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Cultura e politica, intelligenza artificiale e lavoro intellettuale

di Roberto
Rosso

Preambolo e riassunto delle puntate precedenti

L’impatto delle tecnologie digitali come motori della trasformazione sociale è un fatto indiscusso in continua evoluzione, esse modificano la distribuzione delle filiere produttive, logistiche e dei servizi, la composizione sociale e del lavoro; le dinamiche indotte vengono quindi studiate ed analizzate da ogni punto di vista, non c’è dimensione della vita sociale e ramo di ricerca relativo che ne sia immune.  L’impatto cresce con lo sviluppo e la diffusione del sistema di tecnologie che va sotto il nome di Intelligenza Artificiale. Parlando per metafore, il loro impiego presenta uno sviluppo sia verticale che orizzontale. verso l’alto sono chiamate a elaborare moli crescenti di dati, che lo sviluppo dei network sociali e di ‘dispositivi ‘intelligenti’, il cui numero supera ormai di gran lungo il numero di persone connesse, connessi alla rete (l’Internet delle cose in gergo IOT ‘Internet of things’) mettono a disposizione;  la dimensione orizzontale è rappresentata da dispositivi che utilizzano algoritmi dotati della capacità di discriminare  tra le informazione informazioni, usarle, individuando configurazioni, applicando modelli a situazioni  locali, raffinando la propria capacità di selezionare le informazioni significative, senza fare riferimento- almeno entro certi limiti- a schemi di input fissi. Lo spettro di applicazioni è sempre più vasto, la loro diffusione non ha nulla di naturale -come pretenderebbe una visione secondo il processo di innovazione è del tutto autonomo da qualsiasi indirizzo e finalizzazioni. Ciò non significa che non vi sia uno sviluppo parzialmente autonomo della ricerca a cui è affidato il compito di esplorare territori incogniti o obiettivi di lungo periodo la cui realizzazione sia al presente di là da vanire, altrimenti il processo stesso di innovazione ne sarebbe rallentato. L’innovazione in sé di venta un valore in sé ed alcuni filoni di ricerca sono ormai strategici, dalla miniaturizzazione dei dispostivi di elaborazione- che permettono la diffusione dell’I.A.- alla scienza dei materiali, alla manipolazione del patrimonio genetico, alla ricerca di fonti energetiche alternative, per citarne alcune. Esso investe, attraversa e pervade i corpi sociali secondo piegato alla logica della valorizzazione del capitale d che ne filtra le applicazioni e indirizza gli sviluppi; con una organizzazione ed un dispiegamento governato dalla competizione strategica tra grandi potenze, nel senso degli stati e degli oligopoli che governano i diversi settori in particolare le cosiddette GAFAM del digitale.

Lo stato di cose presenti è quindi caratterizzato da equilibri precari e forti dinamiche trasformative, mentre si annunciano ad ogni piè sospinto  mutamenti radicali;  è legittimo -in questo contesto dominato dallo sviluppo tecnologico del captale unito ed al servizio della sua crescente finanziarizzazione- domandarsi se su questo stato di cose intervengono altri fattori oltre l’innovazione tecnologica guidata dalla valorizzazione del capitale vale a dire  conflitti sociali, forme di cooperazione, di produzione, appropriazione e condivisione della conoscenza,  processi trasformativi orientati verso orizzonti alternativi a quelli del capitale.

