Due Dichiarazioni, prime reazioni, in periodo di chiusura estiva del Parlamento Europeo, agli accadimenti in Afghanistan. La prima è una Dichiarazione congiunta del Presidente della Commissione per gli Affari Esteri (AFET), il tedesco David McAllister, del Gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE), del Presidente della Commissione per lo Sviluppo (DEVE), lo svedese Tomas Tobé, anch’egli del PPE, e del Presidente della Delegazione del PE per le relazioni con l’Afghanistan, il lituano Petras Auštrevičius, del Gruppo Renew. Oltre alla “profonda deplorazione” per la “calamità politica, militare e morale in Afghanistan” e la preoccupazione per la situazione creatasi con il “ritiro precipitoso delle truppe statunitensi e della NATO dal paese senza una base di condizioni e lo scioccante crollo delle istituzioni afgane e delle sue forze di sicurezza”, la Dichiarazione si concentra sull’urgenza dell’azione umanitaria. Si chiede di “garantire e facilitare la partenza sicura e ordinata dei cittadini stranieri e afgani che desiderano lasciare il paese”, ma si aggiunge che “è nel nostro interesse prevenire un’altra crisi migratoria. L’UE deve sviluppare una nuova strategia per l’Afghanistan e la regione tenendo conto delle nuove circostanze”. La preoccupazione è “che Russia e Cina cercheranno rapidamente di colmare il vuoto politico”. Per questo si invoca “un ruolo costruttivo” di Pakistan, Iran e India.
I tre Presidenti, in un comunicato del 18 agosto, hanno annunciato la convocazione, per il 19 agosto, di una riunione straordinaria congiunta delle Commissioni AFET e DEVE e della Delegazione per L’Afghanistan, per discutere degli ultimi sviluppi insieme a Josep Borrell, Vicepresidente della Commissione e Alto Rappresentante UE per gli affari Esteri e la Politica di Sicurezza.
L’altra Dichiarazione è della Presidente della Commissione per i Diritti delle donne e l’uguaglianza di genere (FEMM) del Parlamento Europeo, l’austriaca Evelyn Regner, del Gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D). Preconizzando “un nuovo regno del terrore per le persone che vivono in Afghanistan” e “l’oppressione sistematica e brutale in tutti gli aspetti della vita”, nella Dichiarazione si esprimono preoccupazioni per “una crisi umanitaria che colpirà specificamente le donne e le ragazze” e si chiede che “tutti gli ulteriori negoziati devono garantire la sicurezza e il benessere delle donne e delle ragazze afgane”.
La protezione dei richiedenti asilo che fuggono dall’Afghanistan deve avere la massima priorità; è quanto chiedono, in una Dichiarazione del 17 agosto 2021, i due Copresidenti del Gruppo della Sinistra-GUE/NGL, Manon Aubry e Martin Schirdewan, rivolgendosi ai Ministri degli Esteri dell’UE riuniti lo stesso giorno sulla questione afgana. La Dichiarazione si conclude ricordando che “la Sinistra al Parlamento Europeo si è opposta fin dall’inizio a questa irresponsabile guerra in Afghanistan. L’intervento militare era sbagliato e il ritiro è stato scomposto. Chiaramente, la popolazione civile afgana è doppiamente vittima della guerra.”
Crisi umanitaria, corridoi per garantire l’asilo a chi vuole lasciare il Paese, difesa della dignità del popolo afgano: questi i cardini delle richieste contenute in una Dichiarazione di Heinz Bierbaum, Presidente del partito della Sinistra Europea. Bierbaum non manca, però di denunciare le cause del dramma afgano: “Oggi, infatti, non possiamo che indignarci per la dichiarazione dell’Amministrazione americana e del Presidente Joe Biden che giustifica il ritiro menzionando interessi americani in Afghanistan. Non ci sono dubbi sul ruolo degli Stati Uniti in questa crisi, così come non ci sono dubbi sul fatto che il concetto di guerra umanitaria sia solo una ignobile bugia.” “Saremo fermamente al fianco della popolazione afgana contro il fallimento della politica della NATO e dell’intervento militare degli Stati Uniti lungo quattro decenni.”
