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Impressioni e note tra elezioni e conflitto sociale

di Roberto
Rosso

Un appello interviene, diremmo fuori tempo massimo nella competizione elettorale “Di fronte ai drammi (elezioni incluse) restiamo a guardare?”1 il cuore dell’appello è un invito all’unità “È contro questa inerzia esiziale, che chiediamo a tutte le forze ecologiste, pacifiste e progressiste di uscire dal microcosmo rissoso e autoreferenziale in cui si sono trincerate, e di unirsi per costruire nuovi spazi dove la realtà abbia casa; tornare a incontrare le persone, ricreare comunità, mostrare consapevolezza che siamo parte della natura e che senza di essa non esistiamo.”

L’analisi sottolinea la situazione drammatica che l’incrocio delle crisi produce a livello globale e colpisce la specifica condizione del nostro paese che pare incapace di reagire. L’analisi nella sua brevità è senz’altro condivisibile; in particolare la conseguenza su quello che potremmo definire lo stato d’animo del paese “Quando l’analfabetismo funzionale dilaga al punto da situarci tra gli ultimi Paesi in Europa; quando il lavoro perde ogni giorno valore, con un neoschiavismo diffuso e un numero crescente di precari e persone che, pur avendo un impiego, non riescono a superare la soglia di povertà; quando la sanità pubblica viene progressivamente smantellata e la scuola impoverita, e tutto questo non trova voce concreta, allora la stessa educazione, lo stesso lavoro, la stessa salute cominciano a non valere nulla, nemmeno nella nostra percezione, nemmeno quando riguardano direttamente le nostre esistenze; e lo stesso accade per il collasso climatico cui stiamo andando incontro. Similmente, il voto, la rappresentanza, le istituzioni perdono significato. Non è indifferenza, ma una sorta di nichilismo dato dalla disperazione.”

Una condizione, uno stato d’animo che non sono certo maturati oggi, d’altra parte mentre i sondaggi mostravano una maggioranza contraria al coinvolgimento nella guerra prodotta dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, quantomeno a livello di sondaggi, il consenso espresso dalle forze politiche corrispondenti è di molto inferiore.

Questo appello all’azione, all’organizzazione politica, al confronto e alla cooperazione tra le forze politiche avrebbe più senso se riferito a una prospettiva di lungo periodo, poiché la posta in gioco è la trasformazione radicale dei rapporti sociali nel nostro paese, nel contesto dei vincoli che la situazione globale impone, stante lo stato del paese maturato negli ultimi decenni. I proponenti dell’appello coprono diversi ruoli, a vario titolo sono personaggi pubblici che producono idee e rendono posizione, si pongono come interlocutori della politica. Se i contenuti dell’appello sono per molti versi scontati, i tempi con cui è stato prodotto, il ruolo che collettivamente si assumono i proponenti denota lo stato della politica, del dibattito pubblico della disarticolazione del rapporto tra elaborazione culturale, azione sociale e civile da un lato e organizzazione ed azione politica dall’altro.

Si è arrivati a questa fulminea campagna elettorale nel contesto di una sorta di sospensione della normale competizione politica -posto che ne esista una- nella condizione eccezionale definita dagli interventi iscritti nel programma del PNRR. Questo intervento è motivato dalla necessità di sostenere l’economia dell’Unione Europea ed in particolare di quella italiana, a cui va la quota più importante del New Generation EU, dopo l’impatto della pandemia da Sars-Cov-2, dovrebbe attivare processi di trasformazione delle formazioni sociali per attivare una sorta di transizione ecologica per contrastare il cambiamento climatico. La gestione politica emergenziale di questo passaggio in Italia si è schiantata sulla crisi geo-strategica determinata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia; nella fase di transizione di questa gestione nulla è avvenuto nella struttura politica della società, nulla è cambiato e ci siamo ritrovati con l’ennesimo appello di un pugno di persone di buona volontà alle forze politiche. <
Nel settembre 2020 è uscito il manifesto ‘USCIRE DALL’ECONOMIA DEL PROFITTO COSTRUIRE LA SOCIETA’ DELLA CURA’2 sottoscritto da centinaia di comitati e associazioni.

Ancora una volta il punto nodale di questo tipo di progetto e aggregazione è la sua capacità, non tanto di mobilitazione periodica, quanto la sua capacità di penetrazione sociale, di trasformazione della prassi dei singoli soggetti in una capacità di egemonia su una parte significativa della popolazione e dei territori del paese.

L’obiettivo dichiarato della convergenza dei movimenti fa i conti con la nozione e l’esistenza concreta, l’estensione ed il radicamento di ciò che chiamiamo movimenti. Il punto critico è la possibile saldatura tra mobilitazioni locali -anche forti- un orizzonte programmatico generale entro una capacità di mobilitazione generale e come si diceva di egemonia nella complessa e frammentata composizione sociale del nostro paese. Ancora una volta nella dichiarazione da parte dei portavoce della coalizione di voler prendere parola nella inattesa ed improvvisa competizione elettorale c’è tutta la distanza, abissale, tra l’attivismo sociale e lo scontro politico istituzionale; scontro politico dai cui esiti dipendono poi gli atti concreti di governo che andranno ad incidere nel precipitato nazionale delle crisi globali intrecciate.