In questi giorni in molti paesi si è ripresentato sulla scena il movimento dei Fridays For Future, che ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone come a Berlino e a Milano in occasione della PRE-COP 26 e si annuncia un crescendo di mobilitazioni verso la COP 26 di Glasgow. La forma è quello di un movimento critico di massa, un movimento di opinione che raccoglie, condivide e ripropone i contenuti della critica al modello di sviluppo che porta progressivamente verso la catastrofe climatica, che intanto agisce già nel presente. Un movimento di critica e di progetto, capace di veicolare proposte alternative oltre all’analisi che arrivano dai settori di ricerca più impegnati su questo terreno. Un momento che attraverso le sue forme di mobilitazione e le sue figure di riferimento più carismatiche influisce sulle dinamiche politiche, evidenzia l’inadeguatezza delle strategie globali e dei singoli paesi ad affrontare efficacemente la deriva del riscaldamento globale. Tuttavia si pone il problema della sua efficacia per così dire finale, la sua capacità di portare alle estreme conseguenze il conflitto. SI pone il problema di quanto le popolazioni sempre più colpite dagli effetti già oggi localmente catastrofici siano portate a ribellarsi ad intervenire sulle strategie globali e non solo a rivendicare un risarcimento, un intervento locale sulle situazioni che le coinvolgono, diventando parte di un movimento ben più efficace sul piano politico, superando i limiti di un movimento sostanzialmente di opinione.

Altro riferimento. Nelle scorse settimane attorno alla lotta della GKN si è raccolto un movimento che si scontra con la decisione di multinazionali e fondi finanziari di delocalizzare le produzioni secondo le proprie logiche di razionalizzazione produttiva e speculazione finanziaria. Il contesto di questo movimento, che si sta coagulando attorno ad una lotta di una fabbrica con propria tradizione politica in termini di presenza anche sul proprio territorio, è quello della stagnazione della formazione sociale italiana del quale le chiusure ed il trasferimento delle produzioni all’interno e verso l’estero sono in buona sostanza una manifestazione ed una conferma; un movimento di lotta che si interroga e ci interroga sulla possibilità dello sviluppo di conflitti sociali nella situazione italiana dati i caratteri della formazione sociale, la traiettoria attuale della sua trasformazione.

L’interrogativo si estende alla capacità o meno di sviluppare conflitto e organizzazione a livello europeo, con la definizione di obiettivi a livello continentale. L’articolo di Roberto Musacchio, che compare in questo numero della rivista1, ci presenta la collocazione dell’Italia in un quadro sintetico delle differenze nel mercato del lavoro, nella struttura del salario tra i diversi paesi europei, rispetto a cui propone l’obiettivo di un salario minimo europeo, ricercando una percorso che faccia i conti, con l’obiettivo di forzarli,  con i vincoli imposti dai trattati che in nome del libero mercato oggi escludono un quadro legislativo e contrattuale europeo per il lavoro. In questi anni l’Europa è stata caratterizzata da un modello di sviluppo diseguale che si è accentuato nelle crisi, dal 2009 alla pandemia Covid-19.  L’Europa con le macroscopiche diseguaglianze al suo interno- a sua volta costituisce l’anello debole della competizione strategica globale; tale è nell’uso in tutti i gangli della riproduzione sociale del nuovo repertorio tecnologico, nella gara per la conquista dei mercati e nell’appropriazione delle risorse necessarie ad alimentare la ‘grande trasformazione’ di cui tutti in un modo o in un altro stiamo trattando. L’innovazione tecnologica attraversa gli assetti sociali e lungi dallo stabilizzarli ne rende più precari gli equilibri, rompendoli e generando un movimento verso nuovi possibili attrattori delle dinamiche trasformative.   La potenza di calcolo, l’apparato algoritmico è al servizio della realizzazione di modelli e strumenti di previsione e di controllo di queste dinamiche, stimolando la capacità di modellizzare questa realtà così fluida e dinamica, caratterizzata anche da rotture e discontinuità con orizzonti di imprevedibilità sempre più vicini,  con una evoluzione caotica, Ciò richiede  di utilizzare modelli e descrizioni della realtà in termini di sistemi complessi; lo studio di processi caotici e processi non lineari è una frontiera della ricerca da decenni, semre più necessari per la descrizione dei fenomeni metereologici e climatici, degli ecosistemi ed in generale di quei fenomeni che emergono dall’interezione autonoma delle proprie componenti, dalle particelle elementari, ai domini magnetici, ai neuroni, ai sistemi economici.

