscana e attualmente si occupa di Paesaggio e Urbanistica. Il suo impegno per le tematiche connesse alla disabilità, dalla quale è colpita in prima persona, si è da sempre tradotto in schieramento e battaglia a favore dei diritti delle persone con disabilità, in particolare attraverso gli strumenti delle proprie materie di competenza.
Cura un gruppo e una pagina facebook d’informazione relativa al tema dell’accessibilità dal nome “le ruote libere”.
Redazione: Recentemente hai rilasciato una intervista a Repubblica, nella cronaca di Firenze, in cui ha definito “scellerata” la scelta del governo Draghi di istituire un Ministero della disabilità: vorresti spiegare la scelta di un aggettivo così forte?
A. Rotellini: Scellerata in quanto è una scelta portatrice di un disvalore semantico divisivo che comunica la separatezza di una categoria rispetto al resto della società. Questa scelta avviene inoltre in un momento storico/culturale nel quale la disgregazione della cultura di valori condivisi, universali, cominciata decenni fa, ha preso una piega preoccupante che si esprime diffusamente, in particolare attraverso i social, spingendo verso un presunto diritto a odiare, dividere e segregare opinioni, sezioni della società, etnie.
Redazione: Dici che il Ministero attuale è “ancor più discriminatorio” del Ministero delle pari opportunità. Quali sono dunque gli appunti che fai a quest’ultimo?
Gli appunti al Ministero delle Pari Opportunità sono principalmente considerazioni sull’arco delle materie di competenza che ancora perdura attraverso un espressione degli uffici operativi sul territorio incentrata principalmente sulla difesa dei diritti di genere.
Nell’attività politica ci sono senz’altro molte persone che allargano il tema delle pari opportunità ai segmenti fragili della popolazione e lo riportano nel dibattito istituzionale. Questo è un conto; un altro è organizzare un sistema territoriale di uffici e istituzioni che affrontino le pari opportunità in termini di politiche integrate volte all’inclusione di tutti gli strati fragili della popolazione nel nome di pari diritti e pari opportunità, a cominciare dagli anziani. Invece c’è un’ampia fascia di frammentazione che genera non poche ambiguità.
Gli appunti a un Ministero della Disabilità sono invece quelli ai quali ho già accennato e cioè che quel nome trasmette un messaggio culturale distorto che affonda le proprie radici in tutte quelle dimensioni segregazionali o assistenziali che da periodi storici molto remoti pervadono la memoria collettiva, dal Monte Taigeto alle associazioni/azioni di tipo pietistico-assistenziale.
Alle obiezioni che vengono sollevate molti esponenti della Lega rispondono in primo luogo etichettando di sinistrorso l’interlocutore, poi sottolineano che nessuno ha mai sollevato obiezioni rispetto a un ministero delle pari opportunità: mi pare evidente che, anche sotto il profilo del significato letterale dei termini, un ministero della disabilità sia ascrivibile a un ministero dei neri o dei gialli o degli omosessuali o degli ebrei. Mi chiedo se certe persone si rendono conto di cosa parlano e del significato delle parole anche nell’ambito del Diritto.
Redazione: Dunque immagino che il Ministero della famiglia e della disabilità del governo rosso-verde sia stato un approccio che trovi ancora più condannabile…
A. Rotellini: Senza alcun dubbio, in quanto sottolineava attraverso l’associazione semantica del termine famiglia a quello di disabilità, la predominanza di un controllo sociale, a partire proprio dall’istituzione famiglia, rispetto ai concetti di autonomia e autodeterminazione delle persone con disabilità. Diritto all’autonomia e all’autodeterminazione, nel rispetto dei diritti civili di tutti, dovuto a chiunque appartenga al genere umano, non solo ai disabili.
Inoltre l’allora ministro Fontana era notoriamente un sessista, omofobo, antiabortista dichiarato, non vedo cos’altro potesse esprimere sulla disabilità rispetto a quello che ho appena descritto, ameno di non contraddire i principi dei quali era portatore.
Intendiamoci, la famiglia è un istituzione fondamentale nel percorso di autonomia e autodeterminazione della persona con disabilità, in particolar modo per tutte quelle disabilità gravissime e/o di tipo cognitivo che necessitano di una chiara prospettiva nell’ambito del “dopo-di-noi” ma si può rivelare anche enclave di iperprotezione e controllo della persona con disabilità che può venir cresciuta nella convinzione di non poter sviluppare alcuna autonomia e quindi di poter sperare solo nella bontà d’animo di associazioni e istituzioni.
