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Fratelli d’Italia sostiene Draghi sulle armi all’Ucraina

di Franco
Ferrari

Lo scoppio della guerra in Ucraina e l’occupazione militare russa del Donbass ha costretto le varie forze politiche a prendere posizione su alcune questioni fondamentali sia sul piano ideologico che su quello geopolitico. Lo stesso vale per Fratelli d’Italia, partito che si trova formalmente all’opposizione in Parlamento (ma alleato ad alcuni dei partiti che invece sostengono il Governo) e il cui posizionamento può essere esaminato a partire da tre diverse questioni: 1) l’atteggiamento sulla guerra in generale; 2) la collocazione atlantista dell’Italia; 3) i rapporti tra le forze politiche nazional-conservatrici in Europa e negli Stati Uniti.

L’ideologia di fondo di Fratelli d’Italia, che si propone come continuatore del Movimento Sociale Italiano e più in generale di una destra conservatrice i cui confini con l’identità neofascista non sono mai nettamente delineati, assume la guerra come strumento potenziale di regolazione del conflitto politico.

In una certa misura, la politica può essere considerata la continuazione della guerra con altri mezzi (rovesciando il concetto di von Clausewitz). D’altra parte Giorgia Meloni conclude la sua biografia scrivendo “io sono un soldato” e “non diserterò”. Sempre nello stesso libro l’idea di Europa che viene affermata non è quella presente spesso nella retorica europeista (a volte sincera a volte meno) che colloca la costruzione dell’Unione Europea nell’orizzonte del superamento dei nazionalismi che hanno prodotto due conflitti mondiali, ma quella che si fonda sulla guerra come marcatore di dientità. Soprattutto contro l’eterno nemico islamico. La battaglia di Poitiers nel 732 d.c. con la quale viene fermata “la marea islamica”, la difesa di Costantinopoli di Costantino XI oppure “i caduti nella battaglia di Lepanto del 1571 per fermare l’avanzata turca”.

Le identità nazionali nascono con le guerre e si cementano col sangue. Questa visione è coerente con l’esaltazione della celebrazione della Prima guerra mondiale (la proposta di sostituire La Canzone del Piave a Bella Ciao il 25 aprile, per superare una ricorrenza ritenuta divisiva degli italiani) mentre si preferisce occultare la Seconda, assai più problematica per l’identità di Fratelli d’Italia. E’ stato Ignazio La Russa, anche se al tempo non era ancora tra i fondatori di FdI, a proporre di affidare parte delle lezioni di storia nelle scuole italiane direttamente agli ufficiali dell’esercito (come riferisce Gabriele Turi in La cultura delle destre, Bollati Boringhieri, 2013, p. 131, citato da Marianna Bettinelli nella sua tesi di laurea su “La storia infinita di Giorgia Meloni. Aspetti linguistici e retorici dello storytelling politico della leader di Fratelli d’Italia”).

Nello stesso contesto ideologico vanno collocati i numerosi riferimenti alla letteratura “fantasy”, quella che mescola un medioevo immaginario a temi fantascientifici, con il suo repertorio di eroismi, battaglie, conflitti mortali tra Bene e Male. Una delle citazioni preferite della Meloni è tratta dal “Signore degli Anelli” di Tolkien, sempre apprezzato dall’estrema destra italiana anche se per un’interpretazione discutibile, laddove si dice che si “ama ciò che si difende”. Il contenuto di ciò che si ama non è rilevante, l’importante è che esso sia oggetto di un conflitto senza mediazioni. Tra lo schiavista che ama lo schiavismo e lo difende e lo schiavo che ama la propria libertà e si batte per conquistarla ciò che decide può essere solo la forza.