Il premio Nobel per la fisica di quest’anno è stato attribuito all’italiano Giorgio Parisi e per l’altra metà allo scienziato americano di origini giapponesi Syukuro Manabe, insieme al tedesco Klaus Hasselmann. Parisi, è stato premiato per “la scoperta dell’interazione tra il disordine e le fluttuazioni nei sistemi fisici dal livello atomico alla scala planetaria“. I suoi due colleghi, climatologi, hanno invece vinto per “la modellazione fisica del clima della Terra, che ne quantifica la variabilità e prevede in modo affidabile il riscaldamento globale“. Per definire la condizione in cui ci troviamo potremmo accostare salario minimo, diseguaglianze sociali e sistemi complessi, Intelligenza Artificiale, riscaldamento globale e pandemia.

La proliferazione in tutte le dimensioni e su tutte le scale degli algoritmi dell’intelligenza Artificiale in realtà aumenta la complessità della formazione sociale globale di cui diventa essa stessa una componente. Abbiamo più volte sottolineato l’aumento di contraddizioni globali a fronte di una capacità di elaborazione di modelli sempre più complessi di questa stessa realtà, i limiti imposti dalle esigenze di valorizzazione , la collocazione imposta ai singoli paesi alle singole regioni del globo, nella divisione internazionale del lavoro, ilo scontro su tutti i terreni tra le grandi potenze impediscono di affrontare le grandi contraddizioni del presente e l’orizzonte catastrofico che si presenta, facendo uso della potenza descrittiva che la ‘scienza della complessità per darne una definizione suggestiva, mette a disposizione. Dove il nesso tra livelli locali, regionali e globali diventa sempre più importante per non superare soglie di cambiamento irreversibile ed al contrario immettersi in altre traiettorie.

Dalla rete dei conflitti sociali alla rete del capitale

Nel pieno del ciclo di lotte che ha concluso la fase fordista dello sviluppo capitalistico, almeno in Italia e in Europa, prese corpo la rivendicazione della riduzione di orario a parità di salario a fronte dell’aumento di produttività, che il progresso tecnologico rendeva possibile; sappiamo come è andata a finire. Le rivendicazioni miravano alla riduzione dell’intensità delle sfruttamento, alla difesa della salute, all’incorporazione nel tempo di lavoro del tempo di trasporto, al di fuori del lavoro salariato direttamente produttivo mergeva la rivendicazione del salario al lavoro domestico al lavoro riproduttivo, la garanzia delle condizioni di vita per tutti legate alla casa ed alla erogazione dei servizi essenziali, la garanzia del reddito indiretto legato alle pensioni legato alla riduzione del tempo  nell’arco della vita dedicato al lavoro; in generale obiettivi egualitari fuori e dentro la fabbrica come base di un libero sviluppo umano.  Una ricomposizione del tempo di vita e di lavoro, un progetto di liberazione prodotto dalle lotte i cui obiettivi -ben oltre la loro formulazione in termini di rivendicativi, formalmente  di progetto riformistico- in realtà scardinavano i capisaldi del rapporto di capitale, ribaltavano le proporzioni e le tendenze del sistema di sfruttamento su cui esso si fonda. Negli stessi anni non a caso ha preso corpo la critica sulla neutralità della scienza di cui un caposaldo in Italia fu la pubblicazione del testo L’ape e l’architetto del 19762 le cui posizioni sono sostenute proprio dallo stesso Giorgio Parisi in un commento di qualche anno dopo3. Una critica alla presunta neutralità della scienza e della tecnologia che si salda alla critica operaia dell’organizzazione del lavoro, alla presa di coscienza dei suoi effetti sulla salute che salda lotta per la salute in fabbrica e sul territorio sino alla nascita di Medicina Democratica, alla presa di coscienza del nesso tra salute dei lavoratori e delle popolazioni e difesa dell’ambiente. Un caposaldo di questa crescita fu il petrochimico di Porto Marghera, assieme a tutte le grandi fabbriche del ciclo dell’auto. Conosciamo la risposta del capitale con la destrutturazione del ciclo fordista, dove lo sviluppo tecnologico permise di costruire robot che sono più produttivi di lavoratori recalcitranti; sembra un’altra epoca storica, ma con le rotture, i salti quantitativi e qualitativi dei decenni che ci separano da quegli anni’ paradossalmente c’è una perfetta continuità dei fattori che li hanno determinati, con la situazione di oggi.

