Nell’ambito del programma SURE, la Commissione Europea ha riconosciuto all’Italia 27,4 miliardi di euro, la quota maggiore fra quelli assegnati ai diversi Stati europei con una decisione di implementazione preparata dalla Commissione il 24 agosto scorso, e che sarà adottata a breve dal Consiglio UE. Ricordiamo che lo Strumento integra le misure nazionali adottate dagli Stati membri colpiti fornendo assistenza finanziaria per aiutare quegli Stati membri a far fronte all’aumento repentino e severo della spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata destinata ad attenuare gli effetti economici, sociali e di carattere sanitario diretti delle circostanze eccezionali causate dall’epidemia di Covid‐19.
Il Ministro Gualtieri stima che grazie a questo finanziamento, realizzato attraverso l’emissione di titoli comuni europei, il risparmio per le casse dello Stato nell’arco dei 15 anni di maturità sarà superiore a 5 miliardi e mezzo di euro.
Le risorse assegnate dalla Commissione nel contesto di SURE riguardano il Belgio, 7,8 miliardi di €, la Bulgaria, 511 milioni di €, la Repubblica Ceca, 2 miliardi di €, la Grecia, 2,7 miliardi di €, la Spagna, 21,3 miliardi di €, la Croazia, 1 miliardo di €, l’Italia, 27,4 miliardi di €, Cipro, 479 milioni di €, la Lettonia, 192 milioni di €, la Lituania, 602 milioni di €, Malta, 244 milioni di €, la Polonia, 11,2 miliardi di €, la Romania, 4 miliardi di €, la Slovacchia, 631 milioni di €, la Slovenia, 1,1 miliardi di €.
Lo scorso 7 agosto L’Italia aveva presentato una richiesta di accesso allo Strumento, basata sul Regolamento 2020/672 del 19 maggio 2020, nella quale presentava la spesa pianificata direttamente connessa a regimi di riduzione oraria, misure similari e misure connesse alla salute sui luoghi di lavoro, conseguenti all’emergenza Covid-19.
In particolare, il programma di spesa italiano per il quale è richiesta l’assistenza finanziaria dell’Unione (basato sui Decreti legge 18, convertito nella legge 27/2020, e 34, convertito nella legge 77/2020) prevede:
(1) un’estensione dei regimi di lavoro a tempo ridotto esistenti (“Cassa integrazione guadagni”). La misura copre l’80% della retribuzione abituale dei dipendenti, il cui contratto di lavoro è mantenuto, delle aziende completamente o parzialmente chiuse per Covid-19, per un massimo di 18 settimane nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 ottobre 2020.
(2) un’indennità di 600 euro per i mesi di marzo e aprile 2020 per i lavoratori autonomi e liberi professionisti. I liberi professionisti che hanno subito una riduzione di almeno il 33% dei loro guadagni a marzo e aprile 2020 su base annuale hanno anche diritto a un’indennità di 1000 euro per maggio 2020. Un’ulteriore indennità di 600 euro per marzo 2020 è concessa a lavoratori autonomi e liberi professionisti iscritti a enti previdenziali privati obbligatori.
(3) una serie di specifiche misure rivolte a professioni che sono state influenzate negativamente dall’epidemia di Covid-19. Ciò include un’indennità di 600 euro per il mese di marzo 2020 e di 500 euro per il mese di aprile 2020 per i dipendenti a tempo determinato in agricoltura; un’indennità di 600 euro per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 per i lavoratori dell’industria dell’intrattenimento (con reddito annuo fino a 50 000 euro); indennità di euro 600 per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 per i collaboratori delle associazioni sportive; un’indennità di euro 600 per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 per i lavoratori a chiamata e un’indennità di euro 500 per i mesi di aprile e maggio 2020 per i lavoratori domestici.
