Anni fa, una scrittrice palestinese, eravamo a Ramallah, mi disse che ogni volta che Israele arriva con una buona notizia, devi preoccuparti della cattiva che vi sta nascosta dietro. Mi aveva dato le chiavi per capire come vanno le cose, e non me ne rendevo conto. Era il 2005, Arafat era scomparso, e la seconda Intifada volgeva al termine. Oggi me ne rendo conto, ma non per qualche brillante dote personale, bensì perché tutto si svolge alla luce del sole.
Questa è una guerra per la terra – sognando il Grande Israele1- e i malcapitati che ci vivono ancora dovranno essere cacciati, con le buone o con le cattive. Bombardando tutte le infrastrutture (a Gaza) o demolendo le loro case (in Cisgiordania). Oggi, anzi, con un governo sempre più teocratico alla guida dello Stato ebraico, l’esaltazione religiosa accompagna armi da fuoco e odi alla deportazione razziale. Come descrive il teologo Mandreoli, sembra di trovarsi di fronte, in piena post-modernità, ad un’alleanza perversa tra senso religioso, teologie di riferimento e percezione della terra, dell’etnia e di un «noi» superiore ed esclusivo. «Quando, come ci è capitato di ascoltare ad Hebron, qualcuno afferma che è proprio compito religioso – percepito come dato direttamente da Dio – riprendersi tutta la terra, la presenza dell’altro diviene una presenza demonica, da eliminare religiosamente»2.
È alla luce del sole che, quando entrano dei convogli con delle derrate alimentari nella Striscia, queste vengono distribuite esclusivamente alla frontiera sud della Striscia per costringere la gente a spostarsi abbandonando i propri quartieri. È alla luce del sole che, quando Israele accetta un cessate-il-fuoco, è per svilire la dignità dei palestinesi, a cui non viene neppure riconosciuto il diritto di chiedere la fine delle ostilità. È alla luce del sole che, quando il primo ministro israeliano dalla Casa Bianca invita a considerare con attenzione le proposte della nuova Amministrazione americana di concedere ai Gazauiti una nuova terra con città e servizi, con standards di vita migliori, è per prepararne la deportazione. Tutto alla luce del sole, mentre noi ci abituiamo a questo stato di impunità, di intoccabilità dello Stato ebraico nel momento in cui si consumano crimini di guerra, e si preparano i prossimi crimini contro l’umanità. Ci abituiamo e ci assuefacciamo a utilizzare duplici linguaggi che banalizzano il male, definito tale solo quando viene da una certa parte.
Prendiamo la nozione di terrorismo. Hamas è un movimento terrorista, e le aule della politica e i mezzi di informazione lo ripetono in questi termini continuamente, ma Hamas è innanzitutto un movimento di liberazione nazionale che utilizza mezzi di azione terroristici, giustamente e necessariamente deprecabili e condannabili. La differenza non è irrilevante, perché nel non riconoscere il diritto dei Palestinesi a difendersi e a imbracciare le armi nella loro lotta contro l’Occupazione militare, ne viene negato sul nascere il diritto all’autodeterminazione. D’altro lato, Simon Taylor definisce il terrorismo di Stato come «l’uso da parte di agenti statali di minacce o atti di violenza contro i civili, caratterizzati da una spietata indifferenza per la vita umana, al fine di instillare paura in una comunità al di là della vittima iniziale, con lo scopo di impedire un cambiamento o una sfida allo status quo»3. Questi atti di violenza possono includere sia i tipi di violenza di Stato che alcuni sostengono dovrebbero essere considerati terrorismo, come: genocidio, omicidi di massa, pulizia etnica, sparizioni, detenzione senza processo e tortura; sia metodi di terrore più ampiamente accettati, tra cui attentati dinamitardi e omicidi mirati. Lascio a voi associare queste pratiche a quelle che sono state condotte dallo Stato ebraico dal 7 ottobre 2023 in poi. Tuttavia, non ritroverete mai sui giornali una frase che associ Israele con il terrorismo di Stato.
Così viviamo in un mondo dove tutto è duplice e nulla è certo, a vantaggio dall’affermazione sul campo del Più Forte e della Legge della Giungla.
Questa duplicità distrugge le fondamenta dello Stato di diritto, gli stessi democratici in Israele e nelle nostre nazioni, nonché le radici della nostra cultura mediterranea.
Una nuova proposta di legge sta avanzando rapidamente alla Knesset e minaccia di distruggere ciò che resta della società civile in Israele. Se approvata, imporrà una tassa dell’80% su qualsiasi finanziamento ricevuto dall’estero da parte delle ONG israeliane: un attacco deliberato e mirato alle organizzazioni per i diritti umani e la pace. È fondamentale sottolineare che la legge si applicherebbe in modo selettivo solo alle organizzazioni ritenute «politiche», con la determinazione lasciata alla discrezione del governo. Ciò significa che i gruppi che difendono i diritti dei Palestinesi, documentano gli abusi legati all’Occupazione o promuovono la pace e l’uguaglianza saranno tassati fino al collasso, mentre le organizzazioni dei coloni e le istituzioni allineate con la politica del governo, molte delle quali ricevono anche finanziamenti da Stati stranieri, saranno esentate. La denuncia viene da Combatants for Peace, l’unico movimento israelo-palestinese attivo sul campo in Cisgiordania, che unisce i palestinesi dei Territori Occupati e gli israeliani nella resistenza non violenta4.