Tra l’appello, tardivo alle forze ecologiste, pacifiste e progressiste ed il manifesto della Società della cura c’è indubbiamente una differenza nel fatto che il primo si rivolge direttamente alle forze politiche nello scontro elettorale, mentre il secondo punta a promuovere convergenza e sviluppo dei movimenti proponendone i contenuti di ordine generale, tuttavia in tutti e due i casi l’iniziativa nasce entro un ambito ristretto di attivisti, intellettuali, referenti storici dell’area dei movimenti -o come li si voglia definire. Certo la prima iniziativa viene definita dai suoi stessi redattori come disperata, ma in ultima analisi non meno disperata appare – chi scrive ne è e se ne sente parte- la seconda di fronte alla formazione degli organi di governo, alla ristrutturazione in corso degli equilibri di potere nel nostro paese.

Il primo appello esorta: “È contro questa inerzia esiziale, che chiediamo a tutte le forze ecologiste, pacifiste e progressiste di uscire dal microcosmo rissoso e autoreferenziale in cui si sono trincerate, e di unirsi per costruire nuovi spazi dove la realtà abbia casa; tornare a incontrare le persone, ricreare comunità, mostrare consapevolezza che siamo parte della natura e che senza di essa non esistiamo.” La società della cura è il prodotto di chi cerca di ricreare quella condizione, ma difficilmente esce dalla microfisica locale e dalla bolla comunicativa che avvolge tanto le realtà locali quanto gli organizzatori, gli ‘intellettuali’ delle reti.

La GKN, a partire dalla storia politica del comitato di fabbrica entro i reparti dello stabilimento e nel territorio circostante, ha prodotto mobilitazione e continua ad essere un punto di riferimento, ma rispetto alle chiusure ed alle delocalizzazioni che costellano il panorama produttivo del nostro paese poco hanno potuto fare; ogni vertenza ha un suo percorso o decorso, senza che una mobilitazione generale raccolga le forze, cambi i rapporti di forza nelle vertenze immediate e sia magari in grado di porre una ipoteca sulla politica industriale, che non esiste da decenni nel nostro paese.

Da sempre nello sviluppo del conflitto sociale nel nostro paese, attraverso le varie fasi di trasformazione della formazione sociale, esprimere la radicalità del conflitto delle sue forme di lotta e dei contenuti in alcuni punti del tessuto sociale e produttivo è stato decisivo per lo sviluppo di movimenti generali, col senno dipoi si è compresso il come ed il perché sciò è avvento in quella specifica composizione e formazione sociale. Da anni si analizza la composizione sociale e le forme di precarietà che rendono difficile il generalizzarsi di obiettivi e forme di lotta, tuttavia di fronte a punte del conflitto come nella logistica non corrispondo corrispondenti mobilitazioni che traducano gli obiettivi e soprattutto rivendichino il diritto alla lotta anche dura. La ripetizione di slogan del tipo ‘Voi otto noi sei miliardi’ delle mobilitazioni contro il G8 del 2001 a Genova se da un lato sintetizzano la critica al modello di sviluppo fondato su forme di sfruttamento e di diseguaglianza sociale crescenti dall’altro mascherano la straordinario difficoltà ad incidere con lotte reali. Si potrebbe dire, facendo un po’ di demagogia, che c’è bisogno di più persone che si fanno arrestare e meno scrittori di manifesti; sarebbe sbagliato anche nei confronti del passato di molti ‘intellettuali organici’ al movimento, ma qualche manifesto come lettera dal carcere’ avrebbe una sua maggiore efficacia. Mi scuso per la facile demagogia, ma ne confermo la sostanza. D’altra parte la reticenza ad esprimersi dei sindacati confederali di fronte all’arresto dei sindacalisti di base della logistica dice molto della situazione in cui ci troviamo; oggi un ‘blocco delle merci’ è quasi considerato alla stregua di un atto terroristico, quando è una delle forme di lotta più efficaci ed incisive, possibile da replicare anche come forma di solidarietà di costruzione di un fronte di lotta comune.

La frammentazione estrema del tessuto economico e produttivo, i profondi processi di ristrutturazione, l’estensione dei rapporti di lavoro precari, del settore informale ed illegale rendono difficile la costruzione di cicli di lotte, ma costituiscono anche un fattore di omogeneità nella condizione di una massa di forza lavoro materialmente dispersa.

Certo siamo in una condizione di declino demografico e di invecchiamento della popolazione, non siamo entro un processo di incremento demografico, urbanizzazione e massificazione del lavoro industriale come negli anni ’60 del secolo scorso, decine di migliaia di giovani, spesso altamente scolarizzati, emigrano ogni anno dal nostro paese; tuttavia proprio questa condizione richiede un ripensamento, un riattraversamento critico –detto con un eufemismo– del rapporto con la politica istituzionale da una lato e con le concrete forme di lotta. La generalizzazione degli obiettivi, l’alfabetizzazione politica di masse crescente di popolazione non possono che passare attraverso l’estensione del conflitto sociale- in circuito virtuoso che ben conosce chi di conflitto ha pratica- attraverso la promozione ed il sostengo a forme di lotta radicali.

