Diversi osservatori e analisti si sono interrogati sulla situazione della sinistra spagnola alla luce dell’esperienza di governo in corso e dell’emergere del nuovo movimento “Sumar”, promosso dalla ministra del Lavoro Yolanda Díaz di cui abbiamo parlato la scorsa settimana.
Per Eoghan Gilmartin, commentatore per Jacobin, il punto di svolta è stato rappresentato dall’esito delle elezioni regionali di Madrid, impostate da Iglesias, leader di Podemos, sulla base di uno scontro esistenziale tra democrazia o fascismo che sembra aver galvanizzato l’estrema destra più che la base stessa della sinistra.
Questo risultato, oltre ad aver segnalato che lo stesso appeal di Iglesias come candidato aveva raggiunto un punto di caduta, ha rappresentato il segnale dell’esaurimento del ciclo di mobilitazione aperto dal movimento 15M (gli indignados) e dalla fondazione di Podemos. La retorica anti-establishment e anti-casta che aveva caratterizzato l’emergere di un nuovo soggetto politico a sinistra, nel pieno della crisi economica e finanziaria dell’inizio dello scorso decennio, aveva perso già molto della sua capacità di mobilitazione ancora prima dell’epidemia di COVID-19.
Questo ha portato alcuni commentatori a ritenere che oggi prevalga la richiesta di soluzioni concrete ai problemi di ordine materiale anche per rispondere alla “guerra culturale” della destra.
Un collaboratore di Yolanda Díaz ha dichiarato a Gilmartin che la chiave per comprendere la sua popolarità è stata innanzitutto la sua capacità di gestire gli effetti della pandemia. Con il COVID anche il senso comune del paese si è spostato a sinistra su temi quali: la sanità pubblica, la reindustrializzazione e la protezione dei lavoratori.
“In contrasto al suo predecessore Pablo Iglesias e ad altri leader populisti attraverso l’Europa – scrive Gilmartin – Díaz è riconosciuta non come un outsider anti-establishment che si propone di rompere il sistema politico esistente bensì come ministra di un governo che cerca di garantire i diritti e il reddito dei lavoratori durante la pandemia”.
La stessa Yolanda Díaz ha dichiarato che la sinistra ha dimostrato di poter governare meglio e nell’interesse della maggioranza sociale. Anche se la situazione politica non è affatto tranquilla e, in vista delle elezioni che si terranno nel 2023, i sondaggi indicano che la destra ha ancora un consenso molto elevato ed è in grado di conquistare la maggioranza parlamentare.
Lo stile comunicativo scelto da Yolanda Díaz è certamente diverso da quello di Iglesias: “l’unità della sinistra attraverso il dialogo, una politica più femminile e meno “macho”, un’azione di contrasto dell’estrema destra fondata su concrete riforme sociali e una orgogliosa identificazione con il mondo del lavoro e il sindacalismo”.
L’alleanza della Ministra del Lavoro con le principali organizzazioni sindacali, in particolare con le Comisiones Obreras (CC.OO) di tradizione comunista, ha svolto un ruolo fondamentale nella sua possibilità di ottenere risultato utili stando al governo. Le CC.OO hanno vissuto un cambio generazionale e anche uno spostamento a sinistra con l’elezione di Unai Sordo a segretario generale nel 2017. La Díaz cerca di contestare al PSOE il ruolo di rappresentante del lavoro che ha in parte mantenuto nonostante l’adesione a politiche liberiste.
L’alternativa alla povertà e alla precarietà, ha sostenuto Yolanda Díaz, è “un lavoro decente” e il sindacalismo è il miglior vaccino contro l’autoritarismo. La riforma delle politiche del lavoro introdotte dalla destra, ha certamente rappresentato un miglioramento delle condizioni della classe lavoratrice, ma ha anche dimostrato – scrive Gilmartin – che “il riformismo istituzionale come partner minore in un governo dell’Europa del sud non riesce ad ottenere vittorie clamorose, particolarmente in aree che toccano direttamente l’organizzazione delle relazioni di classe”.
Un sondaggio del País ha rilevato che il 70% di coloro che hanno votato per i partiti della coalizione di governo continuano a ritenere che le politiche condotte sotto la guida di Pedro Sanchez, del PSOE, continuino a beneficiare più le grandi imprese e i ricchi più di quanto non vadano a favore dei poveri.
Secondo le parole della stessa Díaz, intervistata da Jacobin, deve essere chiaro che la struttura concettuale entro la quale viviamo e agiamo è quella neoliberista e che il modello neoliberista è stato indebolito o interrotto a causa della pandemia. Tuttavia il neoliberismo è più di un sistema economico; è anche un sistema culturale, un modo di vita e di consumo, al quale occorre opporre una forma più cooperativa di vita sociale.
