L’occupazione israeliana dei territori palestinesi è illegale, una forma illegittima di annessione di fatto (con l’acquisizione di territorio con la forza e la sua integrazione nel regime politico-istituzionale israeliano) e di apartheid, e deve finire, ha affermato l’Alta Corte delle Nazioni Unite all’Aia. Secondo la Corte Israele non ha diritto alla sovranità dei territori, sta violando le leggi internazionali e sta ostacolando il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione. Deve smantellare immediatamente gli insediamenti illegali in Cisgiordania e deve risarcire i cittadini palestinesi. Intanto, Netanyahu ha iniziato la sua visita negli USA per cercare di ravvivare la sua immagine di “Mr. America” e ottenere il sostegno militare e diplomatico statunitense per una campagna militare nel Libano meridionale, sede di Hezbollah, movimento politico sostenuto dall’Iran. Nel frattempo, sotto l’impulso della mediazione della Cina, le diverse fazioni palestinesi, tra cui le rivali Hamas e Fatah, hanno concordato di porre fine alle divisioni e di formare un futuro governo di unità nazionale.
La Corte Suprema delle Nazioni Unite ha depositato venerdì 19 luglio una sentenza consultiva (con 12-3 giudici favorevoli al documento di 83 pagine) che fa eco a ciò che i sostenitori palestinesi dicono da decenni: l’occupazione da parte di Israele della terra palestinese, compresi i suoi insediamenti in Cisgiordania, è “illegale” (equivalente ad un’annessione di fatto) e deve finire “il più rapidamente possibile”. Il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha richiesto anche risarcimenti per i palestinesi che hanno vissuto sotto l’occupazione israeliana sin dal suo inizio nel 1967, un passo senza precedenti per la Corte. La Corte ha anche dichiarato che il maltrattamento dei palestinesi da parte di Israele è una forma di segregazione e apartheid (i palestinesi, ossia il 35% della popolazione di Israele è priva dei diritti civili a causa della sua identità etnica). Ha inoltre stabilito che gli Stati non possono offrire aiuti a sostegno dell’occupazione illegale senza violare il diritto internazionale e ha sostenuto il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione.
I pareri consultivi della CIG non sono giuridicamente vincolanti e non possono, di per sé, costringere un paese ad agire. Ma il loro peso legale e morale può avere un’influenza significativa sulle decisioni e sulla politica estera degli Stati. La sentenza ha il potenziale per modificare la capacità della comunità internazionale di spingere per uno Stato palestinese. Secondo gli analisti, la sentenza ha superato le aspettative, in particolare riguardo alla questione degli abusi sistematici del governo israeliano nei confronti dei palestinesi – tra cui la costruzione e l’espansione di insediamenti israeliani in Cisgiordania e Gerusalemme Est, l’uso delle risorse naturali dell’area (a cominciare da acqua e terra), l’annessione e l’imposizione di un controllo permanente sulle terre e le politiche discriminatorie sistemiche e sistematiche contro i palestinesi (già denunciate dai rapporti di Amnesty International e Human Rights Watch). Ciò che viene considerato particolarmente sorprendente è che la CIG ha sostanzialmente scoperto che Israele sta creando una situazione di apartheid contro i palestinesi all’interno di Israele a causa delle leggi e delle politiche razzialmente discriminatorie in atto che sostanzialmente trattano i palestinesi come cittadini di seconda classe. Ha affermato che gli altri Stati sono obbligati a non “fornire aiuto o assistenza per mantenere” la presenza di Israele nel territorio, mentre Israele deve cessare immediatamente la costruzione degli insediamenti e gli insediamenti esistenti devono essere rimossi. Con Israele isolato per la sua condotta nell’aggressione militare a Gaza e sotto indagine presso la CGI e la Corte Penale Internazionale per “plausibile genocidio” e crimini di guerra1, la cruda valutazione dell’illegalità a lungo termine dell’occupazione israeliana non farà altro che rafforzare tale isolamento, minando la narrativa israeliana (e dell’Occidente) secondo cui Israele è una democrazia che rispetta il diritto internazionale. C’è spazio per sperare che questa sentenza possa sostenere un movimento internazionale, a tutti i livelli in Occidente e altrove nel mondo, a favore di più sanzioni e di una maggiore pressione sui governi occidentali affinché esercitino maggiore pressione su Israele. Diversi paesi chiedono alla comunità internazionale di fare pressione su Israele: Arabia Saudita, Australia, Belgio, Brasile, Bolivia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Indonesia, Irlanda, Islanda, Kuwait, Liechtenstein, Malaysia, Norvegia, Qatar, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Sudafrica, Turchia.
