Con una sigla abbastanza singolare in questi giorni e ore sta nascendo la NUPES, ovvero la Nouvelle Union Populaire Ecologique et Social, che dovrebbe consentire di unire tutta la sinistra che si era presentata estremamente frammentata alle elezioni presidenziali.
La France Insoumise, partito-movimento della sinistra radicale guidato da Jean-Luc Melenchon, è uscito rafforzato dallo scontro per l’elezione del Presidente della Repubblica, avendo ancora allargato il consenso ottenuto cinque anni fa e distanziato di molto tutti i rivali dell’area ecologista e della sinistra, moderata o comunista.
Con un’indubbia abilità tattica, Melenchon, escluso per un soffio dal ballottaggio contro Macron, ha subito rilanciato proponendo agli elettori di portarlo, con il loro consenso, a Palazzo Matignon, sede del Governo. Attraverso la conquista della maggioranza alle elezioni legislative del 12 e 19 giugno, lo schieramento delle sinistre, il NUPES appunto, dovrebbe imporre a Macron un ritorno alla coabitazione tra due maggioranze diverse, quella presidenziale e quella parlamentare. Non un fatto nuovo per la Francia, ma che non si è più ripetuto dopo che venne modificata la tempistica elettorale per far cadere le elezioni legislative a ridosso di quelle presidenziali.
Al momento in cui scrivo, mattina del 4 maggio, la France Insoumise ha sottoscritto accordi con i verdi (EELV), con il PCF e con il Partito Socialista. I contenuti degli accordi hanno riguardato alcuni obiettivi politici generali su tutti i tempi principali, sociali, ecologici, istituzionali e di politica internazionale nonché la ripartizione delle circoscrizioni.
Per i vari partiti, da questo punto di vista, si ponevano diversi obiettivi. Innanzitutto la presentazione di almeno 50 candidati in altrettante circoscrizioni, condizione essenziale per potere ricevere il finanziamento pubblico. In secondo luogo puntare all’obiettivo per la conquista di un gruppo parlamentare che richiede almeno 15 deputati. Infine cercare di garantire i parlamentari uscenti.
Gli accordi raggiunti prevedono 100 circoscrizioni lasciate agli ecologisti, 70 ai socialisti, 60 al PCF. Resta in ballo anche un confronto con i neo-trotskisti del Nuovo Partito Anticapitalista, ma in questo caso non avendo una presenza parlamentare l’attribuzione di qualche circoscrizione non presenta un problema. A parte le richieste programmatiche avanzate dall’NPA che renderebbero impossibile lo stesso accordo, il principale ostacolo è la loro richiesta di escludere pregiudizialmente i socialisti dall’intesa.
Sono proprio i socialisti la forza politica che più sta soffrendo la nuova situazione. Un partito che fino a cinque anni fa aveva in mano tutto il potere politico (Presidente della Repubblica, Primo Ministro, maggioranza parlamentare) si trova oggi ad essere il socio minore di un’alleanza nella quale non ha più l’egemonia. I socialisti erano diventati il primo partito della sinistra, scavalcando e poi emarginando i comunisti, grazie all’abilità e al carisma di Mitterrand. Con la presidenza Hollande è iniziato un declino vertiginoso che si è accelerato con le recenti presidenziali.
Il Consiglio nazionale del Partito Socialista dovrà ratificare l’intesa che lo costringe ad aderire a politiche di sinistra, ben diverse dall’adesione ai dogmi liberisti che lo avevano caratterizzato ormai da alcuni decenni. L’opposizione interna a questa intesa è molto forte. Si sono schierati contro l’ex Presidente Hollande e anche Jean-Christophe Cambadelis, una figura politica importante nel partito, anche se ormai collocato in una posizione defilata (per curiosità storica sia Cambadelis che Melenchon erano entrambi militanti, negli anni giovanili, della corrente trotskista “lambertista”, dalla quale erano usciti per aderire al Partito Socialista).
Diversi parlamentari socialisti puntano a fare campagna elettorale al di fuori dell’intesa a sinistra, fidando nel proprio radicamento territoriale (parte clientelare, parte di effettivo legame con settori della società civile) che gli consente il sistema elettorale francese basato sulle circoscrizioni.
Per i socialisti il dilemma politico che hanno di fronte è sicuramente complicato. Rifiutare l’accordo, in presenza di una dinamica unitaria potrebbe rappresentare un colpo quasi finale per un partito che oggi non ha più né un’identità precisa, né una strategia e che rimane come rete di eletti locali. Aderire alla NUPES vuol dire rimettere in discussione radicalmente l’adesione al paradigma liberista.
Per i comunisti la strada dell’accordo è risultata relativamente più facile, anche se al suo interno vi sono forze che rimproverano a Melenchon di averne cercato la distruzione e a livello locale non mancano le tensioni. La campagna elettorale era iniziata positivamente per il PCF, come già avvenuto per le elezioni europee, ma ha poi sofferto dell’impatto del “voto utile”. Per quanto riguarda i punti programmatici l’intesa raggiunta è sicuramente radicale (aumento del salario minimo 1.400 euro netti e ritorno dell’età pensionabile a 60 anni, riconquista dei servizi pubblici, rinazionalizzazione di alcuni settori come l’energia, le autostrade, gli aeroporti, tassazione delle grande ricchezze e dei capitali, polo finanziario pubblico, pianificazione ecologica e “regola verde”, sesta repubblica, disobbedienza alle regole dell’Unione Europea se necessario) e accantona alcuni punti di dissenso tra comunisti e “insoumis”, come il ricorso al nucleare civile. Più generico il punto sulla politica internazionale, questione ovviamente che vede le varie forze politiche della sinistra schierate in modo diverso, e non contiene alcuni riferimento alla Nato.
In questi giorni (esattamente il 3 maggio) si ricorda l’anniversario della vittoria elettorale del Fronte Popolare, che cambiò radicalmente la condizione di vita dei lavoratori e dei ceti popolari. 40 ore di lavoro settimanale, due settimane di vacanze pagate che permisero a tanti francesi di umili condizioni (grazie anche ai biglietti del treno che il governo mise a disposizione a prezzi scontasti) di vedere per la prima volta il mare o la montagna, e così via.
L’esperienza del Fronte Popolare fu anche complicata e dagli esiti contraddittori ma fu comunque una cesura storica non più cancellabile per i suoi effetti sulla coscienza collettiva.
Siamo quindi di fronte alla possibilità di un nuovo “Fronte Popolare”? L’evocazione è suggestiva e vedremo se davvero a giugno si determinerà una dinamica decisiva nel voto. Intanto si può rilevare come l’apertura di nuove possibilità coincida con la sconfitta della sinistra moderata e subalterna al liberismo, e l’affermazione di una sinistra radicale che sta dimostrando, con qualche successo e ovvie difficoltà, di poter essere punto di raccordo di uno schieramento popolare più ampio.
Non c’è dubbio (e questo è il timore che scuote una parte del campo socialista) che un successo elettorale della NUPES potrebbe avere un impatto importante sull’intera sinistra europea. Dimostrando che un mutamento radicale dei rapporti di forza tra sinistra di trasformazione e social-liberali è l’unica condizione per aprire la strada ad un reale cambiamento politico.
Franco Ferrari