Domenica 2 aprile, la Ministra del lavoro spagnolo Yolanda Diaz ha tenuto l’atteso meeting di lancio ufficiale del suo movimento “Sumar”, al Polideportivo Magariños di Madrid. 3.000 persone sono riuscite ad assistere all’interno del complesso mentre altre 2.000 sono rimaste fuori. L’incontro ha avuto un ampio rilievo mediatico. Yolanda Diaz ha dichiarato di voler diventare la prima capa di governo donna della Spagna.
“Sumar” ha sviluppato nei mesi scorsi numerosi incontri di “ascolto” in tutto il Paese, al fine di elaborare un progetto politico che possa avere credibilità di governo, al quale hanno lavorato 35 equipe espressione di forze politiche, intellettuali e quella che viene identificata come “società civile”. Verso queste realtà, attive sui problemi del paese e vicini agli interessi delle persone, ma lontane dalle strutture politiche esistenti, era rivolto soprattutto l’iniziativa di Yolanda Diaz.
Il suo discorso che vuole tenere insieme, come ha detto, “immaginazione e tenerezza”, si propone di delineare una prospettiva riformatrice e di superamento del paradigma liberista, che è indubbiamente in crisi ma che resta politicamente forte. Per questo la sfida deve avvenire innanzitutto sul terreno dei rapporti di forza politici.
Il progetto, che “Mundo Obrero” definisce “di classe e femminista”, consiste in una serie di proposte concrete di miglioramento delle condizioni sociali delle classi popolari con un’attenzione particolare alla sanità pubblica, di cui si prevede l’estensione a quella dentistica e oculistica e anche supporti per la salute mentale. Yolanda Diaz ha parlato della democrazia economica nei posti di lavoro, della riduzione dell’orario di lavoro senza riduzione del salario, per “lavorare meno e vivere meglio”. C’è bisogno – ha spiegato la leader di Sumar – di definire una nuova “carta dei diritti”: diritti e libertà per i giovani, affinché abbiano futuro e alternative; per le donne affinché possano abortire in centri pubblici in modo libero e gratuito; per progredire nei diritti del mondo LGTBI; per i migranti, “perché nessuno deve morire perché cerca un mondo migliore”.
Questo programma di rivendicazioni viene reso credibile dalle scelte politiche già compiute da Yolanda Diaz in qualità di Ministro del Lavoro in materia di salario minimo, di pensioni e soprattutto “l’unica riforma del lavoro fatta in questo paese che non ha ridotto i diritti dei lavoratori”. Per questo ha criticato la posizione contraria presa dal partito indipendentista catalano, ERC, che ha votato contro assieme ai Popolari e a Vox.
Attorno al progetto di Sumar si è finora raggruppata una parte della sinistra organizzata in formazioni politiche. Yolanda Diaz ha ringraziato particolarmente il leader di Izquierda Unida Alberto Garzon e il segretario del Partito Comunista Enrique Santiago, come Ada Colau, sindaca di Barcellona, che guida En Comù Podem, e il sindaco di Valencia Joan Ribó i Canut, espressione del movimento Compromìs, che unisce nazionalisti, ecologisti e sinistra locale. Sono avviati buoni rapporti con Mas Pais, il partito nato da una scissione di Podemos, guidato da uno dei suoi fondatori Íñigo Errejón.
Restano complicati invece i rapporti con il partito fondato da Pablo Iglesias e oggi guidato da Ione Belarra e Irene Montero. Podemos non ha partecipato al lancio ufficiale di “Sumar”. Il problema di fondo è stato evidenziato da un intervento di Iglesias sulla rivista web Ctxt nel quale ha esposto le sue “otto tesi” per l’unità e il fronte ampio. Dopo aver abbandonato il governo, Iglesias non ha più incarichi politici ufficiali ma resta evidentemente una personalità politica influente nel partito.