(4) due misure che affrontano l’impatto dei servizi di istruzione per la prima infanzia e della chiusura delle scuole sotto forma di indennità di congedo parentale fino a 30 giorni nel periodo dal 5 marzo 2020 al 31 agosto 2020 per i lavoratori dipendenti o autonomi con figli fino a 12 anni (o maggiore di 12 anni, se il bambino è disabile e frequenta ancora la scuola) a copertura del 50% del proprio reddito, e buoni per baby sitter per un massimo di 2000 euro in alternativa all’indennità di congedo parentale e valido per lo stesso periodo.
(5) ulteriori benefici per congedo di invalidità per un massimo di 12 giorni nel periodo dal 1° marzo 2020 al 30 aprile 2020 e ulteriori 12 giorni nel periodo dal 1° maggio 2020 al 30 giugno 2020 per lavoratori con grave disabilità o con parenti con grave disabilità. Si tratta di un’estensione del regime esistente che dà diritto ai dipendenti a tre giorni di congedo per invalidità al mese.
(6) contributi a fondo perduto per lavoratori autonomi e singole imprese. L’importo della sovvenzione è calcolato tenendo conto del calo del fatturato subito nell’aprile 2020 rispetto ad aprile 2019 (da un importo minimo di 1000 euro a un massimo del 20% del calo del fatturato).
(7) due misure relative alla salute, un nuovo credito d’imposta temporaneo del 60% dei costi per il miglioramento della sicurezza sul luogo di lavoro (fino a un massimo di 80.000 euro) e un nuovo credito d’imposta temporaneo del 60% dei costi di sanificazione di piccole imprese, studi professionali e istituzioni senza scopo di lucro e acquisto di attrezzature di sicurezza (fino a un massimo di 60.000 euro).
Con la decisione di esecuzione che sarà approvata dal Consiglio l’Unione mette a disposizione dell’Italia un prestito per un importo massimo di 27.438.486.464 euro, con una durata media massima di 15 anni. Il periodo di disponibilità per l’assistenza finanziaria concessa è di 18 mesi a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della decisione. L’assistenza finanziaria dell’Unione è messa a disposizione dell’Italia dalla Commissione in un massimo di dieci rate. Una rata può essere erogata in una o più tranche. La prima rata è rilasciata a seguito dell’entrata in vigore del contratto di prestito di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del Regolamento 2020/672.
In base all’articolo 13 del Regolamento SURE la Commissione esercita le funzioni di controllo e audit, sulla base delle disposizioni necessarie contenute nell’accordo di prestito, come richiesto dall’articolo 220, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. Nel caso in cui la richiesta di assistenza finanziaria sia basata, in tutto o in parte, sulla spesa pubblica programmata, lo Stato membro beneficiario informa ogni sei mesi la Commissione in merito all’esecuzione di tali spese pubbliche programmate.
Huffington Post, nell’edizione del 24 agosto, sostiene di essere in possesso di una indagine Inps nella quale sarebbero state individuate oltre 3.000 aziende che, per accedere alla Cassa, hanno comunicato assunzioni fittizie, retrodatate, oppure sono esse stesse fittizie. La Direzione antifrode dell’Istituto, e gli ispettori di vigilanza dell’Inps avrebbero portato a termine questa indagine il 31 luglio, stilando una black list con tutte le aziende a rischio frode, che sono state bloccate dall’Istituto e che ora sono al vaglio delle strutture preposte per l’accertamento della frode.
L’altro campanello d’allarme viene dal presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), Giuseppe Pisauro, che, intervenendo lo scorso 28 luglio in audizione presso gli Uffici di presidenza delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, riuniti in seduta congiunta per l’esame del Programma Nazionale di Riforma (PNR) per l’anno 2020 e della Relazione al Parlamento predisposta ai sensi della legge 243/2012, aveva, tra l’altro, evidenziato che “Dall’incrocio dei dati del monitoraggio dell’INPS con quelli della fatturazione elettronica dell’Agenzia delle Entrate nel primo semestre del 2020 rispetto al primo semestre del 2019 emerge che se circa un terzo delle ore di CIG, CIG in deroga e Fondi della bilateralità è stato utilizzato da imprese con perdite di fatturato superiori al 40 per cento, oltre un quarto delle ore è stato tirato da imprese che non hanno subito alcuna riduzione.”
