Processi di breve, medio e lungo periodo determinano l’andamento generale dell’economia globale, delle sue trasformazioni.
Di medio-lungo periodo è la competizione strategica tra stati Uniti e Cina, mentre nel breve la stretta creditizia e monetaria per contrastare i processi inflattivi negli USA preannuncia un possibile brusco rallentamento dell’economia -molto più drastico nell’Unione Europea- in Cina la politica Zero-Covid ha avuto effetti devastanti sull’economia, tanto da portare ad un suo sostanziale abbandono e ribaltamento nelle ultime settimane1; ciò nonostante le previsioni di crescita per tutto il 2022 si attestano tra il 2,8 ed il 3,2% il livello più basso dal 1976.
Le vendite al dettaglio sono diminuite del 5,9% il mese scorso rispetto a un anno fa, secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica. È stata la peggiore contrazione della spesa al dettaglio da maggio, quando i diffusi blocchi Covid hanno colpito l’economia. La produzione industriale è aumentata solo del 2,2% a novembre, meno della metà della crescita di ottobre. Gli investimenti nel settore immobiliare, che rappresentano ben il 30% del PIL cinese, sono crollati del 9,8% nei primi 11 mesi dell’anno. Le vendite immobiliari per valore sono crollate di oltre il 26%. La disoccupazione è peggiorata, salendo al 5,7% il mese scorso, il livello più alto in sei mesi2
Le problematiche più gravi per il governo della pandemia in Cina sono costituite dal più basso livello di protezione garantito dai vaccini di produzione nazionale ed il basso livello di vaccinazione nella parte più anziana della popolazione.
La Cina ha definito nuove linee guida per l’economia3, una nuova strategia volta ad espandere ulteriormente la domanda interna con l’obiettivo di incrementare sia il livello dei consumi che degli investimenti entro il 2035, secondo il paradigma di sviluppo a “doppia circolazione” che pone l’enfasi sullo sviluppo interno a fronte di un contesto globale sempre più complesso ed instabile. Si tratta della proiezione sino a metà degli anni trenta di un cambiamento di rotta già deciso che rompe con lo schema della Cina quale ‘fabbrica del mondo’, di un mondo nel quale gli Stati Uniti erano parte principale; il cosiddetto decoupling tra le due grandi potenze che si giocano l’egemonia sul mondo, posto che una tela egemonia sia ancora possibile.
I dati riportati dall’articolo citato confermano il ruolo cresce dei consumi interni. “Secondo le linee guide, la spesa per consumi finali in percentuale del PIL è rimasta al di sopra del 50% in Cina per 11 anni consecutivi e le vendite di nuove auto in Cina si sono classificate al primo posto nel mondo per 13 anni consecutivi.
Nuove forme e modelli di consumo si stanno sviluppando rapidamente. Nel 2021, le vendite al dettaglio online hanno rappresentato il 24,5% delle vendite al dettaglio totali e la spesa pro capite nel settore dei servizi ha raggiunto il 44,2% della spesa totale.”
In realtà il processo di urbanizzazione, di sviluppo dei consumi interni e di trasformazione della loro composizione ha prodotto una bolla immobiliare-finanziaria che ha portato al default il secondo gruppo immobiliare Evergrande4, punta di una crisi generale del settore, che lasciava una massa di acquirenti di nuove case gravati dal pagamento di ipoteche mentre gli appartamenti rimanevano incompiuti a causa delle difficoltà dei costruttori. La risposta è stata l’indicazione da parte della banca centrale alle banche5 di facilitare l’emissione di crediti per l’acquisto di nuove abitazioni e la riduzione dei tassi sull’acquisto di prima casa, vale a dire il 90% del mercato.
Tuttavia la crisi non è superata “Ma il crollo immobiliare è persistito, poiché gli acquirenti si sono ritirati dal mercato a causa dell’economia debole e dei rigidi freni al Covid. A ottobre, le vendite dei 100 maggiori sviluppatori immobiliari si sono contratte del 26,5% rispetto a un anno fa, secondo un sondaggio privato di China Index Academy, una delle principali società di ricerca immobiliare. Finora quest’anno, le loro vendite sono diminuite del 43%.”
Il Congresso del Partito Comunista Cinese ha suggellato il potere personale del riconfermato segretario Xi Jinping presidente della Repubblica, segretario del partito e presidente della Commissione Militare Centrale, tuttavia le difficoltà incontrate nel governare la pandemia -tutt’ora irrisolte- evidenziano anche le contraddizioni di questa straordinaria concentrazione di potere a fronte delle contraddizioni e delle trasformazioni radicali in corso nella formazione sociale globale.
