I rispettivi calendari politici hanno fatto sì che coincidessero le elezioni in due Paesi molto lontani tra loro come il Cile e la Croazia. Nello Stato derivato dalla disintegrazione della vecchia Jugoslavia, si trattava di un normale rinnovo delle amministrazioni locali. Il Cile invece era chiamato ad un appuntamento eccezionale dovendo eleggere, oltre alle amministrazioni locali, la nuova Assemblea Costituente. Frutto quest’ultima di un importante movimento popolare che ha costretto la destra al potere ad accettare la possibilità di dotare lo Stato latinoamericano di una nuova Costituzione che superi quella imposta dai militari al tramonto della stagione pinochettista.
Elezioni diverse in Stati che hanno avuto anche qualche elemento comune: una forte egemonia della destra (ultraliberista in Cile, nazionalista e sciovinista in Croazia) alla quale ha cercato di contrapporsi un centro-sinistra piuttosto blando (la Concertacion in Cile, i socialdemocratici ex comunisti in Croazia). Ora il voto dei giorni scorsi ha prodotto un altro elemento comune: l’emergere di una sinistra più radicale, confluenza di temi sociali, ambientalisti e di movimenti per i diritti, che si propone come alternativa al tradizionale centrosinistra e che ottiene risultati importanti.
In Croazia si tratta di una nuova sinistra aggregata nel movimento Mozemo! (Possiamo) che ha aggregato attorno a sé altre forze dell’area rosso-verde. Questa coalizione è in grado prevedibilmente di conquistare, al secondo turno, l’amministrazione della capitale, Zagabria, avendo ottenuto oltre il 45% dei suffragi alla prima votazione. Il suo candidato a sindaco, Tomislav Tomasevic, potrà contare sul sostegno del Partito Socialdemocratico che si è dovuto accontentare di un modesto 7%. Il tradizionale partito di centro-sinistra ha pagato lo scotto dei suoi rapporti non sempre limpidi con l’amministrazione del sindaco Bandic che ha dominato Zagabria per quasi vent’anni. Al contrario il movimento che si è coagulato attorno a Tomasevic ha combattuto battaglie significative contro l’intreccio di corruzione e utilizzo privato degli spazi pubblici cittadini destinato ad arricchire gli imprenditori amici della vecchia amministrazione.
Il desiderio di cambiamento dei cittadini della capitale si è quindi rivolto a Mozemo che ha ottenuto significativi consensi anche in altre città croate, ampliando quello conquistato nelle recenti elezioni politiche. I socialdemocratici, pur indeboliti, mantengono alcune roccaforti tradizionali come Rijika, dove pure Mozemo ha ottenuto risultati significativi, ma è evidente che se vogliono avere un futuro dovranno cambiare profondamente.
In queste elezioni amministrative non si è ricostituita interamente la coalizione rosso-verde che aveva concorso alle recenti elezioni politiche. Il partito Radnicka Fronta (Fronte dei Lavoratori, che rappresenta l’ala più radicale e anticapitalista della coalizione) riteneva che nella posizione di Mozemo ci fosse qualche ambiguità nei confronti del Partito Socialdemocratico e inoltre chiedeva il sostegno ad una propria candidatura a sindaco nella città di Rijika. Alla fine ha ottenuto risultati dichiarati apertamente come insoddisfacenti non riuscendo a superare la soglia del 5% nelle due città su cui più aveva puntato: Rijika e Pula. La divisione che si è registrata a livello locale non dovrebbe mettere in discussione la collaborazione esistente nel gruppo parlamentare e lasciare aperta la strada ad una ricomposizione della frattura nei futuri appuntamenti elettorali.
La sinistra rosso-verde croata si inserisce in una certa ripresa delle forze progressiste in diversi Stati della ex Jugoslavia che si è registrata negli ultimi anni con l’ingresso di forze politiche di sinistra nei Parlamenti di Slovenia e Macedonia. In questo quadro si può inserire anche il successo del movimento Vetevendosje in Kosovo.
Anche le elezioni cilene hanno segnato l’emergere di una nuova sinistra alternativa che in questo caso ha trovato la possibilità di unirsi ad un partito più tradizionale come quello comunista per dar vita ad una nuova coalizione unitaria: “Apruebo con Dignidad”.
