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Un progetto di finanziarizzazione totale della crisi climatica e della vita

di Roberto
Rosso

Nei primi due decenni di questo secolo – mentre le valutazioni e le previsioni sull’andamento del riscaldamento globale, le sue cause e le sue conseguenze si facevano sempre più precise – abbiamo assistito al proliferare di proposte di ristrutturazione dei processi produttivi e riproduttivi finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti senza che siano in grado di modificare radicalmente il modello di sviluppo ed il processo di accumulazione dei profitti; è la pratica del cosiddetto green washing che continua a ripresentarsi anche se appare sempre più inadeguata rispetto al procedere della crisi climatica.

La consapevolezza di un orizzonte catastrofico del riscaldamento globale sempre più prossimo, stimolata e rafforzata da un percorso costellato da eventi sempre più drammatici e ravvicinati a tutte le latitudini – mentre falliscono le trattative per un accordo globale su strategie efficaci per contrastarlo – è ormai giunta nel cuore del comando capitalistico, rendendo residuali e ininfluenti tentativi volti a sottovalutarne la portata. È consapevolezza della crisi che investe tutti gli ecosistemi del globo, che si manifesta in una serie di eventi catastrofici – i cosiddetti tipping point – e di processi di degrado progressivo; è la crisi dei meccanismi fondamentali di riproduzione della vita sul nostro pianeta in generale ed ancor di più delle condizioni di riproduzione della società umana nella forma che noi conosciamo e riguarda una popolazione di oltre otto miliardi di persone. Il consolidarsi di questa consapevolezza si iscrive nel processo di progressiva sussunzione – per usare un termine tradizionale – dei meccanismi di riproduzione della vita, di manipolazione dei suoi processi più intimi potremmo dire di sua industrializzazione. Il crearsi delle condizioni di sempre più concreta e reale scarsità delle basi della vita si presenta come una occasione imperdibile per una gigantesca opera di speculazione che assuma le vesti di un’operazione di salvataggio globale degli ecosistemi, di ristabilimento di equilibri naturali.

Quest’ultima risposta alla crisi climatica si presenta nella forma delle cosiddette Natural Asset Companies (NACs) una sostanziale finanziarizzazione degli ecosistemi1. La proposta che nasce dalla collaborazione tra il New York Stock Exchange (NYSE) e Intrinsic Exchange Group (IEG). La visione e gli obiettivi di questo progetto sono descritti come segue.

“IEG sfrutta le stesse forze di mercato che hanno intensificato molti problemi sociali e ambientali per creare invece abbondanza, resilienza e un’opportunità di investimento convincente includendo le risorse naturali nel mainstream dell’economia. Siamo pionieri di una nuova asset class basata sulle attività naturali e sul meccanismo per convertirle in capitale finanziario.  Queste risorse sono essenziali, rendendo la vita sulla Terra possibile e piacevole. Includono sistemi biologici che forniscono aria pulita, acqua, alimenti, medicine, un clima stabile, salute umana e potenziale sociale. Il potenziale di questa asset class è immenso. L’economia della natura è più grande della nostra attuale economia industriale e possiamo attingere a questa riserva di ricchezza e produttività per proteggere e far crescere la natura e trasformare la nostra economia in una più equa, resiliente e sostenibile. Il set di strumenti IEG collega i nostri valori sociali con le realtà economiche ed ecologiche.”  

Il funzionamento di questo dispositivo è riassunto così da Marco Bersani2 di Attac Italia Funzionerà infatti così: una NAC individua un bene naturale (ad esempio, una foresta pluviale o un lago), ne stima il valore e decide chi ne detiene i diritti di sfruttamento, gestione, conservazione. Tramite un’offerta pubblica iniziale, la NAC viene quotata in Borsa. A quel punto investitori privati e istituzionali, fondi sovrani o speculativi diventano proprietari sia delle risorse sia dei relativi processi naturali. La quotazione in Borsa della NAC ne determinerà il valore. Gli azionisti della NAC diventeranno dunque proprietari non solo del bene naturale ma anche dei servizi che questi ecosistemi producono a beneficio della vita e delle persone: dalla produzione alimentare all’acqua pulita, dalla biodiversità al sequestro del carbonio legato alla crescita delle piante e via discorrendo.”

In sintesi un processo in tre fasi.

  1.  Si individua il bene naturale e se ne stima il valore in termini dei servizi ecosistemici attuali o potenziali recuperando l’ecosistema. Per capire cosa si intende per servizi ecosistemici, vedi in nota3
  2. Si crea la NAT con i ‘proprietari’ -cittadini, autorità pubbliche, investitori ed altre parti interessate- con tutta la sua struttura.
  3. La NAT viene convertita in capitale finanziario tramite un’offerta pubblica di acquisto.