Lo sviluppo dei consumi e degli investimenti interni, sostenuto anche da investimenti diretti esteri, si coniuga con lo sviluppo della cosiddetta ‘Nuova via della seta’ che punta a garantire l’approvvigionamento di materie prime strategiche a partire d quelle agricole ed energetiche, oltre che alla penetrazione nei mercati, africani e latino-americani in particolare, sostenuto dalla creazione di nuove infrastrutture produttive e logistiche.
Il possibile sorpasso della propria potenza economica da parte della Cina costituisce l’orizzonte col quale si confrontano le scelte strategiche dei governi e delle classi dirigenti statunitensi, sempre di più una vera e propria ossessione.
La potenza militare, il complesso militare-industriale degli USA è di molte volte maggiore rispetto a quello Cinese, nella sua capacità di intervenire su tutte e regioni del globo, tuttavia la proporzione non è incommensurabile ed il confronto è aperto. Il proseguimento del confronto in Ucraina, a seguito dell’invasione russa, il dispendio di munizioni e mezzi militari di cui non si intravede la fine, dimostra anche la difficoltà a tenere aperti diversi fronti; la pressione cinese su Taiwan tiene aperto un fronte potenziale permanente.
La pandemia ha rappresentato per tutti i paesi un punto di svolta, accelerando processi già in corso; in un articolo precedente ‘Competizione atlantica e crisi europea’6 abbiamo descritto la risposta del governo federale dal Build Back Better Act al Inflation Reduction Act, la cui portata nella contrattazione soprattutto col senato si è di molto ridota ed ora sbocca nelle politiche restrittive della FED. L’Unione Europea mentre si appresta a subire le conseguenze della gelata imposta dalla BCE, non è capace di esprimere una risposta unitaria adeguata alla crisi energetica prodotta dalla rottura con la Federazione Russa, a differenza della realizzazione del NextGenerationEU in risposta alla crisi pandemica.
Nell’incipit dell’articolo ‘Guerra, economia, politica … e crisi climatica’7 abbiamo scritto “Guerra, economia, politica l’una è la continuazione dell’altra con altri mezzi, nei rapporti sociali dominanti. Nell’attuale congiuntura diverse crisi intrecciate sui rispettivi terreni si intrecciano, si alimentano reciprocamente, laddove l’orizzonte, oltre il quale i fenomeni, le dinamiche dei processi in corso sono sostanzialmente imprevedibili, anche per i soggetti che detengono il potere ai più alti livelli. Le dinamiche regionali e globali sono sempre più determinate dal progredire del cambiamento climatico e della devastazione degli ecosistemi; la pandemia -a sua volta determinante nel determinare gli accadimenti degli ultimi tre anni, le rotture nel ciclo economico, nelle catene di approvvigionamento e nelle filiere produttive- è il prodotto del collasso, della frantumazione degli ecosistemi.”
La competizione strategica tra Cina e USA si svolge in questo contesto, caratterizzato dal passare dei sistemi della politica, della guerra e dell’economia l’uno nell’altro, laddove la reciproca separazione è di volta in volta definita in base a necessità e opportunità di analisi e punti di osservazione.
Il mondo, la formazione sociale globale, mantiene tutta la sua complessità che tende a crescere, nonostante il tentativo di ridurla da parte dei principali attori; nelle molteplici dimensioni di questa complessità i diversi attori cercano di districarsi, di ottenere di volta volta vantaggi competitivi, di ricollocarsi dopo la rottura di equilibri decennali; è il caso della Germania dopo il crollo del modello basato sull’espansione delle filiere produttive nell’Europa centro-orientale e le forniture di materie prime energetiche a basso costo da parte della Federazione Russa, che cerca di ampliare lo sbocco nel mercato cinese, mentre ricerca una maggiore autonomia strategica con l’investimento di 100 miliardi di euro nell’espansione e nell’innovazione del proprio sistema militare.
La precarietà degli equilibri, i cambiamenti nei rapporti di forza esistenti si misura anche nel viaggio di Xi Jinping in Arabia Saudita8. “La visita in Arabia Saudita, in coda al G20 di Bali e al summit dell’APEC in Tailandia, è rappresentativa dell’importanza che la Cina attribuisce a Riyadh. Riyadh è il principale fornitore di petrolio per la Cina, con 81 milioni di tonnellate esportate nel 2021.