Se questa forma educativa distorta è attualmente ben visibile in molti atteggiamenti degli strati giovani della popolazione dei cosiddetti “normodotati”, figuriamoci cosa possono diventare certe nevrosi di fronte a una persona disabile.
Redazione: Potresti spiegarci la tua visione di “disabilità” o -per meglio dire- di persone, di cittadini con disabilità?
A. Rotellini: Sono persone che hanno limitazioni fisiche o diversità comportamentali che presuppongono la realizzazione di un ambiente e di una comunità di appartenenza inclusivi, né più meno come ne necessitano persone anziane, bambini, disabili temporanei, genitori con neonati e passeggini o persone provenienti da ambienti e culture lontanissime dalla nostra.
Le tecnologie per realizzare questo tipo di inclusività esistono e si evolvono in continuazione, quello che manca è una cultura dell’inclusività.
Redazione: La costituzione di un Ministero della Disabilità a me fa pensare alla politica tipica della Lega, un neo corporativismo fatto di interessi particolari giocati contro altri interessi particolari. Mi dicevi poi che molti e molte disabili vedono positivamente la cosa. Ne individui i motivi?
A. Rotellini: Credo che i motivi radichino in quella formazione educativa alla quale ho già accennato e che presuppone anche all’interno della famiglia un indirizzo culturale volto alla richiesta verso le istituzioni di assistenza e protezione.
E’ ovvio che le istituzioni debbano fornire tutto il supporto e la competenza necessari alla trasformazione inclusiva dell’ambiente e alla propagazione di una cultura dell’inclusione ma anche su questo leggi e mezzi ci sono, quello che manca è una cultura dell’inclusione, e in questo, come tu dici, non mi pare che la Lega promuova politiche particolarmente coesive, per usare un eufemismo.
Redazione: Pensi che questo arretramento investirà il patrimonio di riflessione, di critica e di propositività delle associazioni, dei comitati e delle realtà organizzate per i diritti delle persone con disabilità?
A. Rotellini: Lo spero, in senso positivo ovviamente. Ci sono ancora associazioni che al di là delle missions declamate nei loro statuti si fermano a batter cassa ognuna pro domo sua. Alcune associazioni reclutano fondi per portare avanti singoli progetti di accessibilità, anche rispettabili, ma che senza un’azione di diffusione informativa e coordinamento rimangono spesso patrimonio di pochi interessati. Inoltre, dai confronti avuti con alcune associazioni, non risulta assolutamente chiaro, anche per la maggior parte degli interessati, che l’accessibilità è un sistema a rete, materiale e immateriale che investe il territorio con le proprie infrastrutture e nel quale il superamento delle barriere architettoniche e sensoriali è solo un aspetto. La maggior parte degli interventi sul territorio sono volte al superamento di una o più barriere fisiche o sensoriali separate, operate a macchia di leopardo sul territorio. Occorre invece un’ottica programmatoria che investa in maniera trasversale tutta la filiera di azioni pianificatorie, programmatiche e operative che fanno capo al governo del territorio, dalla pianificazione di più alta scala, a quella settoriale, all’appalto e realizzazione di opera pubblica.
Redazione: Rimandando a un prossimo incontro una valutazione sulle associazioni, cosa dovremmo fare come cittadini per contribuire a contrastare questo arretramento?
A. Rotellini: Continuare a chiedere con forza un ambiente migliore e inclusivo per il nostro futuro, interrogarsi su come la mancanza di politiche integrate porti nel nostro paese a uno spreco enorme di fondi e di energie e a una moltiplicazione di feudi di piccoli poteri, oltre a quelli di grande caratura, che fanno da attrito a qualsiasi iniziativa d’innovazione. Più semplicemente rendersi conto che ognuno di noi, nella propria vita, incontrerà prima o poi forme di disabilità temporanea o permanente, anche solo per la condizione umana della vecchiaia, che impatterà su un ambiente non inclusivo e molto pericoloso sotto il profilo epigenetico a causa della azione di spreco di risorse e modificazioni ambientali e dai consumi. Una azione che perdura ormai da secoli in nome di un benessere diffuso che è ben lontano dall’essere raggiunto.
E’ in questo quadro di corsa incosciente verso il baratro che si inquadra anche quell’opinione comune distorta sulla disabilità, rafforzata da una rincorsa dell’effimero plastificato che disegna la facies di molte persone.
Redazione: Ti ringrazio a nome di transform! italia per questa conversazione e mi auguro che non mancherai di tenerci aggiornati sui futuri sviluppi o anche di approfondire un tema che come ci hai fatto comprendere è complesso e strettamente legato alla qualità dell’amministrazione. Grazie ancora per il tuo tempo e la tua disponibilità.