Fenomeni di frode, oppure richieste o concessione di contributi che non appaiono formalmente indebiti, ma diciamo immotivati, si sono verificati anche nel caso dei contributi a fondo perduto ai professionisti, i 600 euro per marzo e aprile che sono stati richiesti anche da cinque parlamentari e ora sono anch’essi valutati dall’Inps per l’eventuale recupero.
Molti di questi casi dipendono dal fatto che nelle normative non erano state previste condizioni specifiche di accesso, relative ad esempio alla riduzione di fatturato. Se una quota marginale di frodi o di applicazione distorta delle norme, su interventi così ingenti e in emergenza, risulta quasi inevitabile, è del tutto inaccettabile che sia giustificata dagli organismi di rappresentanza, come il presidente di Confindustria Carlo Bonomi che, come riporta il Manifesto, ha risposto alle critiche per le imprese che hanno usato illegalmente la Cassa Covid ribadendo che la riduzione del fatturato «non era un parametro previsto», implicitamente ammettendo che molte l’hanno richiesta pur continuando a far lavorare i lavoratori in cassa.
Vale la pena di ricordare, a questo proposito, che il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”, innova l’impianto normativo in materia di ammortizzatori sociali connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Il decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 203 del 14 agosto 2020 ed entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, prevede, infatti, importanti novità sia sul fronte dei trattamenti di CIGO, CIGD, ASO e CISOA – che vengono rimodulati – sia su quello relativo all’ammissione alle misure di sostegno che, in taluni casi – come meglio più avanti precisato – è collegata all’obbligo del versamento di un contributo addizionale a carico delle aziende che vi ricorrono.
A seguito delle modifiche introdotte, il quadro dei trattamenti cui i datori di lavoro possono accedere fino al termine del 2020 è riassumibile come segue: le aziende che, nell’anno 2020, sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza da COVID-19, possono richiedere la concessione dei trattamenti di integrazione salariale (ordinari o in deroga) o dell’assegno ordinario per una durata massima di nove settimane, per periodi decorrenti dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020, incrementate di ulteriori nove settimane, nel medesimo arco temporale, per i soli datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane e purché sia integralmente decorso detto periodo. La durata massima dei trattamenti cumulativamente riconosciuti non può, in ogni caso, superare le diciotto settimane complessive.
Mentre il primo periodo di nove settimane non si prevede alcuna specifica condizione, il ricorso alle ulteriori nove settimane è, invece, collegato alla verifica del fatturato delle aziende richiedenti. A tal fine, la norma prevede un raffronto tra il fatturato del primo semestre 2020 e quello del corrispondente periodo del 2019, che può far sorgere in capo all’azienda l’obbligo del versamento di un contributo addizionale – da calcolarsi sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa – determinato secondo le misure che seguono:
- aliquota del 18% per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato nel raffronto tra il primo semestre 2020 e il primo semestre 2019;
- aliquota del 9% per i datori di lavoro che, nel primo semestre 2020, hanno subito una riduzione del fatturato inferiore al 20% rispetto a quello del corrispondente semestre del 2019;
- nessun contributo addizionale per i datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20% o hanno avviato l’attività di impresa successivamente al 1° gennaio 2019; conseguentemente, gli stessi potranno accedere alle ulteriori nove settimane di trattamenti senza dover sostenere alcun onere aggiuntivo.
Per richiedere l’ulteriore periodo di nove settimane di integrazione salariale (ordinaria o in deroga) e di assegno ordinario, i datori di lavoro devono corredare la domanda di concessione dei trattamenti con una dichiarazione di responsabilità, resa ai sensi di quanto previsto dall’articolo 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui autocertificano la sussistenza dell’eventuale riduzione del fatturato.
In mancanza di tale autocertificazione, il contributo addizionale sarà richiesto nella misura massima del 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. La verifica della veridicità delle dichiarazioni fornite dai datori di lavoro all’atto della presentazione della domanda di accesso ai trattamenti sarà effettuata dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate con modalità e termini che saranno definiti anche con accordi di cooperazione.