(…)
L’Arabia Saudita si è anche espressa favorevolmente all’utilizzo del renminbi per il pagamento delle proprie forniture energetiche a Pechino. Come altri paesi della regione, Riyadh sembra anche sempre più interessata a cercare piattaforme multilaterali di dialogo alternative a quelle occidentali. Il paese ha infatti fatto richiesta per diventare dialogue partner della Shanghai Cooperation Organization (SCO), meccanismo di cooperazione di cui fanno parte Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan oltre ad altri paesi osservatori. Infine, l’Arabia Saudita ha espresso interesse per far parte dei Paesi BRICS, organizzazione che riunisce alcune tra le maggiori economie emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa.”
La Cina è il principale partner commerciale dell’Arabia Saudita si incontrano le rispettive iniziative strategiche la BRI (Belt and Road Initiative -Nuova Via della Seta) cinese e la Saudi Vision 2030 di parte saudita.
Un esempio significativo è un accordo siglato due mesi prima del viaggio di Xi Jinping. La Saudi Company for Artificial Intelligence (SCAI) ha annunciato un investimento di 776 milioni di dollari in una joint venture con la cinese SenseTime per sviluppare l’ecosistema dell’intelligenza artificiale nel paese. L’annuncio è stato fatto da Ayman AlRashed, CEO di SCAI, durante il Global AI Summit a Riyadh il 13 settembre. SCAI è interamente di proprietà del Saudi Arabian Public Investment Fund e si coordina con la Saudi Vision 2030. SCAI mira a posizionare l’Arabia Saudita come leader globale dell’IA supportandone l’adozione nelle aziende locali.
Germania e Arabia Saudita si ricollocano e contribuiscono a modificare il quadro della competizione tra Usa e Cina e a creare una configurazione di rapporti con maggiori gradi di libertà rispetto ad una loro riduzione derivante da un semplice schieramento da una parte dall’altra.
Lungo le linee di collegamento e le faglie di fratturazione si diramano processi di trasformazione, di cooperazione e competizione, rispetto ai quali si formano aggregati, alleanze più o meno stabili, come in una sorta di deriva dei continenti.
La competizione sul piano tecnologico-digitale è un driver fondamentale di questa trasformazione continua, la transizione energetica imposta dalla crisi climatica a sua volta indirizza, impone vincoli, informa le traiettorie tecnologiche.
Il confronto strategico con la Cina è diventato l’ossessione delle classi dirigenti americane, ne è una testimonianza il cosiddetto ‘Special Competitive Studies Project’ (SCSP)9 sviluppato sotto la direzione di Eric Schmidt e Ylli Bajraktari. Il primo è stato CEO di Google da 2001 al 2011, con forti interessi nel settore dell’Intelligenza Artificiale, come il secondo che ha ricoperto la carica di direttore esecutivo della National Security Commission on Artificial Intelligence. Una serie di report analizzano lo stato del confronto competitivo su una serie di terreni come l’intelligence, la Difesa, l’Economia, le Piattaforme, la Società; una sintesi si ritrova nel report Mid-Decade Challenges to National Competitiveness10. Difficile fare sintesi delle 189 pagine di questa sintesi dei report specializzati. Facendo la tara del conflitto di interessi di chi presiede alla redazione di questi rapporti, nulla di strano che ci si concentri sulla dimensione tecnologico-digitale, sul settore dell’Intelligenza Artificiale in particolare.
In buona sostanza, a fronte della capacità dimostrata dal sistema cinese di concentrare risorse e pianificare lo sviluppo di tutti i settori ad alta tecnologia, del digitale in particolare, il report sottolinea la necessità di un nuovo modello di cooperazione pubblico-privato in grado di orientare concentrare risorse, diventando il motore della competitività nazionale. “Gli Stati Uniti non hanno un hub per coordinare e intraprendere queste attività. Esistono diverse opzioni praticabili — e meritano di essere studiate — sulla base di possibili percorsi nei rami esecutivo e legislativo, nonché attraverso nuovi accordi pubblico-privato. Un’entità, o una combinazione di entità, dedicata a migliorare la competitività tecnologica dell’America dovrebbe svolgere tre funzioni principali: coordinare sia all’interno del governo che tra le parti interessate pubbliche e private, fornire analisi originali per supportare i decisori e operare come braccio d’azione per attuare piani d’azione che facciano avanzare le tecnologie strategiche. Tutte e tre le funzioni non devono necessariamente stare sotto lo stesso tetto. Ma la creazione di un insieme duraturo e integrato di attori supporterebbe al meglio la strategia a lungo termine in una competizione pluridecennale.
