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Appello del Movimento europeo al Presidente Draghi

di  
Movimento europeo in Italia

Il Movimento europeo in Italia e la Piattaforma italiana sul futuro dell’Europa chiedono che il Governo presieduto dal Prof. Mario Draghi:

  1. Sostenga l’avvio urgente di una nuova fase di riforma dell’Unione
  2. A questo fine solleciti una rapida apertura della Conferenza sul futuro dell’Europa che si concluda entro la primavera del 2023 presentando un rapporto preliminare durante la presidenza francese del Consiglio nel primo semestre del
  3. Sostenga la necessità che essa sia un luogo di dibattito, di dialogo e di proposta senza la pretesa di sostituirsi alle istituzioni dell’Unione europea nell’esercizio dei poteri che ad esse spettano per le decisioni che dovranno essere adottate sulla base del programma legislativo 2021-2024 presentato dalla Commissione europea e sostenuto da un’ampia maggioranza del Parlamento
  4. In questo spirito affermi l’esigenza che la Conferenza – escludendo dal suo mandato l’esame della “Agenda strategica” adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2019 – affronti alcune priorità e segnatamente:
  • una riforma del bilancio europeo nel segno dell’attribuzione all’Unione europea di una capacità fiscale autonoma e indipendente dai bilanci nazionali, nonché di una corresponsabilità del Parlamento europeo nella creazione di nuove risorse proprie dell’Unione,
  • il completamento dell’Unione economica e monetaria con la realizzazione delle quattro unioni: economica, finanziaria, fiscale e democratica,
  • una riforma dell’intero impianto della distribuzione delle competenze fra Unione europea e Stati membri — rafforzando la dimensione europea per passare dalla cooperazione intergovernativa ad una sovranità condivisa ivi compreso un ripensamento del funzionamento del principio di sussidiarietà e di proporzionalità – con particolare riferimento alla politica sociale, agli obiettivi dello sviluppo sostenibile, all’energia e alla società digitale, alla politica sanitaria, all’educazione e alla ricerca, alla dimensione interculturale, allo sviluppo tecnologico e alla politica industriale, alla cooperazione con i paesi in via di sviluppo, alla gestione dei flussi migratori, al coordinamento delle politiche economiche e alla protezione civile,
  • una maggiore integrazione nel campo della politica estera, della sicurezza e della difesa, incluso il superamento dell’unanimità alla luce del contesto internazionale e della necessità di ritrovare la via del multilateralismo e della cooperazione pacifica fra i popoli,
  • una maggiore integrazione nel campo della lotta al terrorismo e della sicurezza interna anche attraverso un rafforzamento dei compiti della Procura Europea,
  • una riforma dei rapporti fra le istituzioni dell’Unione europea, nella direzione di un rafforzamento delle capacità di azione del Parlamento europeo sia attraverso un’estensione del potere di decisione che con il potere di iniziativa legislativa nell’interesse delle cittadine e dei cittadini europei;
  • un più diffuso uso del voto a maggioranza, per rendere efficace l’azione dell’Unione europea spesso paralizzata da posizioni ispirate dal metodo confederale,
  • un serio e approfondito ripensamento sul futuro quadro istituzionale dell’Unione europea ivi compreso il metodo dell’integrazione differenziata,
  • la difesa dei valori sui quali si fonda l’Unione europea, in particolare dello Stato di diritto, sia al suo interno che nei rapporti con i paesi terzi nel quadro dello sviluppo urgente e imprescindibile di una democrazia europea rappresentativa, partecipativa, paritaria e di prossimità.
  1. Promuova un’organizzazione della Conferenza che:
  • determini in piena autonomia l’agenda dei propri lavori e la sede degli incontri, valorizzando la propria presenza in località quante più numerose possibili e non soltanto nel territorio degli Stati che ricoprono la presidenza semestrale del Consiglio,
  • associ le cittadine e i cittadini europei, le associazioni rappresentative e la società civile, i partner sociali e il mondo delle università ai propri lavori costantemente, continuativamente e in presenza, affinché la loro partecipazione vada oltre le modalità di un dialogo puramente formale o su piattaforme digitali affinché il cantiere della riforma dell’Unione europea sia il luogo della democrazia partecipativa,
  • possa indirizzare le proprie raccomandazioni al Parlamento europeo, istituzione di rappresentanza diretta delle cittadine e dei cittadini dell’Unione europea, affinché sia valutata l’apertura di una fase costituente per iniziativa degli organi parlamentari di rappresentanza dei cittadini europei,
  • sostenga con determinazione che il Parlamento europeo sia l’unica sede istituzionale legittimata a gestire il seguito della Conferenza sul futuro dell’Europa e ad avviare un nuovo processo costituente.