Il VI Incontro Interparlamentare
Il 15 luglio 2021, si è svolto il VI Incontro Interparlamentare tra la Delegazione del PE per le relazioni con l’Afghanistan e rappresentanti del Parlamento afgano. Articolato in due panel, l’incontro ha affrontato due temi: ”Il processo di pace e l’Afghanistan dopo il ritiro delle truppe straniere” e “Il ruolo delle donne nel processo di pace e i futuri impegni con l’UE”.
Fra i documenti di background della riunione si trovano tre analisi del Crisis Group:“How the U.S. Withdrawal Decision Will Affect the Afghan Conflict”, “How Afghanistan Views the U.S. Troop Drawdown” e “There’s No Shortcut to Peace in Afghanistan” , un documento sull’”istruzione per tutti” del Georgetown Institute forWomen, Peace and Security e uno della Safeguarding Humanitarian Space Task Force: “Afghanistan Key Issues and Recommendations”. Da notare che si tratta di documenti elaborati da entità statunitensi o di matrice statunitense.
La Risoluzione del Parlamento Europeo del 10 giugno 2021
Due mesi prima del disfacimento dello stato afgano, il Parlamento Europeo aveva adottato una Risoluzione sulla situazione in Afghanistan, approvata, a larga maggioranza, con 610 voti a favore, 34 contrari e 39 astensioni. Nella votazione, il Gruppo della Sinistra-GUE/NGL si era diviso: la Copresidente Manon Aubry e l’olandese Anja Hazekamp hanno votato a favore mentre il resto del Gruppo si è ripartito tra contrari (18) e astenuti (20).
In precedenza, i vari Gruppi politici avevano presentato loro Proposte di Risoluzione. Il testo posto in votazione era una Proposta di Risoluzione Comune – risultato del compromesso tra i Gruppi della maggioranza parlamentare (PPE, S&D e Renew), i Verdi e la destra dell’ECR – che aveva fatto decadere la Proposta di Risoluzione presentata dal Gruppo della Sinistra-GUE/NGL. Quest’ultimo aveva, quindi, presentato sei emendamenti, tutti respinti dall’aula. Da notare che nessuno di questi emendamenti ha trovato il consenso unanime da parte degli stessi deputati del Gruppo; anzi su ben quattro di questi emendamenti c’è stato il voto contrario della Copresidente Manon Aubry e di tutti i membri francesi del Gruppo.
La Risoluzione esprime preoccupazione per la persistenza della violenza in Afghanistan, per l’instabilità del governo, la sua incapacità di controllo del territorio, i fenomeni di corruzione e impunità che lo coinvolgono, per l’incremento della coltivazione di papavero da oppio. Non si fa, però, cenno alcuno alle cause del perdurare di questa situazione e alle responsabilità di un intervento militare USA e NATO durato vent’anni. Anzi, si dà un giudizio acritico sui “risultati degli ultimi vent’anni” al cui “mantenimento e sviluppo” dovrebbe essere condizionato il sostegno europeo all’Afghanistan. In generale, la Raccomandazione è connotata da un afflato volontaristico che non sembra valutare pienamente il contesto politico e strategico: sollecita la ripresa dei colloqui di pace di Doha, auspica una ricostruzione del Paese “a guida e titolarità afgane”, dà buoni consigli al Governo afgano per valorizzare il ruolo del Parlamento. All’attivo della Risoluzione occorre annoverare: il riconoscimento del lavoro svolto dalle ONG a sostegno della società civile e la necessità della sua continuazione; la deplorazione del mancato coinvolgimento del Parlamento Europeo in occasione della Dichiarazione congiunta UE-Afghanistan in materia di migrazione (finalizzata principalmente a decuplicare – da 50 a 500 al mese – il numero dei rimpatri forzati dei migranti afgani che non ottengono lo status di rifugiati); la richiesta “al SEAE e alla Commissione di contribuire al finanziamento di una zona di sicurezza rafforzata onde assicurare una presenza diplomatica in seguito al ritiro delle truppe”.