(…)
In definitiva, la domanda è quale sistema sia meglio organizzato per convertire i fondamentali economici in un vantaggio nazionale duraturo. Ciò richiede una strategia tecno-industriale in cinque parti per garantire un’economia statunitense più prospera e resiliente. Il primo e il secondo elemento sono investire in infrastrutture digitali e sviluppare una forza lavoro esperta di tecnologia, anche attirando talenti dall’estero. Il terzo è la costruzione di capacità produttive per input critici. Il quarto è preservare la leadership globale degli Stati Uniti nella finanza, anche sfruttando le innovazioni nella finanza digitale. Infine, gli Stati Uniti devono esercitare la loro forza economica e finanziaria per frenare le pratiche tecno-economiche della RPC.”
Le analisi e le proposte nel report di sintesi ed in quelli dedicati ai singoli macro-temi sono estremamente articolati e costituiscono un punto di riferimento -sia pure con un ovvio occhio critico- per una analisi della trasformazione tecnologica in corso, a partire dalla situazione degli USA; tuttavia i due brani citati rendono conto della criticità della situazione dal punto di vista americano e del senso di inadeguatezza nell’affrontare la competizione con la Cina, da cui la necessità di una ristrutturazione dei meccanismi fondamentali di funzionamento dell’economia e della società, dei dispositivi di governo della transizione in corso. Il modello vincente per decenni dopo la seconda guerra mondiale, che ha visto l’investimento nel settore militare essere uno dei drive fondamentali dello sviluppo tecnologico, non è evidentemente più sufficiente.
Le piattaforme multilaterali
Data la competizione strategica tra Cina e Usa, la creazione di ‘piattaforme multilaterali’ appare la novità di questo passaggio storico, nelle quali su scala regionale, settoriale o globale i diversi paesi o gruppi di questi, bilanciano reciprocamente i propri interessi, adeguano le proprie relazioni in base a cambiamenti talvolta repentini nello scenario globale, navigando entro un contesto fatto di incertezza e pericoli incombenti; ben oltre una classica visione del semplice conflitto tra singoli nazionalismi; la riduzione delle dinamiche globali al mero confronto tra nazionalismi trasforma lo scenario globale in una notte entro la quale tutte le vacche sono nere.
Si applica già di più allo scenario europeo, nel quale l’Unione Europea invece appare incapace di costituirsi come soggetto autonomo e unitario, in grado di giocare un ruolo decisivo nel gioco delle alleanze e dei confronti a geometria variabile; la scelta della Germania con i 100 miliardi di euro per il proprio riarmo ed i 200 per la transizione energetica, tecnologica e digitale appare come la mossa al di fuori e al di sopra dei meccanismi dell’Unione, avendo aderito di malavoglia al Price Cap sulle forniture di gas per ora è l’unico compromesso raggiunto. D’altra parte la definizione del regime politico, della architettura istituzionale costruita negli ultimi decenni propria dell’Unione Europea, con il decisivo ruolo autonomo della BCE, è quella di una ‘democrazia reale’, di una democratura così come l’abbiamo direttamente e duramente sperimentata dalle crisi del 2008-2011 e nei durissimi vincoli di bilancio a cui si sta ritornando dopo la pausa pandemica.
Il gioco delle piattaforme multilaterali ha subito una accelerazione con l’invasione dell’Ucraina da parte della federazione Russa, la quale si presenta certo come prodotto dell’evoluzione delle alleanze, economico-politico-militari, ma attivata dalla decisione soggettiva della classe dirigente russa, in prima persona da parte del suo capo Vladimir Putin, guidata dall’illusione di risolvere la questione in poche settimane, cadendo vittima della sua stessa propaganda, scambiando l’Ucraina per la Crimea, aprendo un confronto di lungo periodo nel quale le risorse messe in campo non sono ovviamente semplicemente quelle dell’Ucraina. Peraltro non si trattava solo di una valutazione di parte russa, ricordiamo gli inviti al primo ministro Ucraino ad abbandonare il paese prima che l’esercito russo arrivasse a Kiev.
