In preparazione della COP26 che si tiene a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre, il Parlamento Europeo, nella seduta del 21 ottobre 2021, ha adottato una Risoluzione sulla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 2021 (COP26).
La Risoluzione
Il Parlamento Europeo, innanzitutto, “esorta tutti i governi del mondo a dichiarare lo stato di emergenza climatica finché il mondo non avrà̀ conseguito l’azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra”; rileva che le politiche nazionali non siano state finora in grado di mettersi nella giusta traiettoria per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi; “sottolinea l’esigenza di abbandonare tutti i combustibili fossili quanto prima”. Accogliendo le conclusioni del Rapporto “Net Zero by 2050” dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, “prende atto del fatto che per raggiungere l’obiettivo di 1,5 °C è necessario che, a partire dal 2021, non sia più̀ approvato lo sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio e gas, e non siano costruite o ampliate nuove miniere di carbone; “invita i paesi del G7 a dare l’esempio nella transizione energetica e a sospendere tutti i nuovi investimenti per l’estrazione di combustibili fossili”; “invita con urgenza l’UE e gli Stati membri a invocare una moratoria globale contro lo sfruttamento del petrolio offshore nell’Artico”.
Per ciò che attiene agli impegni dei due maggiori produttori mondiali di emissioni “plaude all’impegno degli Stati Uniti volto a ridurre della metà le proprie emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, e a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050” e “ prende atto di quanto annunciato dal presidente Xi Jinping nel settembre 2020, ovvero che la Cina raggiungerà̀ il picco delle emissioni di CO2 prima del 2030 e la neutralità̀ carbonica prima del 2060”.
La Risoluzione affronta poi la questione della necessaria “trasformazione senza precedenti di tutti i settori delle nostre economie” nonché della sua dimensione sociale, ritenendo che: “tale trasformazione verso un nuovo modello economico sostenibile possa essere realizzata solamente se garantisce un’equa transizione, che combini progresso sociale ed ecologico, migliori il benessere delle persone e non lasci indietro nessuno”.
Per quanto riguarda specificatamente la COP26 di Glasgow, il Parlamento Europeo, innanzi tutto, “deplora la mancanza di progressi in occasione della COP25 di Madrid nel 2019 e la mancanza di impegni e di trasparenza di talune parti; si rammarica che la messa a punto del codice dell’accordo di Parigi sia stata rinviata a una successiva COP e che l’esito delle discussioni sulle perdite e sui danni avrebbe potuto essere più ambizioso”. La Risoluzione, citando i dati dell’ultimo Rapporto UNEP, ricorda il ruolo delle popolazioni più ricche, soprattutto per le emissioni cumulative, richiamando, innanzi tutto, l’UE ad assumere le proprie responsabilità.
L’UE, dando seguito agli impegni del Green Deal Europeo, deve dare l’esempio e comunicare alla COP26 “che è pronta a rafforzare i contributi stabiliti a livello nazionale e il proprio contributo all’accordo di Parigi e chiede lo stesso livello di impegno dalle altre parti”.
La Risoluzione passa in rassegna le questioni che l’UE deve mettere al centro della propria attenzione, nell’ambito del contrasto ai cambiamenti climatici: suolo, acqua, desertificazione, zone costiere e isole.
Un intero paragrafo della Risoluzione è dedicato alle “Soluzioni naturali e approcci basati sugli ecosistemi per i cambiamenti climatici”. Si “sottolinea la necessità di affrontare congiuntamente la crisi climatica e la crisi legata alla perdita di biodiversità̀”. A proposito della deforestazione “invita la Commissione a presentare con urgenza una proposta per un quadro giuridico dell’UE basato su un obbligo di diligenza vincolante atto a garantire che le catene del valore siano sostenibili e che i prodotti o i beni immessi sul mercato dell’UE non risultino o derivino da deforestazione, degrado delle foreste, conversione o degrado degli ecosistemi o violazioni dei diritti umani”. Richiama l’UE a porre maggiore attenzione alle emissioni da permafrost, sia dal punto di vista di una più attenta valutazione scientifica sia per le politiche di cooperazione internazionale da mettere in atto.
La Risoluzione mette poi il dito su un’altra “piaga”: gli impegni di finanziamento ai Paesi in via di sviluppo, da parte dei Paesi sviluppati, sono largamente disattesi. A questo proposito “afferma che le entrate provenienti dal meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere potrebbero essere utilizzate per incrementare l’erogazione di finanziamenti per il clima ai paesi in via di sviluppo, in particolare per l’adattamento, ma anche per ridurre l’intensità̀ di carbonio delle loro esportazioni e dei loro prodotti venduti sul mercato interno”. Affronta poi la spinosa questione delle sovvenzioni ai combustibili fossili, che nell’Unione ammontano a 50 md di euro, chiedendo di porvi urgentemente fine. Sul ruolo del finanziamento privato: “accoglie con favore l’iniziativa del polo di finanziamento privato della COP26, incentrata sulla costruzione di un sistema che mobiliti i finanziamenti privati per sostenere la ristrutturazione delle nostre economie per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette”. Vede con favore il coinvolgimento delle principali istituzioni finanziarie internazionali; chiede l’interruzione immediata del fallimentare meccanismo per lo sviluppo pulito.
