Heinz Bierbaum*
Un paese dopo l’atro si rinchiude. Il caso il più significante in Europa è quello italiano. Ma dopo un’esitazione abbastanza lunga adesso gli altri paesi seguono l’esempio italiano. Anche da noi in Germania delle misure veramente drastiche vengono implementate. La vita pubblica è morta. La gente è costretta di restare a casa. I ristoranti e i bar sono chiusi. Perfino le grandi imprese automobilistiche, il cuore dell’industria tedesca, riducono drasticamente la produzione o chiudono. Tutte queste misure hanno l’obiettivo di frenare il contagio del virus e di arginare l’epidemia. Ma nessuno sa fino a quando queste misure devono restare in vigore. La politica rimane perplessa.
Tantissima gente è colpita, in particolare i poveri. Quelli chi lavarono sotto condizioni precarie, come per esempio i lavoratori intermediari, sono i primi chi perdono il posto di lavoro. Ma anche gli altri sono minacciati. Particolarmente colpiti sono quelli chi lavorano nella gastronomia e nei servizi privati, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. Il governo tedesco ha deciso dei sussidi finanziari per queste tipologie colpite della crisi, per le imprese e i lavoratori. Per questo ha agevolato e allargato le condizioni per la “Kurzarbeit” (la cassa integrazione tedesca).
Si tratta di una crisi enorme che ha delle conseguenze veramente molto gravi per l’economia e la vita quotidiana. Ma questa crisi rende evidenti i grandi deficit del nostro modello di sviluppo. A causa della politica neoliberista e le sue privatizzazioni il nostro sistema sanitario non corrisponde alle esigenze poste dalla crisi che ha causato questo virus. Certo, la situazione tedesca è forse un po’ meglio rispetto agli altri paesi europei, ma anche in Germania le capacità sanitarie non sono sufficienti. Sono in atto degli sforzi per creare più capacità di assistenza per gli ammalati di Corona virus, ma si sfiora i limiti.
Malgrado tutto dobbiamo dire che le misure assunte dal governo tedesco sono inadeguate, sia sul piano sanitario, che sul piano economico. È ovvio che il dominante principio del pareggio di bilancio deve essere sospeso e che lo stato deve indebitarsi per combattere questa crisi. Il ministro dell’economia tedesco ha dichiarato che i soldi non mancheranno. Fino adesso però gli stanziamenti finanziari sono insufficienti. E il ministro delle finanze vuole di nuovo un bilancio dello stato senza nuovi debiti il che è veramente grottesco.
Ogni paese europeo va da solo. Ci sono intenzioni sì di affrontare questa crisi da parte dell’Unione Europea ma manca un coordinamento europeo efficace. È evidente che occorre una politica europea per quanto riguarda la lotta contro questa crisi che non conosce frontiere. In primo luogo il patto di stabilità deve essere sospeso. Occorrono aiuti economici per gli stati i più colpiti. Anche la BCE deve assumere la sua responsabilità e fare una politica monetaria per affrontare le conseguenze della crisi e per evitare ogni speculazione finanziaria.
In questa crisi ci sono anche in atto dei tentativi di peggiorare le condizioni di lavoro sospendendo per esempio i contratti collettivi, abbassando i salari o rendendo più flessibili gli orari di lavoro. Proprio in questa crisi però i diritti dei lavoratori devono essere rafforzati perché hanno bisogno di una protezione più forte.
Per la sinistra questa crisi, che fa evidente i deficit e i limiti del nostro modello economico e sociale, deve essere un punto di partenza per lanciare l’idea di un’altra politica. Una politica che, sia sul livello nazionale che sul livello europeo, deve essere cambiata radicalmente. È ora che al livello europea la politica d’austerità venga dismessa a favore di una politica attiva nell’interesse della gente, con investimenti pubblici in settori che sono importanti per lo sviluppo sostenibile della società. Occorre una offensiva per il miglioramento dei servizi pubblici. Attualmente i deficit nel settore sanitario sono evidenti. Abbiamo bisogno delle strutture efficienti, di più addetti con un salario migliore e con condizioni di lavoro umane. Quello che è ovvio per il settore che oggi sta nel focus pubblico vale anche per gli altri settori.
Non c’è dubbio, delle misure drastiche per arginare la pandemia sono necessarie. Dall’altro lato però lo stato d’emergenza non deve essere strumentalizzato per ridurre i diritti civili e di introdurre forme autoritarie permanenti. E si deve fronteggiare ogni tentativo di usare la crisi per propagare una politica xenofoba e razzista. La crisi deve essere presa di coscienza per riflettere sul modello economico e sociale esistente. Si deve cambiare rotta verso una politica attiva orientata al bene comune cominciando con una protezione efficace della gente colpita da questa pandemia.
*Presidente del Partito della Sinistra Europea