Nel giudizio sulla guerra in Ucraina FdI, come altre forze politiche della destra radicale in Europa, ha dovuto scegliere tra due approcci. Il primo è quello dell’adesione all’atlantismo, l’altro quello della solidarietà con la politica di Putin considerata per molti aspetti affine all’orizzonte ideologico nazional-conservatore. La leadership russa è sempre stata vista con una certa benevolenza in quanto baluardo dei valori “tradizionali” (in realtà sempre arbitrariamente definiti) e difensore “dell’identità cristiana”. Lo stesso partito di Putin “Russia Unita” ha avuto rapporti di “fratellanza” con forze politiche come il Front National francese (ora Rassemblement National). In Italia le relazioni sono state più strette con la Lega Nord piuttosto che con l’estrema destra di derivazione neofascista. Ma non sono mancate le dichiarazioni di apprezzamento nei confronti di Putin da parte della stessa Meloni.

Ciò nonostante, in Fratelli d’Italia ha prevalso l’orientamento atlantista. Anche in questo caso c’è una continuità storica che risale alla scelta compiuta dall’MSI negli anni ’50. Ad una prima fase in cui gli Stati Uniti e in generale i Paesi occidentali che diedero vita alla Nato erano visti come i nemici della guerra appena terminata (i responsabili dell’imposizione di un trattato di pace ritenuto sfavorevole per l’Italia, il cosiddetto Diktat) prevalse poi la scelta di mettere in primo piano la contrapposizione Occidente/comunismo. Essendo il comunismo interpretato come una ideologia internazionalista e quindi ostile ad ogni forma di visione nazionalista, soprattutto se di tipo etnico, classista e pertanto fonte di divisione in un popolo che invece doveva essere omogeneo, oltre che tendenzialmente livellatrice delle gerarchie sociali considerate invece frutto della natura intrinsecamente diversa degli esseri umani: questo era inevitabilmente considerato il nemico principale.

Pur mantenendo all’interno qualche tendenza “terzaforzista” che riteneva di dover combattere sia il comunismo che il capitalismo materialista di matrice statunitense, la scelta politica prevalente dell’MSI era di sostenere la Nato e il blocco occidentale. D’altra parte di questo facevano parte anche regimi politicamente affini come quello franchista in Spagna e quello salazarista in Portogallo. Questa visione dei rapporti internazionali era anche funzionale al tentativo di “inserimento” nel sistema politico italiano come parte di un più ampio schieramento anticomunista che spostasse a destra la Dc e aprisse così la strada ad una qualche forma di alleanza. Una strategia fortemente indebolita dalla reazione di massa al governo Tambroni nel 1960.

L’adesione al sostegno militare all’Ucraina è stata quindi “senza se e senza ma” e disponibile a non fare differenze tra armi difensive e armi offensive. Si è concretizzato anche in una mozione parlamentare che è stata approvata grazie a voti favorevoli ed astensioni, consolidando il segnale di convergenza in politica estera nel Parlamento italiano tra le forze di governo e il principale partito di opposizione.

Dal punto di vista ideologico, Fratelli d’Italia ha dovuto elaborare un paragone storico che non implicasse (come in parte della informazione mainstream) una identificazione tra resistenza ucraina e Resistenza italiana, per ovvi motivi. Si è quindi ricorso all’equiparazione tra un Risorgimento ucraino in atto e il Risorgimento italiano ottocentesco per motivare il pieno sostegno militare a Kiev. Il richiamo di FdI al Risorgimento italiano è comprensibile in una visione nazionalista ma dimentica che l’unità d’Italia si fece contro i conservatori e i clericali del tempo (gli antirivoluzionari che cercavano di riportare le lancette della storia a prima della Rivoluzione francese), di cui in una certa misura il partito della Meloni si considera erede. Per far scattare un riflesso condizionato consolidato nella storia della destra italiana, la politica russa viene poi identificata con quella sovietica, come è chiaro dagli editoriali de “La voce del patriota”, giornale online portavoce del partito.