La legittimazione, come è del tutto evidente, di questa operazione consiste nel raccogliere fondi per intervenire sulla conservazione o restaurazione di ecosistemi. Tuttavia è altrettanto evidente come il comando di tutta l’operazione sia collocato nelle mani del capitale, la NAT ha l’obiettivo di creare valore per gli azionisti, all’interno dei meccanismi, le logiche e gli andamenti dei mercati finanziari.  La sintesi è tutta nel titolo e nei punti esposti dell’ultima sezione della pagina di presentazione del progetto ‘Values Captured in a Natural Asset Company’ (vedi in nota)4.

Dalla lettura di questi punti emerge il valore strategico della finanziarizzazione degli ecosistemi come risorsa fondamentale non solo per fare profitti, ma assieme e soprattutto come garanzia per la riproduzione del sistema capitalistico; potremmo dire che si istituisce la natura, l’ecosistema globale, come garante in ultima istanza del sistema capitalistico. Un’operazione decisamente paradossale con la quale si fonda la cura per la sempre più ravvicinate crisi e le sempre maggiori contraddizioni del sistema capitalistico -nelle sue varianti, come è bene specificare- sulla crisi in corso regionale e globale degli ecosistemi, nell’orizzonte della catastrofe climatica.  Potremmo dire che la finanza globale ha aperto le danze sulla tolda del Titanic; ben lungi dal costituire una operazione strategica di preservazione degli equilibri naturali, l’intera operazione si presenta come un dispositivo in grado di garantire enormi profitti nel breve  nel medio periodo. Di fatto si presenta come l’alternativa che il sistema finanziario propone dopo il fallimento della COP26 di Glasgow; non è sbagliato pensare che se a Glasgow fosse stato siglato un accordo globale, tra tutte le nazioni convenute, una strategia globale condivisa, la proposta delle NAT non sarebbe venuta alla luce. Le previsioni sulle potenzialità finanziarie dell’operazione sono le seguenti:

  • Prodotti e servizi 125.000 miliardi di dollari
  • Valore degli asset 4 milioni di miliardi di dollari

Per capirsi i valori attributi all’economia cosiddetta tradizionale sono rispettivamente 90.000 miliardi e 512.00 miliardi di dollari. I dati possono essere aggiornati5, le previsioni del Centre for Economics and Business Research prevedono per il 2022 un PIL globale superiore ai 100.000 miliardi di dollari, mentre il debito globale ha raggiunto  i 216.000 miliardi. L’entità del debito globale, la crescita verticale dell’inflazione, il rischio di recessione determinato dalla cessazione dalle iniezioni di capitale contro gli effetti della pandemia contribuiscono a farci comprendere il valore strategico – assieme al carattere paradossale – dell’operazione di finanziarizzazione dell’ecosistema globale, un’occasione imperdibile un vero colpo di genio.

Del fallimento della COP26 abbiamo già parlato, assieme all’ultimo rapporto IPCC i cui dati drammatici non sono riusciti a far superare la logica competitiva e conflittuale che regola i rapporti tra i protagonisti dello scenario globale.  Lo stato di degrado degli ecosistemi è testimoniato da due ulteriori rapporti relativi rispettivamente alla salute dei terreni, in termini stato dei suoli, regime delle acque e biodiversità6 ed a quella di boschi e foreste7. Questi ultimi due rapporti ed il complesso di documenti ad essi collegati a livello regionale e settoriale, richiedono uno sforzo di analisi importante mettendoli in relazioni con il rapporto IPCC sul clima; non si tratta solo di commentarli una tantum, ma di sviluppare un lavoro di analisi continuativo, facendone buon uso in termini di comunicazione e d iniziativa sui territori e nei movimenti. In questa direzione la nostra redazione conferma l’impegno degli scorsi mesi, con le sue risorse interne assieme a quelle che riesce a mobilitare e con cui collabora. 