Il ministro degli Esteri palestinese Riyad Maliki ha detto ai giornalisti all’Aia che la sentenza ha segnato un “momento di svolta per la Palestina, per la giustizia e per il diritto internazionale”. “La CGI ha adempiuto ai suoi doveri legali e morali con questa sentenza storica. Tutti gli stati devono ora rispettare i loro chiari obblighi: niente aiuti, niente assistenza, niente complicità, niente soldi, niente armi, niente commercio, niente di niente – nessuna azione di alcun tipo a sostegno dell’occupazione illegale di Israele”, ha affermato. Riyad Mansour, ambasciatore palestinese presso le Nazioni Unite, ha affermato che la sentenza rappresenta un “passo significativo” nella direzione della fine dell’occupazione e del raggiungimento dei diritti inalienabili del popolo palestinese, compreso il diritto all’autodeterminazione, alla statualità e al diritto al ritorno. Il diritto al ritorno è una richiesta che ai palestinesi che furono costretti a lasciare le loro case durante la Nakba del 1948 e la guerra arabo-israeliana del 1967 sia consentito di ritornarvi.
Ma alcuni sostenitori dei palestinesi che vivono nei territori occupati sono meno entusiasti della sentenza. La sentenza, infatti, fa ben poco per cambiare immediatamente la realtà vissuta dai palestinesi. Mentre i giudici della CGI leggevano la loro sentenza dal Palazzo della Pace dell’Aia, nei Paesi Bassi, sono state rese pubbliche nuove segnalazioni di coloni israeliani che attaccavano i palestinesi a Huwara, in Cisgiordania, bruciando negozi e campi.
La Corte ha semplicemente detto l’ovvio. In Cisgiordania, tutto procede come al solito, a meno che i governi non abbiano la volontà politica di costringere sia israeliani che palestinesi ad attuare una soluzione a due Stati che dia sovranità alla Palestina (ma mercoledì 17 luglio la Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato una risoluzione che si oppone alla creazione di uno Stato palestinese; tra i sostenitori figurava anche Benny Gantz, il principale rivale politico di Netanyahu). Stati Uniti e Unione Europea non hanno reagito al parere della Corte (hanno cercato di fare finta di niente2) e nei Territori palestinesi gli abusi sono continuati, con demolizioni di case, espropri delle terre, raid militari giornalieri e attacchi dei coloni israeliani nella Cisgiordania occupata. E poi c’è Gaza con oltre 39mila uccisi accertati dal 7 ottobre 2023 e decine di migliaia di feriti, per la maggior parte donne e bambini. Almeno altri 10mila sono i dispersi, ma se ne temono molti di più: con il sistema sanitario al collasso, trovare e identificare i morti è diventata un’impresa impossibile. Mentre massacri di massa, fame, raid militari e bombardamenti continuano. È stato di almeno 80 morti e 200 feriti il bilancio dell’offensiva scatenata dall’esercito israeliano nel campo profughi di Khan Younis (in precedenza designato come “zona umanitaria” per la popolazione di Gaza), con Israele che ha motivato l’attacco sostenendo che nell’area ci fosse “una significativa attività terroristica” da parte di Hamas.
Nel mezzo della guerra arabo-israeliana del 1967, Israele iniziò l’occupazione della Cisgiordania e di Gaza e annesse Gerusalemme Est. Poco dopo, Israele iniziò a stabilire insediamenti all’interno dei territori occupati, sostenendo i civili israeliani mentre costruivano comunità su terre sottratte ai palestinesi. Anche se Israele ha ritirato le sue truppe e i suoi insediamenti da Gaza nel 2005, ha continuato a promuovere ed espandere i suoi insediamenti in Cisgiordania. E negli ultimi mesi, il governo di estrema destra del primo ministro Benjamin Netanyahu ha utilizzato l’azione militare a Gaza come copertura per espandere i suoi insediamenti a un ritmo più rapido rispetto ai decenni precedenti.
Il governo israeliano ha immediatamente respinto la sentenza della CIG, che alcuni politici israeliani hanno attaccato come antisemita, con un provocatorio Netanyahu che ha definito Gerusalemme “la nostra capitale eterna” e si è riferito alla Cisgiordania come “la terra dei nostri antenati”, usando i nomi biblici “Giudea e Samaria”. “Nessuna falsa decisione dell’Aja distorcerà questa verità storica”, ha affermato in un comunicato, “e allo stesso modo la legalità dell’insediamento israeliano in tutti i territori della nostra patria non può essere contestata”.
B’Tselem, un gruppo per i diritti umani con sede in Israele, è stato tra una serie di organizzazioni che hanno accolto con favore la sentenza dopo decenni in cui avevano chiesto la fine dell’occupazione israeliana. Hanno affermato che la comunità internazionale ha evitato il problema credendo all’affermazione di Israele secondo cui la sua occupazione è temporanea e che è impegnato in negoziati e diplomazia verso una soluzione politica. “La pubblicazione del parere consultivo della CIG pone fine a queste giustificazioni, e ora la comunità internazionale deve utilizzare ogni strumento – penale, diplomatico ed economico – per costringere i decisori israeliani a porre fine all’occupazione”, ha affermato il gruppo.