Il terzo elemento della strategia di Fratelli d’Italia riguarda l’allineamento internazionale in un contesto che ha visto ripetutamente fallire i tentativi di unire tutta la destra radicale in un solo strumento politico di livello europeo (gruppo parlamentare e partito sovranazionale). A Bruxelles permangono due gruppi quello dei “Conservatori e riformisti” e quello di “Identità e democrazia”. Fratelli d’Italia appartiene al primo e la Lega di Salvini al secondo.

Il gruppo dei conservatori e riformisti è stato costituito a partire dalla decisione dei Conservatori inglesi di rompere con il gruppo dei popolari, considerato troppo federalista sui temi europei. Gli inglesi avevano trovato il sostegno della destra nazionalpopulista polacca di “Diritto e giustizia” e di altre formazione minori. Al momento della sua costituzione nel 2012, Fratelli d’Italia decise di aderire a questo gruppo per diverse ragioni. Innanzitutto per disporre di una collocazione politica che lo distinguesse dalla Lega Nord. In secondo luogo per cercare di darsi una nuova identità ideologica, quella di forza “conservatrice”, che consentisse di sfumare quella neofascista senza però negarla mai apertamente. In terzo luogo per l’adesione alla visione “pro-market” ovvero di liberismo estremo propria dei conservatori eredi della Thatcher. FdI colloca nel proprio pantheon ideologico sia la Thatcher che Reagan adottando una visione economica diversa da quella di partiti della destra radicale che invece hanno assunto un profilo di politica per certi versi più vicino a quello della socialdemocrazia di un tempo, di difesa del welfare state, seppure in una visione esclusivista e nativista.

Il gruppo dei Conservatori (e il partito corrispondente di cui la Meloni è Presidente) è diventato il punto di confluenza tra una destra classica radicalizzata a destra in Europa e fuori (repubblicani Usa, conservatori britannici, Likud israeliano) e di formazioni eredi del neofascismo (FdI in Italia, Vox in Spagna). A questi si sono aggiunti con un ruolo importante partiti nati in Paesi dell’ex blocco socialista, di orientamento ideologico nazional-conservatore e clericale, con significative tentazioni autoritarie ma anche decisamente ostili alla Russia di Putin sul terreno geopolitico, anche se affini su quello ideologico.

La differenza rilevante di approccio tra la Polonia del PiS e l’Ungheria di Orban in relazione alla guerra in Ucraina ha confermato che la visione dei rapporti con la Russia resta un punto di divisione all’interno dello schieramento della destra radicale, anche se quasi tutti i partiti hanno preso le distanze dall’aggressione militare russa.

L’alleanza tra Fratelli d’Italia e la destra polacca è necessaria ai primi per disporre di una proiezione significativa sulla scena nazionalconservatrice europea e internazionale ed anche per non essere ghettizzati nella prospettiva di un futuro governo italiano, di cui la Meloni sia alla guida. Il diverso atteggiamento assunto dalla Commissione europea della von der Leyen nei confronti della Polonia e dell’Ungheria (quest’ultima ancora esclusa dai finanziamenti europei a differenza della prima) conferma che l’adesione o meno alla politica di schieramento a fianco dell’Ucraina in questa fase, decide chi è dentro o fuori il perimetro accettabile dell’establishment europeo e occidentale.

FdI resta, secondo i sondaggi, il partito italiano con i consensi più elevati (22-23%) all’interno di uno schieramento di centro-destra che può aspirare (se supera le proprie divisioni interne) a conquistare la maggioranza parlamentare. Evidenti le aspirazioni della Meloni a diventare il primo Presidente del Consiglio post-fascista dalla fine della seconda guerra mondiale. L’adesione allo schieramento occidentale rimuove un possibile ostacolo a realizzare questa ambizione, ma le spinte contrarie, anche all’interno del centro-destra restano molto forti. Lo scenario di una qualche forma di grande intesa che perpetui l’esperienza del Governo Draghi anche nella prossima legislatura sembra ancora quello più probabile.

Franco Ferrari

 

 

 

 

 

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