Oggi il capitale propone la sua ricomposizione di una società a brandelli, fratturata, frazionata attraverso la connessione possibile di ogni luogo e momento della società globale, una distopia venduta come una utopia di liberazione. Se la prima rottura della ricomposizione operata entro il conflitto sociale fu realizzata nel processo di produzione, questa poi si è allargata a tutto il tessuto della società, dove l’aumento delle diseguaglianze, la rottura delle comunità costruite attorno al conflitto ed alla azione solidale, è stato poi il terreno sui si è sviluppata la ricomposizione astratta delle relazioni mediate dai canali puramente virtuali; si è creato un mondo nel quale -a differenza della precedente società dell’immagine, del cinema e della televisioni- ognuno può ambire a diventare protagonista ad avere una propria immagine riconosciuta, costruendo un proprio avatar, delle cui estreme conseguenze ci parla  da più tempo la narrativa di fantascienza.

Questa nuova mediazione che succhia un flusso di dati da ogni comportamento, relazione, azione concreta individuale o collettiva che sia, azione di un dispositivo artificiale, comunque connessi, a sua volta non si realizza semplicemente nelle server farm di dove ronfano centinaia di migliaia di CPU facendo girare algoritmi che penetrano sempre più intimamente ogni spicchio di realtà da cui arrivano i dati che si accumulano in milioni di memorie. Nella gerarchia dei lavori troviamo, al di sotto e al servizio dell’operatività degli algoritmi dell’I.A. il lavoro certosino di migliaia e migliaia di persone che ‘annotano’ dati per fornire loro un significato, per collocarli in una rete semantica su cui possono operare ed apprendere i dispositivi ‘intelligenti. Le piattaforme digitali richiedono una massa di lavoro4 che utilizzano come nel caso in nota che riguarda il Brasile, il mercato del lavoro precario locale, una GIG economy ante litteram; una sorta di colonialismo dell’I.A. che rinforza le diseguaglianze nord-sud sotto l’organizzazione del lavoro delle piattaforme digitali. Naturalmente questo stesso lavoro alla base della piramide digitale è destinato ad essere  perfezionato a diventare ‘smart’ applicando le stesse tecnologie che deve abilitare5, a fronte di una mole di dati che aumenta esponenzialmente nel tempo e che deve preparata per essere data un pasto alle intelligenze algoritmiche che sono sempre più affamati di dati6

In un articolo del 20107 si riportava una valutazione dell’UNESCO secondo cui nei successivi 30 anni più persone avrebbero ricevuto una educazione formale, più che in tutta la storia dell’umanità, un calcolo che ricorda la crescita delle informazione prodotte oggi che supera quelle prodotte dall’umanità dalla nascita della scrittura.

Per anni si è discusso sulla capacità di conflitto della nuova forza lavoro dotata di un livello culturale superiore rispetto al passato ed impegnata in funzioni lavorative che richiedono un impiego di funzioni intellettuali. Le vicende della pandemia da sars-CoV-2 nelle megalopoli indiane e brasiliane ha mostrato invece la sorte di decine di milioni di lavoratori impiegati in lavori precari e su strada ed ammassati negli slums che le circondano; le filiere di trattamento dell’informazione, le piattaforme digitali che innervano ogni momento della produzione e della riproduzione sociale hanno creato una nuova organizzazione del lavoro estremamente articolata dal cuore del Big tech sino alle periferia del sistema  dove si svolge il lavoro di ‘annotazione’ dei dati  e dove ognuno di noi annota-magari con un like-  comunica e registra la propria esistenza. In queste condizioni fa notizia un inizio di sindacalizzazione nel cuore di Google8, dove nel gennaio di quest’anno più di 400 tra ingegneri ed altri lavoratori hanno fondato la Alphabet Workers Union, in una azienda che conta più di 260.000 tra dipendenti e contrattisti. In buona sostanza si tratta per quel primo nucleo di lavoratori sindacalizzati di dare solidità all’attivismo e all’organizzazione dei lavoratori entro Google.

