Le scelte urbanistiche che un’amministrazione decide di realizzare sono una cartina di tornasole evidente della sua visione strategica e del suo milieu socio politico e culturale. Rendono palesi i valori di continuità o di trasformazione che una classe politica intende veramente implementare nel corso del suo mandato. Oggi vengono declamati a ogni piè sospinto, almeno sulla carta, i valori della sostenibilità ambientale e pianificazione ecologica e partecipativa degli interventi urbanistici, quali condizioni imprescindibili per evitare il consumo di suolo scellerato in tempi di emergenze climatiche sempre più estreme. Di un caso emblematico di trasformazione urbanistica, con grandi criticità, forzature/controindicazioni edificatorie in corso a Ostia, che ricordiamolo sempre fa parte del X Municipio di Roma, ne ho parlato nel numero della settimana scorsa di Transform Italia. Colgo l’opportunità per tornare sull’argomento e approfondirlo ancora con l’aiuto di Paolo Berdini, urbanista e saggista, che è stato assessore proprio all’Urbanistica della Regione Lazio, di alcuni comuni laziali e infine anche del Comune di Roma, da indipendente nella giunta Raggi dalla quale prese le distanze dopo un anno, proprio per una diversa visione legata alla fattibilità del progetto dello stadio della AS Roma nel quartiere romano Tor di Valle.
Entro subito in medias res; perché, secondo il tuo autorevole parere, non bisogna costruire nella vasta area dunale ad Ostia Levante, già accerchiata dalle edificazioni del Polo natatorio FIN e quelle del borghetto dei pescatori, destinate ad allargarsi ancora ?
Il borghetto dei pescatori di Ostia è arrivato fortunatamente fino ai nostri giorni e rappresenta da tempo un punto di riferimento per tanti abitanti di Roma. Li si trova una memoria dei luoghi che va preservata assolutamente. Allo stesso modo deve essere tutelata la fascia retrodunale ancora esistente che si trova nei pressi. Con la costruzione (attraverso meccanismi straordinari) del polo natatorio della FIN, abbiamo l’esempio preclaro del disastro che si sta per compiere. Cementificare quell’area significa cancellare per sempre l’identità di un luogo che avrebbe bisogno solo di recupero fisico e sociale. Sostenere che 155 nuovi appartamenti, aree commerciali, hotel serviranno a migliorare l’attuale situazione è solo una vergognosa menzogna.
Secondo una prospettiva urbanistica moderna e illuminata, al passo con le urgenze della transizione ecologica e il cambiamento climatico, perché è auspicabile che a Ostia si delocalizzi questo intervento e si preservi questa oasi di biodiversità di grande pregio ambientale?
È la domanda centrale. Gli ambiti di trasformazione ordinaria come quello del canale dei Pescatori sono un’amara eredità del PRG del 1965, che destinava quelle aree a edificazione. Era quella la cultura del tempo e il “mattone” era l’unico orizzonte culturale dei protagonisti del sacco di Roma. La duna si poteva sacrificare perché non aveva ancora un valore sociale di fronte alla monocultura del cemento e dell’asfalto. La tua domanda contiene tutte le differenze con quell’orizzonte culturale di 60 anni fa. Abbiamo fortunatamente imparato a preservare gli habitat anche i più piccoli come le dune. E invece l’amministrazione Gualtieri ha l’orologio fermo al 1965, quando la drammatica crisi ambientale e climatica non esisteva. Lo ritengo un errore terribile. Anche perché, come suggerisci nella tua domanda, si può delocalizzazione la costruzione del nuovo assurdo quartiere preservando così la natura e la storia di quel luogo. È davvero incredibile che non si comprenda un elemento culturale che appartiene a tutta la popolazione romana fatta eccezione per lo 0,1% di famelici proprietari di aree.
Perché un’amministrazione comunale di centro-sinistra non riesce ad essere coerente con quanto afferma in campagna elettorale in merito al no al consumo di suolo, tutela del verde e finisce per omologarsi alle logiche del partito del mattone?
