editoriali

Contro il ddl paura, una manifestazione che fa politica

di Roberto
Musacchio

Ci sono Adelmo Cervi, con Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi, e la “nostra” (perché tra le tante cose è di Transform) Elena Mazzoni a reggere lo striscione di apertura. Insieme a tante e tanti altre/i perché moltissime sono le realtà che hanno dato vita alla manifestazione del 14 dicembre, contro il ddl paura, come è stato ribattezzato il disegno di legge che introduce norme contro il conflitto e contro la democrazia. Norme di destra per un governo di destra. Perché, nella confusione dei tempi e nel sovrapporsi delle responsabilità un po’ fra tutti i soggetti di questo schifo di bipolarismo, poi la destra è tale. Soprattutto se non è neanche il nuovismo berlusconiano ma la riedizione di una parte del ‘900 che fu sconfitta e che ora prova la rivincita. Ho vissuto gran parte della mia vita, umana e politica, in quella parte della Storia che poteva andare sull’abbrivio del 25 aprile, come ricordato da uno striscione dell’ ANPI. Ora sento che questa mia/nostra vita può essere stata una parentesi tra un corso lungo della Storia che apparteneva, e torna ad appartenere, ai dominanti, alle loro guerre ed alle loro repressioni. La Storia non siamo noi, scrivevo settimana scorsa. Cosa difficile da percepire se hai vissuto nella parentesi. Ma avvertita da tanti giovani che incontro nella mia vita associativa di aiuto allo studio e che avvertono di non avere il futuro nelle loro mani. Si arrangiano, tra mille lavori, carriere incerte, personale che non è politico, migrazioni. Ma a volte riappaiono come nelle occupazioni di scuole di questi giorni. E in piazza erano tante e tanti. Una manifestazione intergenerazionale ma anche intersezionale, come si dice adesso. Un tempo si parlava di blocchi sociali, blocchi storici. Mi adeguo. Non sono certo perché avverto una linguistica che cerca di sopperire alle difficoltà di riprendere in mano la Storia. Tant’e’ ma in piazza l’intersezione si vede. Fiom e Cgil. Centri sociali e nuovi giovani. Lavoratori e studenti. Contro il ddl paura e contro la guerra. Per il lavoro, che prende parola con Gkn ed altre realtà, per il clima. C’è anche la politica. C’è Rifondazione che questa manifestazione l’ha voluta tanto. Avs, Conte, un po’ di Pd, che pure di schifezze sulla democrazia ne ha fatte. Siamo diversi, dicono i brevi interventi dal camion lungo il corso del lunghissimo corteo. Dobbiamo stare uniti. Dobbiamo battere il ddl paura e cacciare il governo Meloni. Dobbiamo essere radicali. Il conflitto è il cuore della democrazia e senza conflitto la democrazia muore. Punto fondamentale perché oggi, con la guerra permanente, autocrazie e democrature convergono. Ognuno sa cosa ha fatto l’altro, ieri. Ma pensa a cosa può fare da oggi. A cosa dobbiamo fare. E tante e tanti arrivano “da soli” perché interessa loro quel che fare. Così la politica cessa di essere una foto statica dell’esistente, triste, o un selfie, per fare finta di esistere come isola felice ma separata. Torna ad essere il Paese nel Paese, conflitto, egemonia. E torna di massa. Sono tempi in cui abbiamo avuto politica senza masse, come nei giochetti trasformisti della Seconda repubblica o nelle micro rappresentazioni di alternative ridotte appunto a selfie. Masse senza politica, come, dico con rispetto, girotondi e sardine. Tentativi di movimenti, sociali, per la pace, per la Palestina, troppo ridotti rispetto alle esigenze che sono drammatiche. In pochi giorni qualcosa si è mosso. I movimenti femministi contro la violenza in una piazza grande e politica. Altrettanto questa manifestazione, contro le destre e per l’alternativa. Che è una piattaforma politica difficile da maneggiare perché grande è il disordine sotto il cielo ma la situazione è tutt’altro che eccellente. Chi ha voluto e costruito il 14 lo ha saputo fare e intende continuare. Sarà bene continuare insieme.

Roberto Musacchio

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