La genealogia del presente, la ricucitura del presente e la condivisione del futuro

Se alla digitalizzazione -forza motrice dell’innovazione tecnologica che comprende le scienze della  vita- al cambiamento climatico ed alla crisi degli ecosistemi aggiungiamo il fattore pandemia, quella in corso e quelle possibili in futuro, definiamo i punti di riferimento attuali, i punti di applicazione fondamentali per produrre una critica della scienza e dello sviluppo tecnologico, contro ogni pretesa di neutralità, per realizzare la critica razionale lo stato di cose presenti, fondata sulla condivisione necessaria delle conoscenze e delle esperienze. Un filo rosso lega le esperienze passate di critica operaia alla oggettività delle leggi dell’economia e della produzione, che si saldarono al movimento di critica della neutralità della scienza da parte degli stessi protagonisti della ricerca scientifica, alla situazione assai più complessa che oggi viviamo nella quale si dispiegano i caratteri dello sviluppo e dell’uso capitalistico della scienza e della tecnologia, e in cui si dispiegano le derive  del modello di sviluppo capitalistico individuate nel testo ‘I limiti dello sviluppo’ commissionato al MIT dal Club  di Roma. È importante costruire la genealogia del presente, acquisire una profondità storica del proprio essere qui ed ora per realizzare un progetto di futuro alternativo a quello che ci viene prospettato, dove le rotture non rappresentano la fine della storia e non legittimano il proporsi di un presente c sempre nuovo, destinato a stupirci e spaventarsi, senza la passibilità di riconoscere e rivendicare le proprie radici, di riconoscere sé stessi e riconoscersi reciprocamente nel cambiamento, anche nel conflitto e nelle contraddizioni.

Nelle righe precedenti abbiamo contrapposto la ricomposizione, la libera espressione dei caratteri genericamente umani che passava attraverso le lotte che hanno segnato la fine della fase fordista del modo di produzione dominante, alla ricomposizione astratta operata in nella distruzione del legame sociale concreto, tramite l’assorbimento di ogni processo di relazione interpersonale e sociale nella sua rappresentazione digitale, dove si opera il solito banale rovesciamento in cui lo strumento domina l’uomo, entro il processo di valorizzazione. Questa volta abbiamo evitato di riproporre l’analisi della forma denaro all’epoca dell’informazione digitale, che è parte fondamentale di questo processo di astrazione e delle forme di governo della società.

Vi sono fior di ricerche antropologiche e sociologiche sulle forme di sradicamento, spaesamento prodotte dalle trasformazioni in corso, sulla ricerca di forme succedanee di identità in assenza della costruzione di legami entro processi di autodeterminazione, , di recupero della propria storia delle ragioni dell’essere come si è oggi e del poter riconoscere la possibilità di costruire il proprio futuro. Analisi dello spaesamento prodotto dal potersi confrontare con i processi globali che entrano nel tessuto profondo delle esistenze individuali e collettive, confronto che è possibile solo riconnettendo le differenti storie, esperienze e pratiche che il processo di globalizzazione -in senso lato, in tutte le sue dimensioni- invece separa e contrappone; riconoscendo l’universalità dei caratteri dell’umanità nel moltiplicarsi delle differenze.

Ebbene a fronte di questo sradicamento dalle proprie esperienze e spaesamento di fronte al paesaggio che il mondo ci presenta, sta il dileguarsi delle possibilità di partecipazione e controllo sui livelli di governo delle nostre società. Ci si deve interrogare su quale cultura, quali culture ci appartengono e ci definiscono, in base alle quali agiamo, reagiamo, facciamo le nostre scelte su tutti i piani dell’esistenza, compresa la politica. Si apre un mare sterminato di riflessione, ma certo non ci possiamo stupire se progressivamente una quota sempre maggiore di cittadini si estranea dal confronto politico. La mancanza delle concentrazioni fortemente omogenee, la fabbrica, il luogo di lavoro in generale, il quartiere dove si concentrano, bisogni e desideri, che la lotta sul posto di lavoro spinge alle pratiche solidali ed al conflitto condiviso e partecipato, rendono ormai possibili invertire la rotta? Siamo dunque solo preda dei media e nei social media siamo costretti ad inseguire fantasmi?