Negli ultimi mesi, sempre più Stati hanno riconosciuto ufficialmente la Palestina come Stato, con Norvegia, Spagna e Irlanda che si sono unite ad altri 143 Stati nel riconoscimento. La sentenza della CIG, che dichiara l’occupazione di Israele un ostacolo allo Stato palestinese, potrebbe incoraggiare più Stati a seguire l’esempio. Ad aprile, gli Stati Uniti hanno posto il veto a una misura del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che avrebbe riconosciuto la Palestina come membro delle Nazioni Unite. All’epoca, gli Stati Uniti avevano affermato che lo Stato palestinese poteva derivare solo da negoziati diretti tra Palestina e Israele. Gli Stati Uniti inviano ogni anno miliardi di dollari in aiuti militari a Israele.
Israele ha avanzato argomentazioni simili nel periodo precedente alla decisione della CIG, affermando che la sentenza avrebbe interferito con i negoziati in corso. Separatamente, anche il Parlamento israeliano questa settimana ha approvato una risoluzione che rifiuta lo Stato palestinese, definendolo “un pericolo esistenziale per lo Stato di Israele e i suoi cittadini”. La decisione della CIG mina tale nozione e sostiene il diritto della Palestina all’autodeterminazione. Per questo la decisione della Corte dà davvero agli Stati, soprattutto a quelli che sono alleati di Israele, il sostegno legale o la copertura legale di cui hanno bisogno per riconoscere la Palestina e li isolerà un po’ dalle pressioni politiche che arriverebbero dagli Stati Uniti e Israele.
In passato le Nazioni Unite hanno rilasciato dichiarazioni in cui condannavano l’occupazione israeliana. Ma la maggior parte di queste sono state emesse da organismi delle Nazioni Unite organizzati per affrontare specificamente la questione della Palestina. Un separato parere consultivo della CGI, emesso nel 2004, dichiarò illegale il muro israeliano di 400 miglia in Cisgiordania (ma Israele venne incoraggiato dai suoi alleati a sfidare il diritto internazionale e a rafforzare la sua impunità). Ma la Corte Suprema delle Nazioni Unite non ha mai pronunciato prima un linguaggio così duro sull’occupazione con il sostegno della maggioranza dei membri delle Nazioni Unite (il parere della Corte sulla continua occupazione del territorio palestinese è stato sollecitato in una richiesta del 2022 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite). La sentenza della CGI, in quanto formulata in riferimento ai trattati e a singole leggi, rappresenta un giudizio che sarà ora difficile da ignorare completamente3. La sentenza ha rappresentato anche un rimprovero alla tesi di Israele secondo cui la Corte non aveva il diritto di considerare la questione sulla base del fatto che le risoluzioni delle Nazioni Unite, così come gli accordi bilaterali israelo-palestinesi, avevano stabilito che il quadro corretto per risolvere il conflitto dovrebbe essere politico, non legale. Respingendo di fatto tale argomentazione, la Corte ha affermato che il diritto internazionale si applica indipendentemente dai decenni di falliti sforzi politici per raggiungere un accordo di pace duraturo, anche perché Israele ha continuato nella costruzione di insediamenti coloniali. La speranza è che ciò fornisca una serie ancora più forte di strumenti agli Stati e alla comunità internazionale per cercare di affrontare parte di ciò che sta accadendo nella Palestina occupata.
Intanto sabato notte è giunta la rappresaglia israeliana al drone lanciato su Tel Aviv dallo Yemen, venerdì (è esploso sopra un condominio, causando un morto e dieci feriti). Un viaggio di duemila chilometri senza che nessuno, né la difesa Usa né quella israeliana lo intercettassero4. Il portavoce dell’esercito israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha rivendicato il bombardamento israeliano del porto yemenita di Hodeidah “in risposta alle centinaia di attacchi contro Israele”. Nel bombardamento di cisterne petrolifere e di un impianto elettrico, a cui avrebbero partecipato aerei di Stati Uniti e Gran Bretagna5, sarebbero morte sei persone e 80 ferite. L’attacco, ha detto Netanyahu, “rende chiaro ai nostri nemici che non esiste luogo in cui non possa arrivare la lunga mano dello Stato di Israele”. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha detto che “l’incendio che sta attualmente bruciando a Hodeidah è visibile in tutto il Medio Oriente e il significato è chiaro… La prima volta che hanno fatto del male a un cittadino israeliano, noi lo abbiamo colpito. E lo faremo ovunque sarà richiesto”.
Gli Houthi, dal canto loro, hanno promesso di “tormentare” Israele con ulteriori attacchi in risposta al bombardamento. Domenica mattina presto, le sirene hanno suonato nella città portuale di Eilat sul Mar Rosso, con l’esercito israeliano che ha affermato che le sue difese aeree avevano intercettato un missile terra-superficie proveniente dallo Yemen prima che raggiungesse il territorio israeliano.