La riduzione ad uno scontro indistinto di nazionalismi, in cui tutto si equivale, nel quale non esistono differenze, non richiede di attribuire una soggettività politica, una responsabilità alla classe dirigente russa, di conseguenza l’analisi così ricca ed esauriente nei confronti dell’oggetto Nato-Unione Europea è del tutto carente quella che ha per oggetto la Federazione Russa, le cui scelte strategiche costituiscono invece un salto di qualità, un punto di frattura fondamentale nelle dinamiche dello stato di belligeranza globale, sullo scenario europeo in particolare. Un punto di rottura che –al di là della fallacia delle ricostruzioni storiche opportunistiche da parte del parlamento europeo di cui si parla in altri articoli di questo numero– produce oggi un livello di aggressione con la distruzione delle reti di fornitura dell’acqua e dell’energia in pieno inverno a milioni di cittadini ucraini, secondo una logica ricattatoria da soluzione finale che punto al collasso delle reti strutturali, economiche, logistiche con l’obiettivo di rendere impossibile anche livelli minimi di sopravvivenza per un parte cospicua della popolazione, secondo le migliori tradizioni della guerra portata primariamente alle popolazioni.
La guerra sul territorio ucraino appare ormai incistata e destinata a riprodursi almeno sino alla prossima primavera salvo il collasso della stabilità strutturale di uno dei contendenti.
Lo stato della democrazia, della giustizia sociale dalla costa atlantica dell’Europa sino all’oceano pacifico, passando per gli Urali, è pessimo e questa guerra ne costituisce una sorta di buco nero.
Tuttavia è sempre più importante misurare le possibilità di sviluppo reale del conflitto sociale, come unico antidoto alla crescita del livello di conflitto militare reale e potenziale, quale regolatore dei rapporti tra globali ed elemento trainante del modello di sviluppo. A fronte della crescita della destra, dei fronti conservatori e reazionari in molti paesi europei, cresce la necessità di ricostruire dal basso le forme di organizzazione del conflitto; nulla osta a priori in questo contesto ad una ripresa dello scontro di classe. Le politiche antipopolari del governo Meloni sono un esempio di come si polarizza una situazione sociale, si creano le condizioni di una radicalizzazione dello scontro sociale, nonostante la catastrofe politica della sinistra. In questo momento fuori dell’Unione il luogo dove si esprime un livello alto di conflittualità è la Gran Bretagna che paga le scelte della sua classe dirigente dalla Brexit ad oggi.
Ben diversa per ora è la situazione della Federazione Russa, dove le forme di conflitto sono striscianti; il costo di questa guerra è crescente in termini economici di perdite di vite umane, tuttavia solo un collasso del sistema sembra poter aprire al conflitto, ma non sembra prossimo. Ciò che è sicuro è che il regime più autoritario e meno democratico dell’Unione quello ungherese è il più vicino, se non alleato, alla Federazione Russa.
L’instabilità globale, l’intreccio delle crisi, le scelte sucide della politica restrittiva della BCE non depongono a favore di una stabilità politica nel continente europeo, certo possono generare una svolta conservatrice e reazionaria supportata da popolazioni sprovviste di strumenti politici di emancipazione, vi sono altresì le condizioni di una ripresa del conflitto sociale. Vedremo nei prossimi mesi in quale direzione oscilla il pendolo.
Roberto Rosso
- https://www.theguardian.com/world/2022/dec/21/china-covid-infection-surge-puts-end-of-global-emergency-in-doubt-who https://www.theguardian.com/world/2022/dec/20/china-rushes-to-boost-intensive-care-beds-doctors-and-stocks-of-medicine-as-covid-surges [↩]
- https://edition.cnn.com/2022/12/15/economy/china-economy-falter-before-covid-shift-intl-hnk/index.html [↩]
- https://www.globaltimes.cn/page/202212/1281888.shtml [↩]
- https://edition.cnn.com/2021/12/09/investing/evergrande-default-fitch-intl-hnk/index.html [↩]
- https://edition.cnn.com/2022/07/22/economy/china-property-loans-extended-mortgage-crisis-intl-hnk/index.html https://edition.cnn.com/2022/07/18/economy/china-stem-anger-mortgage-boycott-bank-protests-intl-hnk/index.html https://edition.cnn.com/2022/11/14/investing/china-real-estate-crisis-over-rescue-plan-intl-hnk/index.html [↩]
- https://transform-italia.it/competizione-atlantica-e-crisi-europea/ [↩]
- https://transform-italia.it/guerra-economia-politica-e-crisi-climatica/ [↩]
- https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/xi-arabia-saudita-la-cina-sbarca-medio-oriente-36964 [↩]
- https://www.scsp.ai/ [↩]
- https://www.scsp.ai/reports/mid-decade-challenges-for-national-competitiveness/ [↩]