Iglesias conferma nel suo articolo che non esistono significativi disaccordi programmatici con il movimento promosso da Yolanda Diaz ma che è aperto il tema dei rapporti e dei ruoli tra le diverse forze politiche che al momento fanno parte di Unidas Podemos (principalmente Podemos, IU e En Comù Podem) e le altre che potrebbero associarsi al progetto di confluenza (Mas Paìs e Compromìs). Podemos teme evidentemente di essere sottodimensionato nella ripartizione delle candidature per le elezioni amministrative locali di fine maggio e soprattutto nelle elezioni politiche che si terranno alla fine del 2023. In mancanza di preferenze espresse dagli elettori (non previste dal sistema elettorale spagnolo) diventa decisiva la formulazione delle liste. In Unidas Podemos il partito fondato da Iglesias aveva un ruolo predominante sulla base dei risultavi ottenuti rispettivamente da Podemos e Izquierda Unida quando si erano presentati divisi (grosso modo 20% il primo e 3% la seconda). Ora però quei rapporti di forza elettorali non sono più tanto facilmente individuabili. Podemos ha sicuramente perso peso e influenza essendosi costruito attorno ad un discorso populista (popolo contro casta) che oggi, in un contesto economico-sociale diverso e con lo stesso partito che ha acquisito ruoli di governo, non ha più la stessa centralità.
Di fronte al rilevante ruolo mediatico di Yolanda Diaz, Podemos ha cercato di trovare un proprio spazio sottolineando le iniziative sui diritti civili (la legge “solo sì es sì”) con una differenziazione più esplicita sulla questione della guerra e mantenendo talvolta accenti polemici nei confronti dei socialisti di Pedro Sanchez. Yolanda Diaz ha invece preferito mantenere la propria iniziativa principalmente sulle questioni sociali, consapevole che sulla politica estera si aprirebbe uno scontro non mediabile con i socialisti, e di puntare ad una immagine fortemente unitaria piuttosto che di contrasto interno alla maggioranza che governa il Paese.
Per risolvere il problema dei rispettivi rapporti di forza all’interno di una potenziale coalizione di sinistra radicale, Iglesias propone lo svolgimento di primarie aperte a chiunque desideri parteciparvi, “come in Italia”. Ha anche richiamato le esperienze latinoamericane che hanno consentito larghe convergenze unitarie. Ha ricordato il Cile, paese nel quale la candidatura comune alle elezioni presidenziali è stata decisa da votazioni nelle quali si sono confrontati Gabriel Boric e Daniel Jadue, con la vittoria del primo che poi è diventato Presidente del Cile e con un governo che vede in un ruolo di primo piano la comunista Camila Vallejo.
Mancano ancora diversi mesi alle elezioni politiche e quindi c’è sicuramente tempo per trovare una soluzione ma è evidente che, per costruire una dinamica positiva a sinistra, condizione indispensabile per evitare che la Spagna si ritrovi con un governo che veda la presenza dell’estrema destra di Vox, sarebbe opportuno che l’intesa non arrivasse all’ultimo momento.
Sicuramente una influenza importante l’avranno le elezioni amministrative di fine maggio. Il quadro che emerge finora è piuttosto frastagliato. Si sono stretti accordi tra Izquierda Unida e Podemos in Cantabria, Navarra, La Rioja, Extremadura, Madrid, Castilla La Mancha, Murcia, Baleari e Canarie. In Asturia e Aragona IU ha formato alleanze elettorali ma senza Podemos. Si sta ancora lavorando per raggiungere un accordo nel Paese Valenziano. In quest’ultimo, come a Madrid, Mas Paìs e Compromis hanno rinunciato a stringere accordi con IU e Podemos. In alcune situazione come Malaga, dove governa la destra, si è arrivati ad un’intesa in extremis. In diverse comunità importanti come Galizia, Euzkadi, Catalogna e Andalusia non si voterà in questa tornata.
In sostanza la sinistra a sinistra del PSOE non si presenta a questa scadenza con un progetto unitario. Non c’è dubbio che laddove le varie forze scendono in lizza in contrapposizione tra loro, l’esito del voto potrà determinare i rapporti di forza in vista delle elezioni politiche. Podemos teme di pagare il prezzo più alto in questo conflitto, ma punta a confermare un proprio ruolo primario. Ma è possibile che la ricaduta elettorale derivante da questi conflitti interni, molto amplificati dai media come è inevitabile, sia negativa per tutti. Speriamo che così non sia.
Franco Ferrari