Nel primo rapporto, sullo stato delle terre emerse, si sottolinea come dei nove confini definiti per delimitare lo spazio per un sicuro spazio di vita per l’umanità (‘safe operating space for humanity’) quattro siano stati oltrepassati ovvero, cambiamento climatico, perdita di biodiversità, cambio nell’utilizzo dei terreni e cicli geochimici. Queste brecce, queste rotture degli equilibri sono direttamente connessi con la desertificazione, il degrado dei terreni e le siccità; questa condizione minaccia direttamente la sopravvivenza di molte specie compresa la nostra. Si aggiunge – per dare anche una qualifica, un’enfasi economica a ciò di cui si tratta – che una parte per circa 44.000 miliardi di dollari dell’output economico annuale ha il suo fondamento nel capitale naturale. Si sottolinea altresì la convergenza di diverse crisi a partire dalla pandemia Covid-19 nel determinare sempre maggiori ed estese sofferenze umane ed instabilità del sistema economico-sociale e devastazione ambientale. Il report fissa degli obiettivi per il 2030, preso sempre come anno soglia per rendere almeno in parte reversibili i processi di degrado, realizzando il pieno recupero (to restore) di un miliardo di ettari di terreni degradati, visto come una tappa iniziale di un processo che dovrebbe ridurre i rischi globali derivanti dal crollo degli ecosistemi a dai fenomeni climatici estremi,  L’obiettivo del ripristino delle qualità ‘naturali’ dei territori – suolo, acqua, biodiversità – si declina in base al livello, alla forma del processo di antropizzazione che li ha modificati: un’azione quindi di straordinaria complessità che interagisce con tutti i caratteri delle formazioni sociali; purtroppo gli esiti della COP26 – che nella questione climatica riassume tutti gli aspetti dell’interazione tra società umana, nella sua forma attuale, con l’ambiente in cui si riproduce e di cui fa parte- non depongono a favore di questa agenda di recupero della qualità delle terre. Non a caso si evidenzia come la ‘restoration agenda’ richieda un nesso costante tra locale e globale, sulla base della creazione di una profonda consapevolezza a livello locale, attraverso quindi un processo capillare e diffuso di condivisione delle conoscenze. Il recupero di territori profondamente degradati richiede un’azione di ‘reverse land restoration’ attraverso il ripristino della biodiversità degli ecosistemi nella loro complessità; cosa assai difficile da realizzare, trattandosi di ricostruire tutta la complessità delle relazioni ecologiche, cosa non sempre possibile a fronte del cambiamento in corso delle condizioni climatiche e del permanere della pressione antropica, delle condizioni di riproduzione umana che a sua volta si adatta ai processi di degrado ambientale: convivono crescita demografica, urbanizzazione, degrado degli ambienti mentre le residue terre fertili vengono espropriate alle popolazioni locali  ed accaparrate attraverso il cosiddetto ‘land grabbing’ da parte di potenze come la Cina che hanno bisogno di terre fertili per sostenere la propria popolazione.

Le comunità locali sono necessariamente protagoniste di un possibile processo di ripristino, ma esse operano nelle condizioni economiche, sociali, culturali e politiche che hanno portato al degrado e di cui la loro esistenza attuale è il frutto.  Ci rendiamo conto di come queste agende siano parte di un processo di ribaltamento delle condizioni attuali di riproduzione di una gran parte delle popolazioni, delle nazioni del mondo. L’azione locale diventa parte e condizione di un governo regionale e globale del recupero della qualità degli ecosistemi, della conservazione delle risorse idriche, della vitalità dei suoli, degli equilibri idrogeologici nel loro complesso.

Il rapporto sullo stato delle terre arriva al punto dolente quando sottolinea anche la necessità di finanziare l’agenda, uno sforzo finanziario gigantesco, proporzionale  ai mali dell’ambiente che dovrebbe guarire laddove le diseguaglianze rendono pressoché impossibile la sua realizzazione;  questo rimanda al primo punto ossia il progetto di finanziarizzare il recupero ambientale ed ecologico dei territori ed al carattere competitivo e conflittuale delle relazioni globali, dentro cui il mega progetto finanziario potrebbe essere un elemento di riorganizzazione capitalistica straordinario: certo non destinato a guarire le profonde e crescenti diseguaglianze che caratterizzano l’economia mondo.

Il rapporto sullo stato di salute di boschi e foreste sui processi deforestazione vede il danno più alto inflitto alle foreste tropicali dove è localizzato il 96% di rimozione permanente, dovuta all’azione dell’uomo, di copertura forestale. Le aree tropicali hanno perso 11,1 milioni di ettari di copertura arborea nel 2021, stiamo parlando, di Brasile e Bolivia, Indonesia, Bacino del Fiume Congo.

Le foreste boreali, raramente risultano in una perdita premente, tuttavia il 2021 ha visto il più alto incremento nella perdita di copertura arborea, in particolare in Russia la perdita è rilevante la perdita dovuta agli incendi, ricordiamo come più in generale sia incorso una trasformazione profonda di quei territori dovuta allo scongelamento del permafrost con danni rilevanti alle infrastrutture che poggiavano su terreni permanentemente congelati in profondità, mentre si apre la prospettiva di poter convertire un’enorme superfice alla coltivazione dei cereali, incrementando il ruolo della Russia nel commercio di materie prime alimentari a livello globale, a cui peraltro corrisponde un peggioramento delle condizioni climatiche, delle possibilità di autonomia alimentare di quei paesi che sin da oggi dipendono dalle forniture di Russia ed Ucraina.

