Dovrebbe essere una riedizione del macronismo e chiedere voti a elettori di centrosinistra e centro spaventati dalla fiamma repubblichina che s’alza più bella e più superba che prìa dal sepolcro (imbiancatissimo) dell’MSI campeggiante ancora nel simbolo di FDI, dovrebbe appellarsi a una sorta di barrage antifascista interclassista, dovrebbe… Ma nell’accordo Letta-Calenda la parola “antifascismo” è tabù, come lo è la parola “Costituzione”. Non solo l’articolo uno, tutta.
Contenuti di orientamento generale esistono? Certo, e possenti, anche se frutto di fantasia storica. L’Italia, dice questo patto siglato nella canicola di quella che Blanchot chiamerebbe “folie du jour” (follia del giorno), dovrebbe fare riferimento a un “sistema di alleanze così come venutosi a delineare nel secondo dopoguerra”. Benvenut* nel meraviglioso mondo del Patto di Varsavia e della Cortina di Ferro. Non sono decenni che si celebra la caduta di Berlino, nel tripudio UE, non sono decenni che compriamo gas russo e che il capitalista Putin governa il suo enrichez-vous oligarchico? No. E in Spagna c’è ancora l’atlantista fascista alleato Nato, generalissimo massacratore Franco.
Nemici ne abbiamo? Certo, sempre utile avere dei nemici. Putin e Orbán. Uno è anche in Unione Europea indisturbato da anni, ma forse Letta e Calenda lo ignorano, e non risulta che il vulnus alla democrazia ungherese sia mai stato seriamente affrontato e risolto nella UE, da decenni. Business is business.
Refrain atlantista, geopolitica da bar sport, nessun accenno al mondo, agli assetti globali in deflagrazione. Le carte geografiche di Bottini sono ancora quelle tra Loreto impagliato e il busto di Alfieri, a casa di nonno? La delizia di una madeleine boomer, grazie Letta e Calenda, Thatcher lives. Forever in our hearts.
Forse, chissà, è stato il Migliore a fare questo effetto stordente sugli arredi di casa. Dopo il suo genio assoluto, leonardesco, michelangiolesco, elonmasko, chi può anche solo pensare esista anche solo un afflato di politica? Guerra, morte, economia, sfruttamento del lavoro, geopolitica, antifascismo, diritti di cittadinanza: tutto si sfalda nel Cuore, nell’incontenibile gioia di un accordo, nella possibilità di un re-brand mediatico, di un party di partiti (colonna sonora Rio dei Duran Duran? Wanna dance with me, Mary Star?). Gattopardi dagli occhi del Tigre, il Tigre del film di Gassmann, rutilante italiano borghese: Tigre, Jaguar, belve assortite, con tutto il rispetto per i felini che vivono fuori da squallide metafore.
Calenda e Letta non sono Musil (Musil era un genio, e non si intende come Mario Draghi), ma le parole taglienti di Lukács sullo scrittore mitteleuropeo in Grand Hotel Abisso, incluse come appendice a Dialettica dell‘irrazionalismo di Enzo Traverso (Ombre Corte, 2022), sembrano essere l’abito che più si adatta alla loro silhouette politica:
Dunque, non accade nulla. Quando uno stupido amico di gioventù gli rimprovera che tutta la sua filosofia sfocia in pratica in quella del “tirare a campare” della vecchia Austria va molto vicino alla verità.
Paola Guazzo