articoli

Del concreto e dell’astratto, della nuda vita e del digitale

di Roberto
Rosso

Le condizioni di segregazione indotte dalla pandemia hanno dilatato le forme di ‘lavoro da casa’ definito comunemente come Smart Working, non si tratta certo di una assoluta novità, facciamo riferimento alla risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 “sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale”, alla Legge n.81 del 22 maggio

2017 (anche detta Legge sul Lavoro Agile) dal titolo “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. Al tempo della pandemia il governo ha poi adottato una serie di provvedimenti[i] per garantire l’accesso al lavoro distanza a categorie particolari, durante lo ‘stato di emergenza’.

La dispersione dei lavoratori nelle proprie case porta ad una individualizzazione della contrattazione -sia pure regolata per legge- ed alla dispersione della loro forza collettiva. Il tempo del lavoro si intreccia più profondamente con la vita delle persone -in modo differenziato secondo i ruoli- nella durata delle 24 ore come nelle diverse fasi della vita. L’esplosione del tele-lavoro in conseguenza della segregazione imposta dalla pandemia, ha diffuso le forme di lavoro da casa ben oltre quelle situazioni in cui era già praticato. Il suo utilizzo così esteso, le variazioni organizzative indotte, si riveleranno solo in parte reversibili, una quota diventerà permanente -soprattutto nella pubblica amministrazione- assieme alla selezione darwiniana nel sistema delle imprese, si inducono innovazioni nelle modalità organizzative dei diversi settori dell’economia.

Trasformazione radicale, eutanasia di un paese o rivolta sociale?

Ciò accade nel paese che conosce una stagnazione economica pluridecennale, subisce il crollo pandemico senza aver recuperato gli effetti della crisi del 2008-2011. La situazione è talmente drammatica da richiedere una ristrutturazione radicale della formazione sociale in tutti i suoi aspetti. Il sistema delle tecnologie digitali la pervade in tutte le sue fibre e costituiscono il vettore dei processi di riorganizzazione, ne implementa e ne determina le forme, tuttavia in quanto le classi dirigenti hanno sinora mancato al loro compito di esprimere una capacità di direzione strategica del paese, è assente un sistema di innovazione tecnologica capace di innovare in profondità la formazione sociale. Su questo è necessario riflettere.

Una grande trasformazione è necessaria per non precipitare in una depressione, a cui non ci sarebbe rimedio nel medio periodo: le trattative in corso sui finanziamenti europei hanno come posta in gioco il grado di autonomia, di autodeterminazione del paese, allentando per il poco che sarà possibile i vincoli dell’Europa ‘reale’: le trattative in corso peraltro non depongono a favore di uno sviluppo privo di condizionamenti[ii].

In questo contesto è richiesta al governo di questo paese, alle sue classi dirigenti la capacità di utilizzare le risorse che saranno rese disponibili, si tratta di attraversare una porta strettissima, di percorrere un sentiero molto accidentato in tempi non infiniti. La questione dei tempi è cruciale poiché molto dipende dalla predisposizione di un quadro di riferimento ed una capacità di progettazione che ne detti i tempi di sviluppo. Nei prossimi mesi saranno possibili anche episodi di rivolta sociale, per quanto in tutta la vicenda della pandemia ci sia stata una esaltazione del ruolo stato in termini di controllo a fronte di una inadeguata erogazione di reddito alla quota di popolazione più impoverita: di sicuro ha lanciato il suo allarme la ministra degli Interni Luciana Morgese.

C’è vita nella pubblica amministrazione?

La pubblica amministrazione toccata dalla remotizzazione di molte funzioni lavorative nelle case private, lontano dagli uffici, dovrebbe avere un ruolo privilegiato nella auspicata grande innovazione. 

I milioni di dipendenti pubblici, la cui età media è ormai superiore ai 50 anni[iii], rappresentano peraltro una percentuale della popolazione tra le più basse al mondo. Secondo i dati forniti da una ricerca del Forum PA in cui ciascun dipendente ha usufruito mediamente solo di 1,04 giornate di formazione l’anno, mentre gli investimenti per l’aggiornamento si sono dimezzati in 10 anni (da 263 milioni di euro nel 2008 a 147 nel 2017). Tuttavia Per l’effetto combinato di varie misure di riduzione della spesa degli ultimi anni, tra pensioni di vecchiaia, “opzione donna”, pensioni anticipate e “quota 100” (per cui si contano già 41mila domande, che potrebbero arrivare a 100mila entro l’anno) circa 500 mila dipendenti pubblici nell’arco dei prossimi 3-4 anni avranno maturato i requisiti per ritirarsi dal lavoro, ma potranno essere sostituiti da nuovo personale grazie allo sblocco del turnover di compensazione al 100% (secondo cui, le Pa potranno reinvestire sui nuovi assunti ciò che risparmiano con i pensionamenti).