Infine, da lunedì Benjamin Netanyahu ha avviato la visita ad alto rischio a Washington, mentre è sotto crescenti pressioni interne e internazionali per raggiungere un accordo per un cessate il fuoco a Gaza e per riportare a casa i 120 ostaggi6. Il discorso di oggi al Congresso degli Stati Uniti (l’invito è venuto dalla leadership repubblicana alla Camera dei Rappresentanti per poi diventare bipartisan), l’incontro di giovedì con Biden (ormai non più candidato alla presidenza) e Kamala Harris, e l’incontro con Donald Trump venerdì nel suo resort di Mar-a-Lago in Florida7, mirano a raccogliere sostegno per Israele mentre cerca di porre fine alla sua campagna per distruggere Hamas e aprire un secondo fronte contro Hezbollah nel nord, in Libano (l’ultima guerra tra Israele e Hezbollah, nel 2006, uno spasmo di violenza durato 34 giorni, ha lasciato il Libano in rovina), che nelle ultime settimane ha aumentato gli attacchi con droni e missili che hanno colpito il nord di Israele (con circa 80mila persone che sono ormai sfollate), mentre l’esercito israeliano bombarda con missili e aerei i depositi di armi di Hezbollah e il territorio libanese. “In nessuna circostanza sono disposto a rinunciare alla vittoria su Hamas”, ha detto Netanyahu. “Se molliamo, saremo in pericolo a causa di tutto l’asse del male dell’Iran”.
“Cercherò di ancorare il sostegno bipartisan che è così importante per Israele”, ha detto prima di partire per Washington. Ma anche un opinionista come Thomas L. Friedman, tradizionalmente filo-israeliano, ha scritto sul New York Times che “Netanyahu sembra un piccolo leader in un momento storico”. La realtà è che le politiche di Netanyahu hanno fratturato quel sostegno bipartisan. Intorno a lui si stringono i repubblicani, ma crescono le critiche da parte dei democratici8. Bernie Sanders ha definito “vergognoso” che sia stata data la possibilità al “criminale di guerra” Benjamin Netanyahu, che presiede un “governo estremista di destra”, di tenere un discorso al Congresso. “Con questo invito, sarà impossibile per gli Stati Uniti dare lezioni, con la faccia seria, a qualsiasi paese della terra sui diritti umani e sulla dignità umana”, ha detto Sanders. La deputata democratica Rashida Tlaib, un membro della “Squad”, ha sostenuto che Netanyahu, il leader di un paese sotto processo per genocidio presso la CIG, dovrebbe essere arrestato e inviato all’Aia per affrontare la giustizia. Decine di parlamentari democratici hanno espresso l’intenzione di boicottare il suo discorso al Congresso di oggi pomeriggio. E la tensione è così alta che il presidente della Camera Mike Johnson ha minacciato di far arrestare chiunque provochi disordini in sala o nella galleria superiore. Kamala Harris non sarà presente, cosa che secondo un assistente è avvenuta a causa di un conflitto di programmazione, adducendo un precedente impegno a Indianapolis. Secondo il suo programma pubblico, Netanyahu incontrerà il presidente della Camera, Mike Johnson, e il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer, prima del discorso.
Netanyahu ha due obiettivi principali per questa visita negli USA. In primo luogo, vuole dimostrare di non aver minato le relazioni di Israele con gli Stati Uniti, come hanno accusato i suoi critici interni. Il suo discorso di oggi alla sessione congiunta del Congresso sarà un buon punto di partenza. Il primo ministro vorrà anche dimostrare che i suoi legami con la Casa Bianca rimangono forti nonostante le divergenze tra lui e il presidente Biden sulla condotta delle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza9. A parte il suo discorso a Capitol Hill, Netanyahu sottolineerà agli israeliani quanto sostegno ci sia per Israele nelle sale del Congresso quando incontrerà la leadership sia del partito democratico che di quello repubblicano. Il consenso bipartisan sul sostegno a Israele, però, si sta apparentemente sgretolando, anche se i voti del Congresso sugli aiuti militari e finanziari rimangono sbilanciati a favore di Israele, la cooperazione nell’intelligence è ancora salda e il rapporto tra militari (interoperabilità) è solido.
C’è, però, anche un numero crescente di membri del Congresso – quasi tutti democratici – che mettono in dubbio il consenso di lunga data a Capitol Hill a sostegno di Israele. Persino un sostenitore accanito di Israele, come il senatore di New York Chuck Schumer, ha iniziato a vacillare, chiedendo dall’aula del Senato nuove elezioni per cacciare Netanyahu. Una vasta gamma di organizzazioni che si oppongono alla guerra di Israele a Gaza e al sostegno di Washington al suo alleato mediorientale ha indetto una manifestazione nazionale per contestare la visita del presidente sionista, circondando il Congresso degli Stati Uniti per prendere posizione a fianco del popolo palestinese e chiedere la fine del genocidio10.
