editoriali

Il primo voto di una eversione costituzionale

di Giovanni
Russo Spena

Con il voto al Senato si è chiuso il primo atto della pericolosa vicenda dell’autonomia differenziata. E’ il primo approdo di un ciclo che è nato con la pessima riforma del titolo quinto della Costituzione: ” un raro caso di insipienza giuridica e politica” , scrisse il grande costituzionalista Gianni Ferrara. Vi è stato, al Senato, il primo voto di una eversione costituzionale. La cittadinanza italiana si trasforma in “ius domicilii”. Anche noi, che ci siamo fieramente opposti a questa eversione, in nome dell’articolo 5 della Costituzione, per una Repubblica “una e indivisibile”, comprendiamo che siamo entrati in una nuova fase, in cui il nostro impegno deve giungere fino allo spasimo. Innanzitutto sul piano parlamentare. Come Tavolo nazionale dei Comitati contro ogni autonomia differenziata chiediamo che le opposizioni parlamentari, alla Camera dei Deputati, in seconda lettura, pongano in essere, con dedizione e creatività, utilizzando tutte le pieghe del regolamento, numerose audizioni in prima commissione, eccezioni di incostituzionalità, corposi e mirati emendamenti. Per creare anche una connessione tra ciò che avviene in Parlamento e la società, recuperando un po’ della perduta trasparenza. Se, come probabile, il disegno di legge Calderoli fosse approvato, nel medesimo testo, anche alla Camera, diventando legge, apriremo una fase di vera e propria guerriglia istituzionale, anche nei confronti delle singole “intese” tra regioni e governo, investendo le 23 materie e le funzioni collegate che saranno devolute. Stiamo discutendo l’ipotesi del referendum; la cui ammissibilità appare, però, difficile per il collegamento con la legge di bilancio, non sottoponibile a referendum. Un dato di novità positivo è nell’impegno, proclamato con decisione, contro la Calderoli, di due presidenti di regione, De Luca ed Emiliano. E’ un impegno importante perché può esprimersi con ricorsi ed esposti alla Corta Costituzionale, con ricorsi amministrativi; forse anche con conflitti di attribuzione. Va investito immediatamente il punto più debole della controriforma Calderoli, quello dei lep (livelli essenziali di prestazioni). Si tratta dello Stato di diritto , dei diritti sociali richiesti, con forza, dalla prima parte della Costituzione. Ma qui, occorre evidenziarlo con forza, vi è una vera truffa. I lep, per cui occorrerebbero, secondo la stessa commissione parlamentare sul bilancio, stanziamenti pari a tre leggi di bilancio (e forse più) non sono finanziati nemmeno con un euro. Questi lep , quindi, essenziali in base alla legalità costituzionale, non esistono. Il governo Meloni sta vendendo il Colosseo. Ed è sparito anche il “fondo di perequazione”, che avrebbe dovuto tentare di avvicinare la condizione delle regioni meridionali ai livelli medi nazionali. qui appare tutta l’arroganza secessionista della controriforma. Un ossimoro inquietante. Che ci obbliga a mettere al centro, nel  nostro progetto alternativo, una architettura costituzionale fondata sui Comuni, proprio in attuazione dell’articolo 5 della Costituzione. Massimo sarà l’impegno , innanzitutto nella costruzione  della partecipazione, dell’autoorganizzazione, della campagna di massa. A partire dall’aggregazione ” la via maestra”, formata insieme a sindacalismo confederale e conflittuale ed alle maggiori organizzazioni democratiche. le manifestazioni  nazionali dovranno trovare un’articolazione territorio per territorio, facendo scontrare la materialità dei bisogni di massa con le privatizzazioni , le disuguaglianze, gli impoverimenti che, soprattutto nel Sud, saranno indotti dall’autonomia differenziata. Nel Nord affronteremo , in forma seminariale, il 24 febbraio , l’onere della controinformazione, fondata sulla verità, cioè che la controriforma Calderoli  nuoce anche alle masse popolari del Nord, dalla sanità, alla scuola, al contratto nazionale di lavoro (che, anche giuridicamente, non esisterà più; entreremo nella giungla delle gabbie salariali). Nel Sud, a Napoli, il 16 marzo terremo una manifestazione: assemblee, incontri, cortei cittadini. Nel Sud sta crescendo, infatti, la protesta popolare; cresce la consapevolezza che la funzione riservata al Sud è quella di una piattaforma di transizione e trasferimento delle risorse energetiche dell’Africa (trasformata in un grande gasdotto, con coltivazioni estensive di biocarburante) verso le regioni ricche del Nord e verso la Mitteleuropa. Nella ricostruzione delle catene del valore cresce lo sviluppo duale, crescono le disuguaglianze sociali. La sfida è questa.

Giovanni Russo Spena

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