Prima della votazione, durante la seduta dell’8 giugno 2021, si era svolto in plenaria un dibattito sulla situazione in Afghanistan, introdotto dall’intervento di Josep Borrell, Vicepresidente della Commissione Europea e Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. Alla luce degli avvenimenti di agosto è interessante citarne alcuni passaggi: “i Talebani sanno che gran parte della popolazione afgana non condivide le proprie convinzioni e che le divisioni etniche e religiose possono emergere in assenza di un accordo di pace negoziato.” “dobbiamo continuare a impegnarci e offrire nuove prospettive ai cittadini afgani quando – finalmente, ci auguriamo – si otterrà un accordo con i negoziati di Doha.” Tutto l’intervento di Borrell è stato caratterizzato, oltre che dalla preoccupazione per l’incertezza della situazione, da una enfatizzazione dei risultati raggiunti in questi vent’anni.
Una valutazione non condivisa da Elena Yoncheva, intervenuta a nome del Gruppo S&D: “Dopo 20 anni di intervento internazionale, nonostante molti miglioramenti, l’Afghanistan non può essere considerato una vera storia di successo.” ”Ora è il momento di ripensare alle nostre politiche. L’Unione Europea non può più limitarsi agli aiuti economici, ma deve agire come attore globale nella regione.” Mentre il PPE e Renew postulano la continuazione del ruolo dell’UE per la ricostruzione e per garantire il mantenimento dei risultati raggiunti, Mick Wallace, con uno sferzante intervento a nome della Sinistra, ha condannato il ruolo degli USA e della NATO: “Quello che la NATO ha fatto all’Afghanistan è un crimine contro l’umanità.” “La situazione delle donne in Afghanistan era migliore 40 anni fa, ma questo era prima che gli Stati Uniti e i sauditi armassero i mujaheddin.”
Le conclusioni di Borrell possono essere sintetizzate da questa sua frase: “Dobbiamo cercare di evitare che tutto il progresso sociale ottenuto dal popolo afghano vada perduto.”
Conferenza “Afghanistan 2020”
Il 3 dicembre 2020, una riunione congiunta delle Commissioni AFET e DEVE, in uno scambio di opinioni con la Commissione Europea e il SEAE, aveva esaminato i risultati della Conferenza dei Paesi donatori, “Afghanistan 2020: Peace, Prosperity and Self-reliance”, che si era tenuta a Ginevra il 23 e 24 novembre 2020.
Questi i documenti di background della riunione: il Programma della Conferenza, la Dichiarazione Finale della Conferenza, “Afghanistan Partnership Framework”, “Afghanistan National Peace and Development Framework (ANPDF II) 2021 to 2025” (Ministero Finanze Afghanistan), “Civil Society Delegation Statement for Afghanistan Conference 2020”, il Comunicato finale della Conferenza, il Comunicato stampa della Commissione Europea, la brochure del SEAE, “EU-Afghanistan relations”, l’intervento nella Conferenza dell’Alto Rappresentante, Josep Borrell.
L’Accordo di cooperazione UE-Afghanistan
Con una Risoluzione legislativa adottata il 13 marzo 2019, il Parlamento Europeo aveva dato la sua approvazione all’Accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo UE-Afghanistan. L’Accordo era stato firmato nel febbraio 2017 ed entrato in vigore in modo parziale e provvisorio il 1° dicembre 2017. Dopo l’approvazione del Parlamento l’Accordo doveva essere ratificato dagli Stati membri.
La Risoluzione era stata approvata con una larga maggioranza: 565 voti a favore, 53 contrari e 55 astensioni. La maggior parte del Gruppo GUE/NGL si era astenuta.
Aprendo il dibattito in aula, il 12 marzo 2019, la relatrice, la polacca Anna Fotyga, del Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), sostenendo i contenuti dell’Accordo e la sua approvazione, aveva deplorato che il Parlamento non fosse stato coinvolto nella fase di elaborazione dello stesso. Nell’intervento a nome del gruppo GUE/NGL, Sabine Lösing, aveva duramente criticato l’Accordo mettendone in evidenza l’impronta neoliberista: “Temo che l’Accordo che promuove gli investimenti diretti esteri, il settore privato e lo sfruttamento delle risorse naturali, non aiuterà questo paese martoriato a stare in piedi, ma soprattutto aumenterà i profitti delle aziende europee.” Aveva poi deplorato l’inclusione nell’Accordo della clausola sui rimpatri forzati: “Questa pratica disumana deve essere interrotta immediatamente”.
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