In secondo luogo, Netanyahu cercherà di spostare la conversazione dal conflitto di Gaza alla minaccia che l’Iran e i suoi alleati rappresentano non solo per Israele, ma anche per gli Stati Uniti. Ciò è di fondamentale importanza per Netanyahu e Israele poiché le Forze di Difesa Israeliane (IDF), l’esercito del paese, intendono ridurre le principali operazioni a Gaza e rivolgere la propria attenzione al Libano meridionale, sede degli Hezbollah sostenuti dall’Iran (che in aprile ha lanciato un gran numero di missili e droni contro Israele). Dopo nove mesi di conflitto di basso livello tra Israele e Hezbollah, il rischio di una guerra totale è più alto che mai. Netanyahu vuole chiaramente ottenere il sostegno sia militare che diplomatico degli Stati Uniti nel caso in cui gli israeliani decidessero di intensificare il conflitto di confine in corso con il gruppo militante. Il governo israeliano non può tollerare la presenza di Hezbollah al confine11 e il fatto che Israele abbia dovuto evacuare ottantamila residenti nelle comunità settentrionali. Nel frattempo, l’amministrazione Biden rimane riluttante a impegnarsi ulteriormente mentre crescono i timori sul potenziale di un conflitto regionale più ampio. La visita di Netanyahu, e il probabile sostegno che riceverà dai membri del Congresso, hanno lo scopo di esercitare pressioni sull’amministrazione democratica durante la campagna elettorale per le difficili elezioni presidenziali.
In Israele, c’è una forte opposizione a Netanyahu e alla sua coalizione estremista al potere dal dicembre 2022, che include partiti e ministri di estrema destra pro-coloni, riguardo alla serie di fallimenti che ha reso possibile l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Dubbi vengono espressi anche sulla sua amministrazione riguardo al destino degli ostaggi, alla mancanza di un piano chiaro per Gaza dopo la sconfitta di Hamas, alla coscrizione di ebrei ultra-ortodossi nell’IDF e ad una serie di altre questioni (come i suoi processi penali). Ci sono anche tensioni politiche significative all’interno della coalizione di governo, che costringono Netanyahu a compiacere diversi schieramenti che spesso si oppongono tra loro in momenti diversi. Nel frattempo, Netanyahu e la sua coalizione controllano 64 seggi in una Knesset da 120. Si tratta del margine più ampio per un governo dai tempi del terzo governo di Netanyahu, formatosi all’inizio del 2013. Finché Netanyahu riuscirà a tenere unita la coalizione, il governo non cadrà fino al completamento del suo mandato quadriennale nel 2026.
Nel frattempo, sotto l’impulso della mediazione della Cina, le 14 fazioni palestinesi, tra cui le rivali Hamas e Fatah, hanno concordato di porre fine alle divisioni e di formare un futuro governo di unità nazionale. È stata firmata la Dichiarazione di Pechino12 in chiusura del dialogo di riconciliazione (aperto ad aprile) tra le fazioni svoltosi nella capitale cinese dal 21 al 23 luglio. I precedenti sforzi dell’Egitto e di altri paesi arabi per riconciliare Hamas e Fatah non sono riusciti a porre fine a 17 anni di conflitto di condivisione del potere che ha indebolito le aspirazioni politiche palestinesi, e resta da vedere se questo accordo sopravviverà alla realtà sul terreno. Nelle intenzioni, il governo di unità nazionale gestirà gli affari dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, supervisionerà la ricostruzione e preparerà le condizioni per le elezioni. Attualmente Hamas governa Gaza e Fatah costituisce la spina dorsale dell’Autorità Palestinese, che ha un controllo limitato nella Cisgiordania occupata da Israele.
L’accordo rappresenta un colpo diplomatico per Pechino e la sua crescente influenza in Medio Oriente, dopo che l’anno scorso ha mediato un accordo di pace rivoluzionario tra i nemici regionali di lunga data, l’Arabia Saudita e l’Iran. “Il risultato principale è chiarire che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina è l’unico rappresentante legittimo del popolo palestinese”, ha affermato il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, durante la cerimonia di chiusura13. “La Cina spera sinceramente che le fazioni palestinesi raggiungano presto l’indipendenza palestinese sulla base della riconciliazione interna”. Wang ha aggiunto che la comunità internazionale dovrebbe sostenere gli sforzi per formare un governo palestinese ad interim per controllare Gaza e la Cisgiordania14. Negli ultimi mesi i funzionari cinesi hanno intensificato la difesa dei palestinesi nei forum internazionali, chiedendo una conferenza di pace israelo-palestinese e un calendario specifico per attuare una soluzione a due Stati.