Un obbiettivo strategico dovrebbe essere quello di espandere l’economia sociale in modo che la democrazia raggiunga i posti di lavoro e i centri di decisione economica. Per superare il modello neoliberista bisogna intanto far in modo che le politiche di austerità che hanno prodotto tante sofferenze vengano definitivamente archiviate.
Per rilanciare una speranza di cambiamento, secondo la Díaz, è necessario un “movimento di cittadini” che superi i timori, il settarismo e i vecchi dogmi. I partiti sono evidentemente necessari in ogni democrazia ma non sono sufficienti. Per questo “Sumar” si presenta come un movimento che si rivolge direttamente ai “cittadini”.
Il nuovo movimento della sinistra spagnola ha sollecitato analisi non prive di spunti critici come quello di Maria Corrales, pubblicato dalla sede madrilena della Fondazione Rosa Luxemburg, secondo la quale l’insistenza nel collocare Sumar a lato dei tradizionali partiti serve a diversi propositi. Innanzitutto di far appello al sentimento anti-politico che ha dominato l’opinione pubblica spagnola dalle ultime elezioni del 2019. Questo sentimento sarebbe ancora collegato alla crescente disillusione a sinistra dalla fine del movimento 15M e la stagnazione di Unidas Podemos come veicolo per una mobilitazione politica finalizzata al cambiamento sociale.
I livelli di mobilitazione sociale sono stati ad un livello molto basso già da qualche tempo prima dello scoppio della pandemia e questo può rappresentare una importante difficoltà per lo sviluppo del movimento “Sumar”.
Il secondo obbiettivo della Ministra del Lavoro è di costruire una struttura politica solida che possa essere usata come punto di raccordo per altre formazioni politiche come Podemos, Izquierda Unida, Catalunya en Comú, Compromís e Más Madrid. Yolanda Díaz è stata “nominata” come leader di Unidas Podemos direttamente da Iglesias al momento delle sue dimissioni, ma la sua iniziativa ha perseguito un profilo autonomo da quello pensato dal fondatore di Podemos e questo ha creato qualche tensione all’interno di questa formazione.
“Sumar” non si propone di costruire un “fronte largo” o una coalizione di partiti, bensì di fornire una opportunità ai membri dei partiti di sinistra di partecipare come singoli. È evidente che nessun partito intende sciogliersi e quindi Sumar dovrà interagire e negoziare con le singole forze politiche, ma senza creare una coalizione disomogenea come quella che ha fallito miseramente nelle elezioni andaluse.
C’è anche una differenza, secondo l’analisi di Maria Corrales, tra l’atteggiamento tenuto all’interno del governo tra la Díaz e i ministri di Podemos, in particolare Ione Belarra, Ministra dei Diritti Sociali. La prima ha cercato di evitare polemiche pubbliche con Sanchez mentre la seconda si è più volte scontrata apertamente col capo del Governo e con il PSOE.
Al di là di queste differenze tattiche esisterebbe una differenza di fondo tra il progetto “Sumar” e quello originario di Podemos: “è chiaro che il soggetto universale al quale fa appello la Díaz sono i lavoratori, allontanandosi dalla costruzione strettamente populista del “popolo” impiegata nel passato dai sostenitori di Íñigo Errejón in particolare”. Riprendendo la citata intervista a Jacobin, la Corrales ne sottolinea un passaggio, quello nel quale la Ministra del Lavoro dice: “Siamo tutti lavoratori: ricercatori, dottori, addetti alle pulizie…siamo tutti lavoratori. Questa ampia composizione, questa universalità quando la compariamo con la figura molto più limitata del “rentier” (ndr: chi vive di rendita), ci spinge verso un’agenda condivisa e può servire a costruire la nostra forza.”
Secondo Maria Corrales, l’iniziativa di Yolanda Díaz rappresenta “senza dubbi” l’ultima possibilità per lo spazio aperto da Unidas Podemos di resistere e sopravvivere al ritorno di un sistema bipartitico. Questo processo non sarà però privo di conflitti. In ogni caso, l’approccio della Díaz che si propone di sfidare il sentimento anti-politico, affermare il ruolo centrale del lavoro e dei sindacati di classe nel definire un soggetto universale a cui appellarsi e il desiderio di trascendere i confini basati sull’identità, evitando scontri diretti con il PSOE, sembrano destinati a permanere nel dibattito politico.
Ovviamente l’emergere di un nuovo progetto politico nella sinistra spagnola sollecita anche un bilancio complessivo dell’esperienza di Podemos. Concludendo un ampio saggio pubblicato dalla “New Left Review”, Ekaitz Cancela e Pedro M. Rey-Araujo scrivono: “a un decennio dal 14M, la sinistra radicale spagnola affronta la sfida di costruire un nuovo progetto contro-egemonico che trascenda i limiti dell’ “ipotesi populista” al’interno della quale Unidas Podemos rimane intrappolata, sia organizzativamente che strategicamente”.
Franco Ferrari