Il quadro che emerge da queste brevi note conferma la recente precarietà delle condizioni e delle prospettive di vita di una gran parte dell’umanità che si sono ulteriormente aggravate molto recentemente nell’intreccio delle diverse crisi climatica, pandemica, economica e strategico-militare. Se la grande finanza balla allegramente sulla tolda di un battello che va a schiantarsi sugli scogli della catastrofe climatica ed ecologica, l’assenza di un movimento globale, di una rete di movimenti capace di operare una rottura radicale, rivoluzionaria con questo stato di cose da un lato induce al pessimismo, ma non può indurre alla passività, alla supina accettazione quella rete esistente di soggetti sociali, politici e culturali portatori di una coscienza critica entro un processo che lega pratiche e condivisione di conoscenza. In realtà la straordinaria distopia espressa dal progetto delle NAT costituisce il perfetto rovesciamento di ogni progetto di liberazione, la forma perfetta di astrazione totale di ogni forma di vita naturale ed umana; assieme una manifestazione di disperazione e di protervia del modo di produzione capitalistica che non può che sollecitare dalla nostra parte una più che proporzionale volontà di liberazione e di ideazione di una utopia concreta.

Roberto Rosso

  1. https://www.intrinsicexchange.com/solution. []
  2. https://www.attac-italia.org/ultimo-assalto-alla-natura-gli-ecosistemi-quotati-in-borsa/.[]
  3. https://www.reteclima.it/pagamento-dei-servizi-ecosistemici-ed-ambientali-psea/  https://ec.europa.eu/environment/nature/biodiversity/economics/index_en.htm http://teebweb.org/. []
  4. Valore intrinseco: il valore della natura per quello che è (quella qualità intrinseca unica per se stessa), piuttosto che il suo valore utilitaristico per le persone. Il modello della natura come forza lavoro produttiva si adatta alla produzione di servizi ecosistemici, ma manca il valore completo della natura. In primo luogo, non conosciamo tutti i servizi, né il loro valore, quindi le risorse naturali sono più preziose dei soli servizi noti che producono. In secondo luogo, la natura ha valore al di là di un beneficio per gli esseri umani – valore in sé e per sé. Stiamo usando il valore intrinseco come ombrello per valori non ancora identificati o quantificati, nonché valori come culturale, sociale, estetico, spirituale, ecc.

    Produzione naturale: il valore di beni e servizi prodotti da beni naturali (servizi ecosistemici). Sebbene alcuni servizi, come la produzione di acqua dolce, possano essere monetizzati direttamente, la maggior parte dei servizi ecosistemici attualmente non lo sono.

    Riserva di valore: un’equità naturale è una riserva di valore come qualsiasi altro titolo o attività monetizzata. Gli stock di acqua, legname, biodiversità, suolo, carbonio, pesce o altri beni naturali rendono possibile la vita sulla Terra e sono quindi l’ultima riserva di valore per gli investitori.

    Produzione tradizionale: l’uso di risorse naturali, beni costruiti, capitale finanziario e lavoro per produrre beni e servizi che possono essere valutati e inclusi nei diritti concessi alla Società di beni naturali o ottenuti per investimento.

    Riduzione del rischio: riconoscendo le esternalità positive e negative e l’intera gamma di servizi ecosistemici co-prodotti, il rischio è più trasparente, può essere ridotto, meglio mitigato e in alcuni casi convertito in un flusso di attività/reddito in cui le azioni naturali IEG riducono il rischio per altre entità.

    Attività anticicliche: le azioni naturali IEG possono proteggersi da recessioni economiche sistemiche come la crisi finanziaria del 2007. Ad esempio, il valore e la domanda di acqua potabile non sono diminuiti durante la crisi. Anche in una pandemia, la natura funziona 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e conserva valore.

    Realizzazione di attività finanziarie: il capitale di una società di attività naturali cattura tutti gli elementi di valore di cui sopra, creando la realizzazione finanziaria tramite un titolo, in base al quale l’intero valore delle attività naturali viene valutato in una transazione di mercato.[]

  5. https://www.ilsole24ore.com/art/pil-globale-sopra-100mila-miliardi-2022-ma-l-inflazione-rischio-recessione-AE0aeh4.[]
  6. https://www.unccd.int/resources/global-land-outlook/overview.[]
  7. https://research.wri.org/gfr/latest-analysis-deforestation-trends.[]
Crisi Climatica, finanziarizzazione, Natural Asset Companies
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