Alessandro Scassellati
- Nel caso proposto dal Sudafrica, è già stata emessa una sentenza preliminare con la quale il tribunale ha ordinato a Israele di prevenire e punire l’incitamento al genocidio e di aumentare le forniture di aiuti umanitari. A maggio, la CGI ha anche ordinato a Israele di fermare la sua offensiva su Rafah, una città nel sud di Gaza, citando “il rischio immenso” per centinaia di migliaia di palestinesi che si rifugiavano lì. Ma Israele ha continuato i suoi attacchi contro Gaza, compresa Rafah, a dispetto della Corte delle Nazioni Unite. Le immagini satellitari e i video sui social media caricati dai soldati israeliani di stanza intorno a Rafah mostrano strade allargate per consentire il passaggio dei veicoli blindati circondate da una distruzione totale, compresi edifici rasi al suolo in una città un tempo vivace. Il 21 maggio il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, ha emesso un mandato di arresto per Netanyahu e per il Ministro della difesa Gallant per “crimini di guerra e crimini contro l’umanità”, stesso mandato di arresto per Yahya Sinwar e altri due leader di Hamas.[↩]
- Gli Stati Uniti hanno criticato “l’ampiezza” della sentenza della CIG. “Siamo stati chiari sul fatto che il programma di sostegno del governo israeliano agli insediamenti è incompatibile con il diritto internazionale e ostacola la causa della pace”, ha detto sabato un portavoce del Dipartimento di Stato americano. “Tuttavia, temiamo che l’ampiezza del parere della Corte complicherà gli sforzi per risolvere il conflitto”, ha aggiunto. Il Dipartimento di Stato ha affermato che l’opinione della CIG secondo cui Israele deve ritirarsi il prima possibile dai territori palestinesi “non è coerente con il quadro stabilito” per la risoluzione del conflitto. Washington ha affermato che tale quadro deve tenere conto delle esigenze di sicurezza di Israele, che a suo dire sono state evidenziate dall’attacco del 7 ottobre. Gli Stati Uniti hanno fermamente sostenuto la guerra a Gaza, affermando il “diritto di Israele a difendersi” e fornendo al paese miliardi di dollari in aiuti militari. Josep Borrell, capo della politica estera dell’UE, ha detto che la sentenza della CGI è “in gran parte coerente con le posizioni dell’UE”. Ha affermato che l’UE ha preso “buona nota” della sentenza della Corte e ha sollecitato ulteriore sostegno al parere della Corte: “In un mondo di costanti e crescenti violazioni del diritto internazionale, è nostro dovere morale riaffermare il nostro incrollabile impegno nei confronti di tutte le decisioni della CGI in modo coerente, indipendentemente dall’argomento in questione”. In una nota ha aggiunto che il parere “dovrà essere analizzato in modo più approfondito, anche in considerazione delle sue implicazioni per la politica dell’UE”. USA e UE devono dire basta con l’approccio dei due pesi e due misure: se per i territori occupati dalla Russia in Ucraina si sono mobilitati per inviare miliardi in armi, rischiando la Terza Guerra Mondiale, non possono più tacere o cancellare l’illegalità dell’occupazione militare israeliana dei Territori palestinesi.[↩]
- Impiegando mezz’ora per leggerla, la sentenza ha riunito molteplici filoni del diritto internazionale, dalle Convenzioni di Ginevra a quella dell’Aia, per sostenere un caso che da anni è evidente ai palestinesi e ai critici della politica israeliana nella comunità internazionale. In sintesi, si afferma che anni di ambizioni ufficialmente autodescritte da parte di Israele di costruire e stabilirsi nei territori occupati equivalevano all’intento di annettere effettivamente il territorio contro il diritto internazionale; che quelle politiche erano progettate per avvantaggiare i coloni e Israele, non i palestinesi che vivono sotto l’amministrazione militare. Forse la sezione più significativa è stata la frase secondo cui “il trasferimento da parte di Israele di coloni in Cisgiordania e Gerusalemme, nonché il mantenimento della loro presenza da parte di Israele, sono contrari all’articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra”. Anche se i singoli paragrafi che si applicano a ogni violazione del diritto internazionale – e a ogni incoerenza – non sono sorprendenti, presa nella sua interezza la sentenza offre una sfida profonda ai governi, inclusi Regno Unito e Stati Uniti, che per anni hanno reagito con moderazione alle politiche di occupazione di Israele, criticando la costruzione degli insediamenti ma fino a poco tempo fa facendo poco a livello pratico al riguardo. Se la situazione è cambiata negli ultimi mesi, con una serie di sanzioni statunitensi, britanniche ed europee rivolte ai coloni violenti, sia individualmente che ai gruppi che li sostengono, la sentenza consultiva pone una questione molto più seria: se, data la gravità delle violazioni delle norme del diritto internazionale, le sanzioni dovrebbero essere applicate anche ai ministri e alle istituzioni israeliane che sostengono l’impresa degli insediamenti (un regime coloniale d’insediamento vietato ai sensi della risoluzione 1514 del 1960 dell’Assemblea Generale dell’ONU).[↩]