La giunta Gualtieri non ha vinto le elezioni amministrative sulla base di un coerente impegno contro il nuovo sacco di roma delineato dal prg 2008. Ha vinto per il fallimento della giunta precedente promettendo l’attuazione di quel piano sbagliato. Gli esempi sono iniziati subito. Il Sindaco ha proposto di costruire un gigantesco inceneritore in una zona geologicamente fragile sotto il complesso dei castelli romani. Poi ha pensato bene di inchiodare la discussione sul futuro di una città in grande affanno, come ha notato proprio in questi giorni Carlo Verdone, sullo stadio della Roma a Pietralata. Uno stadio sulle case legittime di tante famiglie romane, invece di discutere del futuro della città. La speculazione di Ostia è l’ultima della lunga serie di tragici errori. È partito in questi giorni il cantiere di piazza dei Navigatori e Roma avrà l’orrore del bosco verticale milanese. Si è dato il via alla cementificazione della ex Fiera di Roma. Così come al mega albergo alla stazione di San Pietro. Anche in questo caso si parla di riqualificazione. Va avanti il progetto delle FS che vogliono edificare alla stazione Tuscolana e, con il cavallo di troia dello stadio, alla stazione Tiburtina. O, ancora, il potenziamento del polo giudiziario di piazzale Clodio, in area sensibile ambientalmente. L’incendio di monte Mario ha fatto il giro del mondo…. Gualtieri non voleva affatto evitare altro cemento. Del resto come non ricordare che quando era ministro nel governo Conte venne approvato il superbonus che ha fatto sperperare, secondo le stime ufficiali, 160 miliardi in 10 anni. Una somma gigantesca che poteva essere ad esempio utilizzata per riqualificare tante periferie italiane e nel nostro caso, il borghetto dei pescatori e la sua area.
Cosa ti senti di aggiungere, un auspicio, un suggerimento, una visione…
Questo atteggiamento culturalmente sbagliato deve finire al più presto altrimenti la crisi di Roma si avviterà sempre di più. In questi giorni il Sindaco ha proposto di costruire quattro tendopoli per i senza tetto vicino a quattro stazioni ferroviarie per nascondere il “degrado” della povertà e della mancanza di case per i diseredati. Proprio oggi la Caritas di Roma critica alla radice quella logica: il problema è che nella città che sta aprendo quindici alberghi per il turismo del lusso non ci sono case per chi non ha nulla. E non è un problema di risorse economiche. Per realizzare l’inutile sottopasso di piazza Pia si stanno spendendo oltre 100 milioni di euro. Per la coesione sociale bastano pochi spiccioli, le tende appunto. L’unica proposta che mi sento di fare è quella di aprire una fase di discussione sul futuro della città capitale che rischia altrimenti di sprofondare nel declino. Se ci fosse questo coraggio di mettersi in sintonia con la città reale, si avrebbe un grande bagno di realtà. Si potrebbe iniziare proprio dal progetto del borghetto: si abbia almeno il coraggio di chiedere il parere al popolo che vive quotidianamente il degrado di un luogo potenzialmente meraviglioso come Ostia. Finora si è svolto soltanto un finto processo partecipativo. Si deve dare voce alla città.
Leonardo Ragozzino
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Ottimo intervento
Mi permetto di aggiungere che tutta l’ area della valle del Tevere cioè dal raccordo fino alle sponde dei fiumi e dei canali d’acqua che sfociano in mare ( da Torvaianica a passo scuro ed oltre )debbono essere tutelate ed elevate a parco protetto patrimonio WWF e dell’ umanità.
Ormai con il sempre più marcato calo demografico e delle nascite non c’è motivo di cementificare .
Ancora grazie per la minuziosa analisi fatta a renderci coscienti della necessità di difendere a spada tratta della biodiversità ed il valore immenso che rende a tutta la popolazione