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Elly Schlein e la pace

di Roberto
Musacchio

Innanzitutto auguri alla nuova segretaria del PD. Chi l’ha votata si aspetta un PD migliore che contribuisca ad una politica migliore. E questo sta a cuore a tutti noi.

Vedremo quale sarà il testo che Schlein vorrà scrivere per corrispondere alle aspettative. Primo capitolo, per me, certamente la pace. Fin qui, ancora all’ultimo con l’apprezzamento per Meloni in Ucraina, ha seguito il mainstream delle “armi per la pace” e del “c’è un torto e una ragione”.

Ma guardiamo prima al contesto di questa elezione. Innanzitutto la partecipazione confrontata con le altre volte.

2007: 3,5 milioni di votanti
2009: 3,1 milioni
2013: 2,8 milioni
2017: 1,8 milioni
2019: 1,6 milioni
2023: intorno a un milione

C’è dunque un calo continuo che, al momento, è coperto dall’entusiasmo di veder vincere qualcosa di nuovo che allude al bisogno di cambiamento. Non è questo dato/desiderio che si può politicamente negare. C’è un investimento. Eppure non si possono dimenticare altri entusiasmi, da Prodi a Zingaretti, con ben più larga partecipazione che poi sono stati delusi. La categoria del nuovismo è stata buttata in politica da Occhetto e largamente abusata. Non era per altro autoreferenziale ma connessa a quelle che Occhetto chiamava le nuove contraddizioni della nostra epoca. Ecologismo e femminismo in primis. Ma ecologismo e femminismo non chiedono solo il nuovo ma il diverso che a 35 anni dalla Bolognina non si è proprio visto. La politica non è stata rifondata su queste nuove contraddizioni ma sulla restaurazione neoliberale, del mercato, delle governance, ora della guerra.

Ma il bisogno c’è. La sua capacità di esprimersi non può stare solo in una persona ma chiederebbe movimenti organizzati. Ma anche questi, nonostante vecchie e nuove generosità, si sono affievoliti nella sordità della politica. C’è un bisogno di affidamento su cui si sono innestate le primarie come via italiana alla americanizzazione. Se la partecipazione è sempre da rispettare i modi in cui viene “ottenuta” vanno visti. Anche perché riguardano non un partito ma la democrazia di tutti. Per votare ai gazebo bisognava dichiarare una adesione ed entrare in un albo pubblico. Dire “lo faccio per votare chi dico io e a prescindere da ciò che ho fatto e farò” è sì un protagonismo ma si accompagna a, chiamiamolo così, un “equivoco”. E questo non è bene. Dove ci sono leggi sui partiti chiederebbe chiarimenti. Democrazia è sì partecipazione ma con regole certe. Qui ad esempio i gazebo hanno rivoltato le sezioni, gli elettori (con autodichiarazione), gli iscritti. Le differenze con lo stesso modello americano sono palesi e, per me, fanno confusione sovrapponendo piani e legittimità. Ne viene fuori un presidenzialismo che si sovrappone e cortocircuita la rappresentanza. Purtroppo non solo per un partito ma per il modello istituzionale. Per altro le leadership così elette, nonostante l’investitura dei gazebo, si sono dimostrate assai contraddittorie tra loro e comunque deboli di fronte alle politiche obbligate. Da Prodi a Renzi, passando per Bersani e Zingaretti. Ora tocca a Schlein. Una novità biografica e politica. Il principale partito di opposizione sarà guidato da una donna. Il governo lo è già. Meloni, assai connessa ad una storia e ad una organizzazione. Già lei, Meloni, si è molto adeguata al mainstream. Schlein è una outsider, in un partito che in trent’anni è stato più governance che storia. Vecchi esponenti del trentennio l’hanno sostenuta. Per “generosità” e fede nel progetto? Vedremo. Giovani, e meno giovani, bisognosi di cambiamento l’hanno votata, affidandosi. Come si riempirono le piazze per le sardine dell’Italia non si Lega. Allora il PD con la Lega ci finì al governo. Ora vedremo. Chi, come me, non l’ha votata, non può non cogliere la novità. E deve muoversi. La guerra, dicevo, è la prima questione che chiede risposte. Fuori d’Europa si guarda la situazione con la giusta angoscia e arrivano idee e sforzi per la pace da Cina, Lula ed altri. Tra i protagonisti della guerra orwelliana le cose invece vanno male. Per fortuna dall’Italia, ora anche dalla Germania e dalla Spagna, qualcosa si muove. In Italia tante manifestazioni che ne chiederebbero una veramente grande. In Germania un appello con più di mezzo milione di firme e una piazza grande anche se non oceanica (anche con polemiche per una destra che vi cerca spazi). In Spagna un nuovo incontro internazionale.

Due grandi vecchi, Habermas e Morin, hanno detto parole sagge. C’è più Europa in loro che nelle grida delle attuali istituzioni. In due hanno sei volte gli anni di Schlein, a dire che ciò che conta non è solo l’anagrafe. Il mio consiglio a Schlein: li ascolti.

Roberto Musacchio

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