- Gli Houthi, governo de facto del paese, hanno subito rivendicato l’attentato, sostenendo di aver utilizzato un nuovo tipo di drone non rilevabile dai radar e dai sistemi di difesa aerea dell’Iron Dome israeliano. I funzionari israeliani hanno invece attribuito la colpa all’“errore umano” e hanno affermato che l’esercito stava indagando su cosa fosse andato storto.[↩]
- Negli ultimi mesi, Stati Uniti e Regno Unito hanno ripetutamente colpito la città portuale di Hodeidah in risposta alla presa di mira da parte degli Houthi di navi nel Golfo di Aden, interrompendo per mesi l’attività marittima nel Mar Rosso, nonostante le promesse del gruppo di continuare i suoi attacchi finché la guerra a Gaza andrà avanti.[↩]
- Alcuni degli ostaggi di Hamas a Gaza e liberati durante un precedente accordo sugli ostaggi hanno deciso di viaggiare con Netanyahu a Washington. La loro decisione si è rivelata controversa per i parenti di alcuni dei 116 ostaggi ritenuti ancora a Gaza, che la settimana scorsa hanno invitato l’ex ostaggio Noa Argamani a non volare con Netanyahu “come decorazione”. Netanyahu ha affermato che solo la pressione militare potrà liberare gli ostaggi rimasti, mentre il 70% degli israeliani ritiene che lui sia responsabile del mancato raggiungimento di un accordo, secondo un sondaggio pubblicato la notte prima della sua partenza per Washington. I manifestanti israeliani e persino i capi militari chiedono un accordo con Hamas, che libererebbe gli ostaggi in cambio di una pausa nei combattimenti. I negoziatori del servizio di intelligence israeliano del Mossad sono attesi in Qatar alla fine di questa settimana, continuando i colloqui che si trascinano dall’inizio di quest’anno. Poco dopo la partenza di Netanyahu, l’esercito israeliano ha annunciato che due degli ostaggi tenuti da Hamas sono stati uccisi negli ultimi mesi, affermando che stavano indagando sulle cause della morte, inclusa la possibilità che almeno uno fosse stato ucciso dagli attacchi aerei israeliani su Gaza. Un ex ostaggio di 17 anni ha scritto sui social media di Yagev Buchshtab, 35 anni, che ha descritto di aver incontrato brevemente durante la prigionia di Hamas. “Lo Stato avrebbe potuto salvarlo“, ha scritto. “Dal terreno, non sembra che siamo sulla buona strada per un cessate il fuoco”, ha detto Nadav Weiman, vice capo di Breaking the Silence, un’organizzazione di ex soldati israeliani critici nei confronti dello Stato. “Non sembra che il nostro primo ministro voglia un cessate il fuoco o un accordo sugli ostaggi, perché più di ogni altra cosa si preoccupa di sé stesso e di evitare il processo. Per questo ha bisogno della sua coalizione di destra. Viene al Congresso per Benjamin Netanyahu, per vedere il suo migliore amico Trump, vuole un’udienza con lui più di Biden, credo”.[↩]
- L’ultima volta che Netanyahu è stato alla Casa Bianca è stato nel settembre 2020. Donald Trump era presidente e l’occasione era la firma dei cosiddetti Accordi di Abraham. Sia Trump che Netanyahu hanno perso le elezioni subito dopo: Trump nel novembre 2020 e Netanyahu nel marzo 2021. Trump è un convinto sostenitore dello Stato di Israele e nel 2017 ha riconosciuto formalmente Gerusalemme come sua capitale. L’anno successivo trasferì lì l’ambasciata degli Stati Uniti. Ma lui e Netanyahu hanno avuto dei litigi negli ultimi anni. Trump era irritato dalle dichiarazioni di congratulazioni di Netanyahu dopo la vittoria di Biden nel 2020 e lo ha definito “un leader debole”. E l’ex presidente ha condannato Netanyahu per il fallimento dell’intelligence del paese il 7 ottobre. Ha anche minacciato il primo ministro che se non cementa un accordo per riportare a casa gli ostaggi presto, l’amministrazione Trump non lo vedrà di buon occhio.[↩]
- Le organizzazioni della lobby filo-israeliana hanno donato somme significative ai membri del Congresso nelle loro ultime elezioni. Secondo quanto riferito, l’AIPAC ha impegnato 100 milioni di dollari per sconfiggere quei democratici progressisti alla Camera che chiedevano un cessate il fuoco e si opponevano al trasferimento di armi statunitensi a Israele. Sappiamo che i candidati alla Camera o al Senato si trovano di fronte alla scelta tra accettare i soldi della lobby o vederli andare ai loro avversari.[↩]