Il Movimento europeo in Italia e la Piattaforma italiana sul futuro dell’Europa sostengono la necessità di superare i limiti delle procedure di revisione dell’art. 48 TUE e di scegliere il metodo – che fu indicato dal Parlamento europeo con il “Progetto Spinelli” il 14 febbraio 1984 – di un nuovo trattato elaborato dal Parlamento europeo da sottoporre direttamente alla ratifica dei parlamenti nazionali, come è consentito dalla Convenzione di Vienna sui trattati, cogliendo l’occasione della Conferenza sul futuro dell’Europa per verificare e creare un consenso maggioritario su questa via alternativa alla paralisi intergovernativa e proporre una soluzione politicamente e giuridicamente innovativa dell’integrazione differenziata. Come conseguenza di questo metodo occorrerà definirne gli elementi essenziali ispirandosi all’art. 82 del “Progetto Spinelli” o al “Documento Penelope” della Commissione europea presieduta da Romano Prodi.

Il Movimento europeo in Italia e la Piattaforma italiana sul futuro dell’Europa ritengono che il Parlamento europeo debba per questo insieme di ragioni non accettare la proposta della presidenza portoghese del Consiglio del 3 febbraio 2021 (5767/21). Occorre invece definire durante la Conferenza, fra i rappresentanti delle istituzioni europee e nazionali e nel dialogo con le associazioni rappresentative e la società civile, a quali condizioni, con quale metodo e in che tempi sarà possibile un’ampia riforma dell’Unione europea in vista delle elezioni europee nel maggio 2024. Tale definizione non può essere vincolata al “principio del consenso” ribadito nella proposta della presidenza portoghese del Consiglio, perché ciò significherebbe impedire qualunque capacità innovativa dell’Unione europea e condizionare il futuro dell’Europa al minimo comun denominatore dell’accordo fra ventisette apparenti interessi nazionali.

Occorre definire anche e fin dall’inizio i tempi necessari della Conferenza per confrontarsi sugli orientamenti e sulle priorità del futuro dell’Europa sapendo che gli uni e le altre potrebbero essere sviluppati secondo tesi differenti o anche contrastanti fra di loro. Non è inoltre accettabile la pretesa del Consiglio secondo cui le “raccomandazioni” della Conferenza debbano essere sottoposte al Consiglio europeo nel giugno 2022 affidando il destino dell’Unione europea al consenso (e cioè all’unanimità) dei capi di Stato e di governo.

La sola istituzione europea dotata della capacità di decidere democraticamente è il Parlamento europeo al cui interno sono rappresentate tutte le forze politiche europee e che può parlare dunque a nome delle cittadine e dei cittadini europei che lo hanno eletto. Spetterà dunque al Parlamento europeo tradurre in una proposta organica e globale di riforma dell’Unione europea gli orientamenti e le priorità che saranno emersi nella Conferenza e adottarla in tempo utile prima delle elezioni europee nel maggio 2024.

È questa la sfida essenziale di fronte a cui si trova un vero radicalismo riformista e su cui far convergere la cultura dell’universalismo cristiano, dell’internazionalismo socialista e del cosmopolitismo liberale – a cui si aggiunge la cultura ambientalista – nella prospettiva della trasformazione dell’Unione europea in una Comunità federale percorrendo la via costituente e non quella di una revisione intergovernativa dei trattati.

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