Quale obiettivo si proponeva Hamas commettendo consapevolmente un crimine di guerra della portata di quello commesso il 7 di ottobre? In fin dei conti, lo stesso obiettivo che si era proposta nel 1967 la neonata organizzazione di Al Fatah, quando con le sue scarse forze entrò in campo in quella guerra: di essere riconosciuta come forza belligerante, sia pure sussidiaria ma totalmente palestinese nella guerra che finì dopo sei giorni dopo con la sconfitta dei Paesi Arabi e dei palestinesi con loro.
Con quell’intervento Al Fatah ottenne per sé e per altre formazioni come il FPLP e il FPDLP il riconoscimento di legittimo rappresentante del popolo palestinese, successivamente esteso all’OLP Organizzazione per la Liberazione della Palestina, internazionalmente riconosciuta e dal 1974 presente nell’Assemblea delle Nazioni Unite come osservatore. Dal 1988 semplicemente Palestina, legittimo rappresentante del popolo palestinese.
Lo stato di guerra di oggi è riconosciuto dalle Nazioni Unite per bocca del loro segretario e dei più alti funzionari sul campo. Lo riconoscono ufficialmente nel momento in cui parlano di crimini di guerra commessi dall’una e dall’altra parte, conseguenti alla lunga e perdurante violazione dei diritti umani di cui è responsabile lo Stato d’Israele e di cui l’evidenza più mastodontica è la perdurante occupazione della Cisgiordania.
È doloroso per tutti i sostenitori della casa israeliana sentir parlare di forza d’occupazione e di Israele come forza occupante e tentano in ogni modo di sottrarsi a queste responsabilità cui però non si può sfuggire perché nel momento in cui la comunità internazionale riconosce che esistono dei Territori Occupati, automaticamente e di conseguenza riconosce che esistono delle forze occupanti e una potenza occupante.
L’occupazione è un fatto in sé che per essere riconosciuta come tale non ha bisogno di alcuna legittimazione né tanto meno di accettazione da parte degli occupanti.
Un’occupazione, per quanto sgradevole possa apparire il termine e ingiusta agli occhi degli occupanti non costituisce in sé né crimine di guerra né crimine contro l’umanità. Diventa però crimine contro l’umanità quando la forza occupante non corrisponde ai doveri che le sono imposti in quanto tale. Tra questi è un crimine enorme il processo in corso di colonizzazione con il trasferimento di popolazione e via via tutte le soppressioni di diritti che questa installazione violenta di una popolazione estranea comporta.
Le Nazioni Unite conoscono perfettamente le differenze tra crimini contro l’umanità e crimini di guerra, anche perché afferiscono a loro, pur nell’autonomia di giudizio, le principali convenzioni che dovrebbero reagire ai crimini contro l’umanità: contro il genocidio, contro l’apartheid e contro la tortura. Se le Nazioni Unite parlano di crimini di guerra, riconoscono con ciò che una guerra è in corso e a differenza del 1967 l’organizzazione palestinese Hamas non è una formazione belligerante sussidiaria ma è, per quanto riguarda la parte palestinese, la formazione belligerante principale.
Israele, per bocca del suo presidente e del suo primo ministro, ha ribadito che di guerra si tratta, aggiungendo che si tratterà di guerra lunga ed estremamente difficile. Con questo mettono per così dire le mani avanti rispetto a quanti chiedono che vi si ponga termine al più presto e che si concedano quanto meno delle tregue. Per il governo israeliano questa guerra non solo sarà lunga e difficile ma non verrà concessa alcuna tregua. Con questo gli israeliani fanno una grande concessione ad Hamas, anche se a pagarne il prezzo è la popolazione civile. Anzitutto, perché riconoscono che Hamas – e solo Hamas – è il loro avversario in una guerra lunga e difficile.
In secondo luogo, le guerra combattute e vinte da Israele nel corso dei decenni sono state guerre lampo, nel 1948, nel 1967, nel 1973; ed è stata rapida anche quella persa e che viene spesso dimenticata, la guerra del 1956 per l’occupazione del Sinai e del canale di Suez, l’operazione neo-coloniale scatenata congiuntamente a francesi e inglesi e finita con una sconfitta perché nessuno degli obiettivi fu raggiunto.
In tutte quelle occasioni la rapidità ha favorito Israele che prevaleva su avversari che faticavano ad unirsi e venivano battuti in sequenza uno dopo l’altro. In questo caso è lo stesso Israele che concede all’avversario una guerra lunga e difficile che costringerà tutti gli attori regionali e mondiali a uscire allo scoperto. Già ora qualsiasi osservatore neutrale coglie le difficoltà di Hezbollah che potrà anche avere dei vantaggi restando fuori dal conflitto, ma rischia anche, se ne resta fuori a lungo, di condannarsi da solo all’irrilevanza politica.
Le cose che abbiamo cercato di riassumere non erano affatto scontate. Nell’ottobre 1990, chi scrive fu testimone di crimini contro l’umanità commessi su larga scala dalle forze occupanti.
Ero radiologo all’Ospedale palestinese Al Makassed di Gerusalemme Est quando verso le dieci e mezzo del mattino dell’8 ottobre la direzione ci disse di sospendere tutte le attività e di rimandare i pazienti nei reparti. Di lì a qualche minuto cominciarono ad arrivare le ambulanze con le centinaia di vittime dell’assalto delle forze di occupazione alla Moschea di Al Aqsa e presto fu una confusione incredibile di corpi, di sangue, di persone, di parenti che domandavano disperati. Quel giorno avemmo cinque morti solo nel reparto di radiologia e chi conosce il mio mestiere capisce che è molto raro che i pazienti urgenti muoiano in radiologia dove, in una situazione come quella, non restano di solito più di pochi minuti. Poi le forze d’occupazione ci dissero che c’erano stati 16 vittime in tutto, una di loro morta d’infarto. Tre dei miei pazienti, tra i tanti, erano stati colpiti con le pallottole dum-dum, le vietatissime pallottole che quando colpiscono il bersaglio si frammentano e si disperdono nella regione colpita. Nell’addome e nel torace di quei poveri ragazzi la radiografia mostrava non una pallottola, ma l’equivalente di 10 o 12 schegge che è come dire 10 o 12 ferite, 10 o 12 interventi operatori diversi.
Verso mezzogiorno arrivarono gli israeliani e cominciarono a sparare gas lacrimogeni nel nostro reparto. Non ho capito la ragione militare di quell’azione e non me la spiego. In quel caso, di cui conservo le prove, si trattava di crimini contro l’umanità perché nessuno riconosceva che ci fosse in corso una guerra, a differenza di oggi. Difficile dire se sia meglio o sia peggio, sicuramente è qualcosa di diverso.
Luciano Beolchi