editoriali

Le belle statuine

di Roberto
Morea

di Roberto Morea –

La presenza dei rappresentanti italiani nelle istituzioni europee è davvero un elemento che meriterebbe un’attenta valutazione.

L’eurogruppo tenuto lunedi sembra dimostrare che in realtà una sagoma di cartone al posto del Ministro Italiano avrebbe portato a casa più o meno le stesse pacche sulle spalle e i tanti attestati di stima che l’Italia ha ricevuto in questa occasione.

Attestati di stima e diritto alla flessibilità che sono il presupposto per fare ognuno per sé piuttosto che una vera e propria assunzione di responsabilità collettiva.

Tant’è che l’Italia, il paese più colpito dalla pandemia e che si appresta a superare in deceduti e contagiati la stessa Cina, invece che chiedere conto sulle misure europee da adottare e cercare di imporre un’agenda di riforme sociali, porta a casa la disponibilità dell’Unione Europea di farci spendere in debito non più 7,5 miliardi ma ben 25.

Peccato che la Germania, che di morti e contagiati ne conta un terzo ne abbia messo in campo 550 e la Spagna che di contagi ne conta meno della metà abbia annunciato una spesa di 200 miliardi di euro.

Certo davvero non abbiamo cuor di leoni e se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare, certo contano i rapporti di forza, tutto quello che volete, ma davvero mi sarei aspettato di più da un governo che si trova di fronte alla più grande catastrofe umanitaria del dopoguerra europeo e che deve affrontare quello che sta succedendo nel nostro paese anche come esempio e a salvaguardia di tutti i cittadini europei.

Ma se la Spagna, non dico la Germania, mette in campo quasi 10 volte ciò che mette il governo italiano, se le regole di austerità ora non valgono più, quale misteriosa potenza impedisce ai rappresentanti italiani di alzarsi in piedi e guardare gli altri alla stessa altezza?

Chiunque si ponga questa domanda dovrebbe ricordarsi che il governo in carica ha scelto come ministro economico un “politico” finendo con la stagione dei banchieri e dei cosiddetti tecnici.

Un politico che ha, politicamente parlando, una madre e un padre. La madre è l’Europa con la quale si intrattiene per un lungo svezzamento, spesso in compagnia di Guy Verhofstadt, non l’Europa di Spinelli ma quella che da matrigna si prende cura in modo differente dei propri figli, il padre è il Partito Democratico, dal quale ha assunto la postura e l’atteggiamento servile e accondiscendete.

Certo dopo tanta “educazione” è difficile immaginare uno scatto di orgoglio e un cambio di rotta malgrado il vento in Europa e nel mondo stia cambiando.

La crisi del 2008 è stata affrontata con l’emissione di una montagna di soldi stampati di fresco per salvare le banche. Oggi la Banca Centrale Europea non si arma in difesa delle persone in carne ed ossa. La richiesta di avere un intervento alla pari se non superiore, di quello fatto per una crisi che non è solo sanitaria, ma impatterà sulla dimensione economica.

Molte sono le fabbriche che si stanno chiudendo in Italia, ma anche in Germania, nella Repubblica Ceca, in Austria sono molte le industrie che temporaneamente hanno deciso di chiudere.

La questione è quindi non nazionale, e mai prima d’ora la dimensione europea sembra essenziale,

Sarebbe fin troppo facile che ciò che sta succedendo cambierà il futuro delle nostre condizioni di vita in modo permanente. Non sarà una parentesi, una situazione temporanea, finita la quale tutto riprenderà come prima.

Il punto è, come sempre, poter uscire dalla crisi con politiche di sostegno alle persone e non alla finanza e alle imprese.

Saranno capaci i nostri eroi o faranno come al solito le belle statuine?

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