Dall’altro lato, cresce il lavoro agile nella PA: secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano le iniziative di smart working strutturate passano dal 5% all’ 8% in un solo anno e diminuisce il numero di chi si dimostra totalmente disinteressato passando dal 12% al 7%. In nota la definizione d smart working del ministero del Lavoro e delle politiche Sociali.[iv] ed i riferimenti normativi.[v]

L’urgenza di una ripresa economica ha partorito il decreto sulle semplificazioni[vi] che oltre ad eliminare una serie di passaggi nelle procedure autorizzative, ha introdotto provvedimenti per la digitalizzazione della P.A. è gli ‘investimenti verdi’. Siamo ben lontani dal fare della P.A. uno dei motori necessari della auspicata ‘grande trasformazione’.

La vita al lavoro

La pandemia che imperversa a livello mondiale ha effetti ben diversificati a seconda della condizione sociale e lavorativa e rimette al centro il lavoro concreto -nella sua fisicità, nei suoi tempi- sepolto sotto gli spessi strati di reti in cui operano ubiquamente le astrazioni della finanza e dell’informazione.

Da questa situazione è nato l’appello ‘Democratizing Work[vii]’ dove si legge “Curare i malati; fare consegne di cibo, medicine e altri beni essenziali; smaltire i rifiuti; riempire gli scaffali e far funzionare le casse dei supermercati: le persone che hanno reso possibile continuare con la vita durante la pandemia di Covid-19 sono la prova vivente che il lavoro non può essere ridotto a una mera merce.

(…)

Dinanzi al rischio spaventoso della pandemia e del collasso ambientale, optare per questi cambiamenti strategici ci permetterebbe non solo di assicurare la dignità di tutti i cittadini ma anche di riunire le forze collettive necessarie per poter preservare la vita sul nostro pianeta.” L’appello si pone tre macro obiettivi ‘Democratizzazione, De-mercificazione’, ‘Risanamento ambientale’ Senza entrare nel merito di una analisi e del linguaggio, l’appello ha il merito fondamentale di riportare al lavoro concreto, all’umanità concreta, divisa e dispersa nelle filiere del lavoro globalizzato, conteggiata nei bollettini quotidiani della pandemia, costretta ad esporsi nei luoghi del lavoro informale dove non può esistere separazione fisica, vivendo da sempre la segregazione sociale.

I legami digitali della nuda vita

Lungo i percorsi della migrazione che convergono verso la Libia, i suoi campi di concentramento, i luoghi di imbarco, sulle barche che attraversano il mediterraneo, i collegamenti – con i territori di origine, con amici e familiari già migrati- sono mantenuti coi cellulari, che gli aguzzini dei lager vendono ai loro ‘ospiti’- purché non siano donne o nigeriani. Lo racconta Sarita Fratini[viii] e gli altri attivisti dello Josi&Loni project[ix] che ricuciono la trama di quelle vite, dai lager alle barche, tessendo legami virtuali per una concreta salvezza, riconnettono chi è rimasto a casa, chi sta migrando e chi ha già raggiunto e si è insediato in una nuova destinazione.

La vita non fiorisce nel paese del sole

I vincoli, i rischi e le opportunità che si offrono alla vita producono quegli effetti che il Bilancio Demografico Nazionale 2019 dell’Istat[x] registra. La diminuzione delle nascite (-4.5%) è di oltre 19 mila unità rispetto al 2018: nel 2019 sono stati iscritti in anagrafe per la nascita 420.170 bambini. È di +16,1% l’aumento di cittadini cancellati dalle anagrafiche che vanno all’estero: nel 2019 le cancellazioni di cittadini trasferitisi all’estero sono state 182.15 Al 31 dicembre 2019 la popolazione residente in Italia è inferiore di quasi 189 mila unità (188.721) rispetto all’inizio dell’anno. Il persistente declino avviatosi nel 2015 ha portato a una diminuzione di quasi 551 mila residenti in cinque anni. Il numero di cittadini stranieri che arrivano nel nostro Paese è in calo (-8,6%), mentre prosegue l’aumento dell’emigrazione di italiani (+8,1%).