- Biden rimane uno dei presidenti più filo-israeliani, un sionista autodichiarato che è stato lodato dagli israeliani per il suo sostegno e la sua empatia, cementati dal suo viaggio in Israele pochi giorni dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Ma da allora, è diventato allarmato per il costo della richiesta di Netanyahu di una “vittoria totale” contro Hamas a Gaza. L’amministrazione è frustrata dal fatto che il primo ministro israeliano abbia rifiutato una soluzione postbellica che implichi il perseguimento di uno Stato palestinese. È arrabbiato con lui per aver resistito agli appelli a fare di più per proteggere i civili palestinesi e aumentare il flusso di aiuti a loro destinati. Si trova ad affrontare una reazione interna per il crescente bilancio delle vittime a Gaza. Ed è apparentemente preoccupato che il conflitto si stia diffondendo nella regione. La decisione di Biden di abbandonare la corsa, secondo gli analisti, potrebbe rafforzarlo rispetto a Netanyahu: non è un’anatra zoppa per quanto riguarda la politica estera, anzi in un certo senso è più indipendente perché non deve prendere in considerazione alcun impatto sugli elettori. È più libero di fare ciò che pensa sia veramente necessario fare. D’altra parte, Kamala Harris è meno gravata dal disastroso sostegno di Biden alla guerra di Israele, il che suscita qualche speranza nei sostenitori filo-palestinesi. Gli addetti ai lavori affermano che Harris sarà più propensa a impegnarsi in pubbliche critiche nei confronti di Netanyahu rispetto a Joe Biden e a concentrare l’attenzione sul bilancio dei civili a Gaza – anche se manterrebbe gli aiuti militari statunitensi e altri tipi di sostegno a Israele che sono stati un pilastro della politica estera di Biden.[↩]
- Un gran numero di manifestanti filo-palestinesi si sono radunati fuori dal Watergate Hotel, dove alloggia Netanyahu, chiedendo l’arresto di Netanyahu. Inoltre, martedì la polizia di Capitol Hill ha arrestato circa 200 attivisti ebrei che protestavano contro il sostegno militare americano a Israele all’interno di un edificio del Congresso (nella Cannon Rotunda). I manifestanti, organizzati dal gruppo attivista Jewish Voice for Peace, indossavano magliette rosse con le frasi “non a nostro nome” e “gli ebrei dicono di smettere di armare Israele“. Alcuni portavano striscioni con la scritta “cessate il fuoco adesso” e “lasciate vivere Gaza“. Per oggi, una nuova coalizione di gruppi di advocacy – alcuni dei quali guidati da ebrei –, il Peace & Justice Bloc, ha esortato i legislatori a boicottare il discorso di Netanyahu al Congresso e ad “amplificare le voci di coloro che in Israele, Palestina e nel mondo rifiutano la leadership fallita di Netanyahu”. Un volantino ha sollecitato la formazione di una “Linea rossa popolare attorno a Capitol Hill“, dove i manifestanti criticheranno il governo degli Stati Uniti per non aver tracciato una “linea rossa” nel sostenere Israele nonostante il bilancio delle vittime della guerra. Le proteste statunitensi da quando è iniziata l’azione militare israeliana a Gaza hanno incluso marce, veglie e blocchi di ponti e strade vicino a stazioni ferroviarie e aeroporti in diverse città insieme ad accampamenti nei campus universitari.[↩]
- Secondo le stime dell’intelligence israeliana, le scorte di armi di Hezbollah sono più di sette volte più grandi di quelle di Hamas e includono armi molto più letali. Insieme a centinaia di droni d’attacco, comprende circa 130mila-150mila razzi e missili, tra cui centinaia di missili balistici che potrebbero raggiungere obiettivi a Tel Aviv e anche più a sud, anzi, ogni punto del paese.[↩]
- La Dichiarazione di Pechino contiene quattro elementi principali: 1. l’istituzione di un governo di unità nazionale ad interim; 2. la formazione di una leadership palestinese unificata in vista delle future elezioni; 3. la libera elezione di un nuovo Consiglio nazionale palestinese; 4. una dichiarazione generale di unità di fronte agli attacchi israeliani in corso.[↩]
- Hamas e la Jihad islamica non sono membri dell’OLP, il massimo organo decisionale palestinese, ma chiedono che qualsiasi accordo di unità includa lo svolgimento di un’elezione per il parlamento dell’OLP per garantire la loro inclusione. I gruppi islamici sono in contrasto con l’attuale OLP sugli accordi di pace con Israele. Le fazioni palestinesi, da lungo tempo in conflitto, non sono riuscite a sanare le loro controversie politiche dopo che i combattenti di Hamas hanno espulso Fatah da Gaza in una breve guerra nel 2007.[↩]
- Israele si oppone con veemenza a qualsiasi ruolo di Hamas nel governo di Gaza e, nonostante l’opposizione anche di Washington, ha lasciato intendere che intende mantenere il controllo dell’enclave. Israele si è quindi affrettato a respingere l’accordo annunciato. Prendendo di mira il capo di Fatah e presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas per aver collaborato con Hamas, il ministro degli Affari Esteri Israel Katz ha riaffermato la posizione del suo governo secondo cui nessuno tranne Israele controllerà Gaza dopo la fine delle ostilità. “Invece di respingere il terrorismo, Mahmoud Abbas abbraccia gli assassini e gli stupratori di Hamas, rivelando il suo vero volto”, ha affermato Katz su X. “In realtà, questo non accadrà perché il governo di Hamas verrà schiacciato e Abbas osserverà Gaza da lontano. La sicurezza di Israele rimarrà esclusivamente nelle mani di Israele”.[↩]