Non può essere un processo di breve durata, non può essere l’esito o la soluzione alla congiuntura che stiamo attraversando, ma lo stato presente delle cose è la condizione per molti versi drammatica che può motivare la sperimentazione di nuove linee di condotta.

Nella estraneità sostanziale, votando o non votando, di gran parte della popolazione al governo politico del paese possono avvenire mutamenti importanti e progressivi nella stessa forma di governo, negli assetti istituzionali e costituzionali. Autonomia regionale differenziata3 coniugata con l’elezione diretta del presidente costituiscono un passaggio rilevante; l’elezione diretta del presidente, laddove non ne vengano aumentati i poteri non costituisce un cambiamento formale nel rapport tra i poteri, certamente il ruolo del presidente eletto dai cittadini in momenti di crisi avrebbe un potere di fatto molto maggiore, suscettibile di motivare passaggi ulteriori di modifica verso forme di presidenzialismo o semipresidenzialismo.

Questa breve citazione dei programmi della destra in questa contesa elettorale, introduce il tema della estrema precarietà degli equilibri politici, istituzionali e costituzionali del nostro paese, connessi alla precarietà degli equilibri economici e sociali da cui deriva la necessità di agire su tutti i livelli con gli strumenti politici e organizzativi necessari, consapevoli, ognuno di noi soggetti individuali e collettivi, di poter dare un contributo parziale e di essere parte di un processo possibile, ma per nulla scontato, che trova una sua forma nel divenire dello scontro politico e sociale.

Prima di chiudere è necessario citare l’appello per il clima contenuto nella lettera di alcuni scienziati alla politica4 che ha già raccolto oltre 150.000 firme. Importante per mantenere un collegamento tra la produzione scientifica in merito e l’alfabetizzazione di massa sulla questione climatica e ambientale, per sostenere il ruolo del movimento dei Fridays For Future come strumento di una presa di coscienza a di massa e come luogo di una mobilitazione capace di legare il tema generale alle situazioni regionali e locali, a specifiche forme di lotta, dove si realizzi la convergenza tra movimenti diversi. La Proposta di legge costituzionale approvata l’8 febbraio 2022 dal Parlamento inserisce la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi fra i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana, è sato un passaggio fondamentale, certo non una forzatura o una imprudenza, ma una affermazione necessaria stante la consistenza delle forze che puntano a modificare la nostra carta costituzionale; il senso di un appello alla difesa della costituzione formale e di fronte dell’attuale costituzione materiale del nostro paese è concretamente la riaffermazione di ogni articolo e capitolo nelle forme che andranno ad assumere i rapporti politici, economici, sociali e culturali del nostro paese, come patrimonio comune, partecipato e condiviso nei conflitti che speriamo crescano nel nostro paese.

 

Roberto Rosso

  1. https://www.labottegadelbarbieri.org/di-fronte-ai-drammi-elezioni-incluse-restiamo-a-guardare/ []
  2. https://societadellacura.blogspot.com/ <LA SOCIETA’ DELLA CURA
    COSA E’? È un percorso nato durante il lockdown, coinvolgendo gruppi, associazioni, reti sociali.

    QUALE OBIETTIVO? Non sprecare le lezioni della pandemia, affrontare il collasso climatico e l’ingiustizia sociale ripudiando la gerarchia di valori e poteri che governa il mondo, per costruire la società della cura di sé, degli altri, del pianeta.

    COME? Rendendo visibile un progetto di società alternativa e evitando che come al solito i diversi diritti e bisogni vengano messi uno contro l’altro.

    QUALI STRUMENTI? Un Manifesto valoriale. Il Recovery PlanET per uscire dalla crisi con una alternativa di sistema. Un processo permanente nazionale, territoriale e tematico. La mobilitazione.[]

  3. https://www.carteinregola.it/index.php/dossier/autonomia-regionale-differenziata-cronologia-e-materiali/ []
  4. https://www.fanpage.it/innovazione/scienze/appello-per-il-clima-cosa-ce-scritto-nella-lettera-degli-scienziati-alla-politica-italiana/ https://www.change.org/p/un-voto-per-il-clima []
conflitto sociale, costituzione, elezioni, movimenti, politica
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1 Commento. Nuovo commento

  • Marco Sansoè
    18/08/2022 10:51

    Ho firmato per la presentazione della lista di Unione Popolare anche se in dissenso sull’opportunità di presentarsi alle elezioni. E non so se voterò…
    La crisi della democrazia rappresentativa ha bisogno di percorsi politici complessi che non si possono affrontare con la presentazione di una lista elettorale frutto della sommatoria di partiti o frazioni di essi, intorno ad un nome.
    La critica alla società capitalista contemporanea passa anche dalla presa di distanze dal sistema elettorale, scegliendo di spendere tempo, risorse e intelligenze per costruire un percorso di unificazione delle esperienze di lotta e di movimento diffuse nel paese, prima (o invece) di dedicarsi alla costruzione di una lista elettorale.

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