Alcuni paragrafi della Risoluzione sono dedicati agli “sforzi” che vengono domandati ai vari settori economici. A cominciare dai trasporti – da quello automobilistico a quello marittimo – continuando poi con il ruolo delle città e le responsabilità dell’agricoltura. Si sofferma, a questo proposito, sull’importanza delle emissioni di metano e ciò che si sarebbe potuto fare nei vari settori, per ridurle, e non si è fatto. La Risoluzione si sofferma anche sul non facile capitolo del ruolo dell’industria nella transizione ecologica e su quello ancora più controverso dell’energia, compiacendosi della revisione della legislazione europea nell’ambito del pacchetto Fit for 55, nonché delle strategie europee per l’idrogeno e per le energie rinnovabili, accogliendo “con favore l’iniziativa di rivedere la direttiva sulla tassazione dell’energia”, plaudendo “all’intenzione della Commissione di adottare un piano d’azione per la digitalizzazione del settore energetico”. Un paragrafo è dedicato al ruolo della ricerca e al suo finanziamento, e a quello “che le tecnologie digitali possono svolgere a sostegno della transizione verde dell’UE”. Infine, un paragrafo sul rapporto tra lotta ai cambiamenti climatici e politiche di sviluppo.
Il dibattito in plenaria
L’adozione della Risoluzione è stata preceduta da un ampio dibattito nella seduta del 20 ottobre 2020; dibattito originato dalle risposte dei rappresentanti del Consiglio e della Commissione a due interrogazioni che, rispettivamente, chiedevano, a nome della Commissione Ambiente (ENVI), alle due Istituzioni come stesero preparando la partecipazione dell’UE alla COP26 di Glasgow.
Presentando la proposta di Risoluzione, Bas Eickhout, del Gruppo dei Verdi/ALE, ha sottolineato l’importanza dell’appuntamento di Glasgow in un momento in cui la situazione del clima va sempre più peggiorando. Ha ricordato che l’Australia è l’unico paese sviluppato a non aver ancora presentato i suoi obiettivi di neutralità climatica. Ha poi accennato al percorso che ancora Commissione e Parlamento debbono compiere per completare il Green Deal europeo. Infine, ha ricordato il terzo comma dell’art.2 dell’Accordo di Parigi, spesso sottaciuto, che obbliga tutti i firmatari dell’Accordo a “rendere i propri flussi finanziari coerenti con un percorso verso basse emissioni di gas serra”. “Ecco un altro incarico per l’Europa dove c’è ancora da fare”. Così come mancano ancora all’appello il trasporto marittimo e quello aereo.
Anže Logar, Ministro degli Affari Esteri della Slovenia e Presidente di turno del Consiglio UE, ha risposto agli interroganti, sostenendo che il Consiglio ha una posizione chiara su ciascino degli obiettivi all’ordine del giorno della COP26. “A Glasgow, inoltre, l’UE esprimerà la propria preferenza per un orizzonte temporale comune di cinque anni per tutte le parti, al fine di raggiungere un consenso durante il negoziato”.
Virginijus Sinkevičius, ha sottolineato l’impegno dell’UE per l’adattamento: “Questo è il motivo per cui abbiamo adottato una strategia di adattamento per l’UE, che è stata presentata alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) prima di Glasgow e chiede alle altre parti di comunicare come stanno intensificando le rispettive azioni di adattamento”. Ha fatto riferimento ai progressi che nell’UE si stanno compiendo “per rendere tutti i flussi finanziari coerenti con l’accordo di Parigi”, in particolare con la tassonomia per le attività economiche sostenibili.
Lídia Pereira, intervenuta a nome del Gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE), dopo aver glorificato il ruolo dell’UE – “nessun’altra potenza economica ha fatto tanto quanto noi nella lotta al cambiamento climatico” ha accusato la Cina che “continua a investire massicciamente in nuove centrali elettriche a carbone, minando il lavoro e gli sforzi compiuti da altri. Ma anche la società e le organizzazioni ambientaliste abbiano il coraggio di dirlo e dirigano la loro azione anche in altre regioni del globo dove si fa poco o molto poco”. Un’esortazione a fare di più è venuta da Javi López, a nome del Gruppo Socialisti e Democratici (S&D). Lo stesso riferimento alle colpe della Cina è stato fatto più tardi da Simona Bonafè (PD-S&D)
Nils Torvalds, a nome del Gruppo Renew, parlando delle emissioni prodotte nei Paesi in via di Sviluppo ha fatto riferimento alle molte imprese occidentali che operano in questi Paesi “dove guadagnano soldi sporchi costruendo centrali elettriche alimentate a carbone”. Pär Holmgren, a nome del gruppo Verts/ALE, ha puntato il dito contro la Commissione Europea: “come possiamo convincere altre parti del mondo a fornire risultati, quando nemmeno noi stessi abbiamo una politica climatica in linea con la scienza del clima?” Si compiace della convergenza della maggioranza sui contenuti della Risoluzione, “ma dov’erano quelle voci quando abbiamo martellato sulla legge sul clima dell’UE o quando abbiamo discusso della nostra politica agricola comune o dello scambio di emissioni?”
“Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo dibattito sugli obiettivi della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici rischia di essere molto simile ai “bla bla bla” di cui ha parlato il vostro idolo Greta”. Così ha esordito Silvia Sardone, Lega, intervenuta a nome del Gruppo Identità e Democrazia (I&D). “Nonostante errori e obiettivi fuori portata, volete buttare altri soldi dei contribuenti europei, altri 320 miliardi per i prossimi sette anni e mille miliardi per il Green Deal fino al 2030”. “L’utopia green sta già producendo danni in un contesto di crisi”. “La verità è che la vostra proposta green si nutre di catastrofismo, ma non offre soluzioni praticabili in così breve tempo, con il rischio di condannarci tutti a una regressione economica autoinflitta. Insomma, noi chiediamo più pragmatismo, un approccio globale, più tempo e più attenzione ai cittadini, piuttosto che alle mode green.” Analogamente critico, ma meno irridente, l’intervento di Anna Zalewska, a nome del Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR). Paolo Borchia (Lega-ID) ha sostenuto che sulla transizione vi è stato un “lavoro di indottrinamento”. “Servono tempi e flessibilità, serve un mix energetico dove le rinnovabili devono avere, certo, un ruolo centrale, ma devono essere sostenute anche da fonti di transizione, come ad esempio il gas”
Il greco Petros Kokkalis, a nome del Gruppo della Sinistra-GUE/NGL, ha fatto una efficace difesa della Risoluzione, mettendo in risalto alcuni punti nodali. “Così com’è, la nostra risoluzione rappresenta probabilmente il mandato più progressista e ambizioso sull’azione per il clima nel mondo”. La sua collega di Gruppo, la finlandese Silvia Modig, ha sottolineato l’importanza di Glasgow di fronte alla gravità della situazione climatica. “Secondo il rapporto UNEP sul divario delle emissioni, con le decisioni prese finora dalle parti dell’Accordo di Parigi, ci stiamo avviando verso un riscaldamento globale di oltre tre gradi, quando, secondo l’Accordo di Parigi, dobbiamo puntare a uno e un metà”. “Serve un cambiamento di sistema. I combustibili fossili devono essere eliminati quanto prima e tutti gli investimenti d’ora in poi devono essere indirizzati verso fonti energetiche sostenibili. Nell’Artico, l’esplorazione petrolifera deve fermarsi”. “dobbiamo sforzarci di proteggere e ripristinare i serbatoi naturali di carbonio delle foreste, dobbiamo prenderci cura della biodiversità”.
Una forte denuncia dell’incoerenza delle politiche dell’UE è stata pronunciata dal Verde Yannick Jadot: “la politica agricola comune non è compatibile, la politica commerciale non è compatibile con la nostra agenda per il clima”. Un’altra deputata del Gruppo dei Verdi/ALE, Jutta Paulus, ha spiegato “Perché attualmente ci stiamo dirigendo verso un catastrofico 2,7 gradi. Il Production Gap Report è stato pubblicato oggi e mostra: secondo i piani attuali, entro il 2030 verrebbero prodotti il 240% in più di carbone, il 57% in più di petrolio e il 71% in più di gas di quanto sarebbe tollerabile per 1,5 gradi”. Dallo stesso Gruppo, dall’italiana Eleonora Evi, arriva una pesante accusa alla gestione della transizione ecologica in Italia: “Il ministro per la Transizione ecologica fa di tutto per cercare di rallentarla, la definisce ‘un bagno di sangue’, alimentando una narrazione del terrore che spaventa cittadini e imprese. Addirittura, ha fatto scadere i termini per il piano PiTESAI, di fatto consentendo la ripresa dei permessi per le trivellazioni, in totale contrasto con le raccomandazioni europee e internazionali”.
La votazione
Il 21 ottobre 2021, è stata posta in votazione una Proposta di Risoluzione, presentata dagli stessi sottoscrittori delle interrogazioni, a nome della Commissione ENVI. Vi sono stati presentati 18 emendamenti da diversi Gruppi: Sinistra, Verdi, PPE, ECR. Sono stati approvati (con i voti contrari di destre e PPE) due emendamenti presentati dai Verdi: il primo, per una Alleanza internazionale per la non proliferazione dei combustibili fossili; il secondo, che rafforza il l’esigenza di rendere coerenti i flussi finanziari pubblici e privati con l’obiettivo di 1,5°C. Un terzo emendamento dei Verdi è stato approvato con i voti contrari delle Destre.
Il testo finale è stato approvato a larga maggioranza: 527 voti a favore, 134 contrari e 35 astensioni. Ad eccezione di un voto contrario (la ceca Konečná) e tre astensioni (Botenga, Pereira Sandra, Pimenta Lopes), il Gruppo della Sinistra ha votato compattamente a favore.
Su Glasgow si sono espressi alcuni parlamentari del Gruppo della Sinistra.