Le ultime elezioni politiche del 2017 avevano visto una contrapposizione tra il tradizionale centro-sinistra composto prevalentemente da democristiani e socialisti (la Concertacion) al quale aveva aderito anche il Partito Comunista in posizione minoritaria, e una nuova formazione più radicale. In vista delle presidenziali, vinte dall’ultradestra di Sebastan Pineira, si era formato un Fronte Ampio, ispirato a quello uruguayano, nel quale erano confluite sia formazioni moderate come il Partito Liberale (poi uscitone), sia componenti più radicali emerse dal movimento studentesco e da altri movimenti sociali, che hanno dato vita a diversi partiti, il più importante dei quali è Revolucion Democratica, guidata dall’ex leader studentesco Giorgio Jackson.
Il forte movimento di lotta che ha attraversato il Cile nel 2019 ha cambiato profondamente lo scenario politico del Paese. Non tutte le forze che avevano partecipato al movimento avevano approvato la sottoscrizione di un Accordo per la Pace e la Nuova Costituzione che doveva darvi uno sbocco politico, ritenendo che lasciasse ancora la possibilità al regime uscente di bloccare un vero cambiamento.
Il voto per la assemblea che dovrà redigere la nuova Costituzione ha segnato invece una secca sconfitta per la coalizione di destra che sostiene il Presidente Pinera ferma attorno al 20%. In questo modo non potrà contare sulla possibilità bloccare qualsiasi norma costituzionale non gradita. Contemporaneamente è uscita sconfitta dal voto anche la coalizione di centro-sinistra (la ex Concertacion) che è stata nettamente scavalcata dalla nuova alleanza formata dal Fronte Ampio e dal Partito Comunista.
Il Partito Comunista ha saputo mantenere in questi anni una presenza significativa sia nelle organizzazioni studentesche che in quelle sindacali. Al suo interno sono emerse figure nuove che hanno consentito al partito di non perdere i contatti con le nuove generazioni che si radicalizzavano. Il PCCh ha anche saputo valorizzare la sua presenza in alcune importanti amministrazioni locali.
È stato dato rilievo anche nella stampa internazionale (in qualche caso perfino in quella italiana) al successo della candidata comunista nel municipio di Santiago (che comprende la parte centrale della metropoli), Iracì Hassler, trentenne economista e femminista, che è riuscita a sconfiggere l’Alcalde uscente della destra. Rilevante però è anche il successo registrato nel contiguo comune della Recoleta (con una popolazione di 162.000 abitanti) dal sindaco uscente Daniel Jadue, riconfermato con una larghissima maggioranza.
Daniel Jadue, nato a Recoleta nel 1967 da una famiglia di emigrati dalla Palestina, è stato per diversi anni responsabile dell’organizzazione della gioventù palestinese in America Latina e si è iscritto al Partito Comunista nel 1993. Nel 2012 è diventato sindaco della sua municipalità e ha saputo realizzare numerose iniziative di successo aperte ai bisogni sociali dei cittadini (scuola, sanità, cultura). Come ha dichiarato “il Partito Comunista ha vissuto una rinascita. I successi dei governi comunisti locali hanno dato ai cittadini una speranza rinnovata nel partito.” Il compito di queste amministrazioni è “di trasformare radicalmente lo Stato. Come esso è attualmente, funziona puramente come veicolo per la dominazione di classe. Le sue strutture sono completamente impermeabili alle aspettative e ai bisogni dei suoi cittadini.”
A novembre si terranno in Cile le elezioni presidenziali e il Partito Comunista ha avanzato la candidatura di Daniel Jadue come futuro presidente. È possibile che si tengano primarie legali che consentano di far emergere un candidato condiviso da tutto il fronte antiliberista, dato che sono emerse anche altre candidature avanzate dal Fronte Ampio, ma l’esito di questo percorso piuttosto complesso non è scontato.
Da due realtà lontane come Cile e Croazia emerge come, in forme diverse, si possa creare e rafforzare una sinistra plurale e unitaria in grado di diventare alternativa alla destra liberista e nazionalista anche quando il sistema politico appare del tutto impermeabile all’emergere di nuove forze o alla rinascita di partiti dalla lunga storia.