La formazione sociale italiana vive una condizione pluridecennale di stagnazione, con punte di recessione periodica da cui non riesce a rimetterei compiutamente, a questo corrisponde una collocazione nella divisione internazionale del lavoro, avanzata solo per alcuni limitatissimi settori per il resto si è condannati alla subfornitura, a cui corrisponde un basso grado di scolarizzazione della popolazione, un decremento demografico ed invecchiamento della popolazione a cui rimedia in parte il flusso migratorio. Non siamo in presenza di un panorama piatto, ma i dati generali sono quelli citati. Non si tratta di essere snob e discettare sulla incultura degli italiani, ma prendendo atto di questo stato di cose, capire quali sono i processi che producono cultura basata sulla pratica della critica e del conflitto che inducono ad acquisire, produrre e condividere conoscenze, esperienze e capacità durevoli e non effimere di cooperazione.

Le esperienze di questi primi due decenni del secolo ci hanno mostrato l’esistenza di questi processi, legati non solo al manifestarsi periodico di grandi movimenti -che sono necessari per quella produzione e condivisione di cultura, cultura e pratica politica- ma a pratiche locali, capaci peraltro di connettersi tra loro e generalizzarsi, anche attraverso l’uso delle piattaforme digitali che non sono certo sostituivi delle forme di cooperazione concreta, ma ne sono strumento. Peraltro la codificazione necessaria delle conoscenze, richiede forme e linguaggi ben più sofisticati di una pagina di Facebook o di un account di Twitter, strumenti che negli anni molti di noi sono stati capaci di realizzare e ben altro sviluppo possono e devono avere.

Di sicuro le forme esistenti di organizzazione politica hanno di volta in volta tratto vantaggio dallo sviluppo di forme di organizzazione ed attivismo sociale e culturale, per dirla in sintesi, acquisendo contenuti e personale politico, ciò che è mancato è la capacità di contribuire allo sviluppo di corpi, forme intermedie e stabili in cui si esprimono e si organizzano conflitto e cooperazione sociale, assieme alla produzione culturale. I corpi intermedi del periodo fordista o sono scomparsi o sono stati cooptati nella gestione dell’esistente, spesso nella sua accezione peggiore, comunque non sono più adeguati. Si apre appunto un territorio sterminato di analisi e di materiali da analizzare, ma è un compito da affrontare collettivamente con spirito di collaborazione e non solo di acerrima competizione politica e culturale. Una nuova mappa di una società conflittuale, critica e solidale può e deve essere costruita.

 

  1.   https://transform-italia.it/un-salario-minimo-europeo-per-un-salario-dignitoso/    []
  2.   https://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/lape-e-larchitetto-ricordo-di-marcello-cini  []
  3. https://fisicamente.blog/2020/12/18/la-lotta-contro-lortodossia/ []
  4. https://www.uwestminsterpress.co.uk/site/chapters/e/10.16997/book55.n/ []
  5. https://www.datacouncil.ai/talks/active-learning-why-smart-labeling-is-the-future-of-data-annotation []
  6. Over and over again, research has proven that both the volume and quality of the training data is what differentiates good models from the highest performing ones. But with an ever-increasing volume of data, and with the constant rise of data-greedy algorithms such as Deep Neural Networks, it is becoming challenging for data scientists to get the volume of labels they need at the speed they need, regardless of their budgetary and time constraints.[]
  7. https://www.huffpost.com/entry/the-virtual-assembly-line_b_590467  []
  8. https://www.nytimes.com/2021/01/04/technology/google-employees-union.html []
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