La vita on-life

L’uso del tele-lavoro più o meno smart presumibilmente non arretrerà nei prossimi mesi, così come alla ripresa delle lezioni ci sarà un ampio uso della didattica a distanza, almeno nelle scuole secondarie superiori, alternata alla didattica in presenza. Nei mesi di segregazione stretta è cresciuto il tempo passato dalle persone connesse tra loro sui social network ed in generale l’uso dei prodotti digitali, facendo cresce a dismisura i profitti di società come Amazon, Facebook e Google.  La grande trasformazione a cui è affidata la ripresa globale ed in particolare quella del nostro paese, non può che essere una trasformazione digitale.

La connessione digitale globale ha reso possibile la nascita e lo sviluppo di movimenti globali da quello contro la guerra di inizio secolo, a quello contro  le cause del  cambiamento climatico, le esperienze e le pratiche per la condivisione della conoscenza e la partecipazione ai processi decisionali sono  cresciute, sono vive.  tuttavia l’insieme del sistema digitale -fatto di reti, dispositivi e tecnologie- sembra sopravanzare di gran lunga la capacità di appropriarsene. Il primo si presenta come sistema -che integra totalmente circolazione del denaro e dell’informazione- mentre il processo di riappropriazione della tecnologia per il libero sviluppo dell’individuo sociale è composto da esistenze parziali che faticano a diventare e soprattutto mantenersi come movimento generale, con forme di esistenza carsiche.

La formazione sociale italiana a sua volta vive in bilico tra la possibilità/necessità di una grande trasformazione e la probabilità di una vera e propria implosione sociale, sancita dal crollo demografico. Abbiamo visto come gli ultimi della terra, anche loro, si devono connettere per sopravvivere e percorrere il proprio cammino. La grande transizione –concetto topico del pensiero marxista- affidata all’evoluzione tecnologica trascinata dal digitale (qualcuno parla addirittura del raggiungimento di una ‘singolarità’ in cui muta radicalmente la natura della società e dell’uomo) non appare oggi una transizione verso la liberazione, per quanto noi cultori della materia ci appassioniamo ad essa. Analogamente le promesse di una compiuta democrazia partecipativa e deliberativa costruita attraverso la rete, sono ben lontane dall’essere realizzate e soprattutto si palesa il rischio di una semplificazione della complessità del reale, di una sua ennesima astrazione producendo una sorta di ideologia reazionaria, trasformandosi cioè nel proprio contrario.

Il cantiere del virtuale

Si manifesta la necessità di aprire un cantiere sul digitale, senza la pretesa di riassumere e ricomprendere  un universo di pratiche e riflessioni. Sulle pagine del sito di Transform Italia stiamo facendo il tentativo di costruire un nostro piccolo cantiere, abbiamo i nostri ‘lavori in corso’. La metafora del cantiere con la sua fisicità sembra contrastare con la virtualità del digitale dove domina l’immagine della ‘rete’, d’altra parte lo sviluppo pervasivo e travolgente del digitale è quanto di più materiale si possa immaginare essendo ormai connaturato ad ogni fenomeno sociale, consumando risorse energetiche e materiali smisurate. Nel passaggio critico che vive il nostro paese è necessario creare questo cantiere ovvero connettere i tanti piccoli cantieri, mettendo in comune le proprie cassette degli attrezzi, accettando di condividere e mettere in discussione premesse, ragionamenti e conclusioni.


[i] https://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/smart-working/Pagine/default.aspx.

[ii] Le decisioni saranno prese dal Consiglio Europeo quindi con una difficile mediazione tra gli stati.

[iii] Con l’eccezione delle forze dell’ordine.

[iv] Ecco la definizione che ne dà il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: “lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.

[v] https://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/smart-working/Pagine/default.aspx.

[vi] https://www.altalex.com/documents/news/2020/07/07/decreto-semplificazioni.

[vii] https://ilmanifesto.it/democratizing-work-tre-proposte-per-il-lavoro/.

[viii] Abbiamo incontrato Sarita Fratini a Colleferro, alla presentazione del suo libro Solidarancia.

[ix] https://jlproject.org/en/jlp-about-us/.

[x] https://www.ilsole24ore.com/art/italia-senza-futuro-l-istat-minimo-storico-nascite-dall-unita-ADM234d.

lavoro, Pandemia, politiche pubbliche
Articolo precedente
Leggere Boris Pahor nei giorni della memoria e del ricordo
Articolo successivo
La crisi galiziana di Unidas Podemos

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.