D’altro lato, anche nei Paesi arabi, come l’Egitto, il diritto al dissenso e alla protesta viene represso in nome degli interessi di Stato, e se un gruppo di cittadini va in piazza per protestare contro il genocidio a Gaza, rischia l’arresto, come mi ha confermato telefonicamente la settimana scorsa l’attivista egiziana per il dialogo interculturale Rasha S.
Intanto, lo scrittore francese Jean Hatzfeld, ebreo, autore di opere sui massacri in Bosnia e in Ruanda, denuncia che con la distruzione di Gaza, Israele distrugge il giudaismo, una delle culture fondanti il Mediterraneo: «Temo il peggio. È una minaccia che incombe sul popolo palestinese, che viene massacrato, ma è anche una rinuncia da parte di Israele a ciò che è stato. Siamo di fronte a una svolta nel destino di questi due popoli, in cui Israele può autodistruggersi, perché rinuncia ai valori ebraici. Distruggendo Gaza, Israele distrugge il giudaismo. È banale dirlo, perché ogni ebreo può appropriarsi del giudaismo a modo suo, dopo aver interpretato i testi religiosi, credente o ateo che sia, ma per me è innanzitutto una filosofia umanista5.
Quando il male diventa banale, quando si grida alla mobilitazione per l’Ucraina e si tace sulla Palestina, quando i cerchi della repressione delle libertà fondamentali si allargano, non sai fin dove lo Stato di diritto soccomberà, perché nulla è più certo, tutto si può calpestare. Vi ricordate di quel testo del pastore protestante Martin Niemöller scritto durante la Germania nazista, che cominciava con « Prima vennero per i socialisti, e io non dissi niente, perché non ero socialista», e che si concludeva con «Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare»?
In un’intervista pubblicata il giorno della Festa della Repubblica, 2 giugno 2025, il Ministro degli Affari esteri italiano avrebbe dichiarato che solo gli Americani possono fermare Netanyahu. Grazie per la constatazione. Quindi lasciamo fare perché tanto il resto non serve a nulla? È questa la nostra politica estera?
Centinaia sono le iniziative che privati, aziende e cittadini prendono ogni settimana: l’ultima, bellissima per un fiorentino d’adozione, è quella dello scorso 30 maggio dell’assemblea dei soci Unicoop Firenze, che ha deciso che nei suoi supermercati non saranno più venduti prodotti israeliani. Poi ci sono anche le iniziative eclatanti come quella dell’imbarcazione Madleen della Freedom Flotilla, salpata dal porto di Catania il 1° giugno carica di aiuti umanitari, con l’intenzione di rompere l’assedio israeliano attorno a Gaza. Conscience, l’imbarcazione precedente, ha finito la sua corsa a Malta, dopo essere stata colpita da un drone (si reputa israeliano, anche se Israele è rimasto zitto): dubito che la Madleen possa proseguire fino a Gaza.
Quindi veramente i Governi non possono fare nulla? Certo che possono, e non solo riconoscendo la Stato di Palestina, congelando la vendita di armi, imponendo delle sanzioni nei confronti di Israele o sospendendo i programmi di cooperazione. Se stiamo davvero assistendo a un genocidio, molto di più deve essere messo in campo, se non vogliamo che l’impunità che concediamo a Israele finisca per distruggere anche le nostre democrazie.
La prima cosa da fare è di forzare il blocco attorno a Gaza per fare entrare gli aiuti umanitari. Una coalizione di governi dovrebbe mandare il loro cargo navale di aiuti umanitari scortato dalla Marina militare. D’altronde, non furono così veloci Francia, USA e Regno unito nel bombardare lo Yemen per «difendere il commercio internazionale» sul Mar Rosso l’anno scorso? Mostrando il petto gonfio e indossando una giacca alla Top Gun nei confronti degli Houthi, compagine dalle capacità militari ridicole; con la testa bassa, fra ammiccamenti, scuse e passi incerti nei confronti di Israele. Oh, che pena…
Perché nessuno propone di scortare gli aiuti umanitari fino a Gaza, al punto da lasciare a dei privati cittadini l’onere di partire con uno yacht alla mercé delle insidie del mare e dei droni? Quando mi faccio questa domanda, un dolore atroce mi prende lo stomaco, perché l’unica risposta che so darmi è: una banale miscela di complicità e sottomissione.
Il cui risultato è l’impotenza a difendere i valori costituzionali su cui si fonda un Paese come l’Italia. E quel dolore sale perché ti senti tremendamente solo e perduto, tra la gente che muore a Gaza, e la silenziosa contaminazione nostrana da banalità del male.
«Prima vennero per i socialisti, e io non dissi niente, perché non ero socialista».
Gianluca Solera
- Cfr. Qassam Muaddi, Inside ‘Greater Israel’: myths and truths behind the long-time Zionist fantasy, Mondoweiss, 17 dicembre 2024[↩]
- Fabrizio Mandreoli, Israele-Palestina: sfondo religioso del conflitto, Settimana News, 19 marzo 2024[↩]
- Simon Taylor, Status Quo Terrorism: State-Terrorism in South Africa during Apartheid, in Terrorism and Political Violence. 35 (2), 2021[↩]
- https://www.pressenza.com/it/2025/02/combattenti-per-la-pace-una-legge-minaccia-le-ong-israeliane-per-la-pace-e-i-diritti-umani/ [↩]
- Jean Hatzfeld, En détruisant Gaza, Israël détruit le judaïsme », Le Monde, 30 maggio 2025[↩]