editoriali

Varie, ma non troppo

di Roberto
Musacchio

B come Baier, Walter, presidente del Partito della sinistra europea indicato come Spitzenkandidat, cioè come candidato di punta, alle prossime elezioni europee. La decisione è stata presa a Lubiana nel fine settimana, dove è stato presentato anche il programma approvato dal partito con una bella colomba della Pace come logo.

Partiamo da lui, Baier. è stato segretario del partito comunista austriaco, un partito storico che negli ultimi anni sta uscendo dal carattere residuale cui sembrava condannato. Elegge addirittura sindaci in città importanti come Salisburgo e Graz seconda città dell’Austria dopo Vienna e sono sindaci giudicati molto capaci. Cresce nei sondaggi nazionali. Si è aperto a giovani, ambientalisti, donne. Mantiene un suo rigore teorico. Baier è l’espressione bella. colto e non dogmatico di quella che è la tradizione Austro Marxista. Ha guidato per dieci anni transform! europe, la fondazione legata al partito e di cui transform! italia fa parte. Ha strutturato un dibattito socio politico formale con il Vaticano. Ora è chiamato a gestire una situazione che eufemisticamente potremmo definire complessa per la sinistra radicale. Nei vari Paesi, a livello europeo, nel Parlamento di Bruxelles. L’indicazione dello spitzenkandidat è una acquisizione recente ed anche ambigua. Da un lato serve a dare un profilo europeo alle elezioni altrimenti sommatoria di quelle nazionali. Dall’altro allude ad una scorciatoia presidenzialista giocando sull’essere anche candidatura alla presidenza della commissione europea. Usarla in termini politici e non presidenzialisti è una cosa possibile e utile. Serve anche a rimarcare il lavoro fatto in un ventennio dal partito della sinistra europea che si è guadagnato il diritto ad avere tale figura normato per legge come lo è l’ammissione alle elezioni europee senza firme da raccogliere dei partiti membri. Confermare un punto di riferimento aiuta rispetto ai rischi di diaspora. Naturalmente serviranno risposte e capacità politiche. Ma queste, sono certo, Baier le saprà dare. Buon lavoro a lui dunque.

 

M come Macron, il presidente francese in grande difficoltà in casa e con Le Pen favorita per la vittoria alle europee. Si è inventato la proposta di mandare soldati UE/NATO a combattere per l’Ucraina e contro la Russia. Proposta che scavalca la Germania che discute di invio all’Ucraina di armi aeree, con i liberali del governo semaforo tedesco che minacciano di votarla con le destre, e di arsenale nucleare chiesto addirittura dalla SPD. Che la UE ormai consideri la guerra come la propria “occasione” è evidente. Il riarmo è la scelta strategica. Dalla Gran Bretagna, che ha lasciato i 27, chiedono tramite autorevoli giornali se l’Europa è pronta a combattere. Come e per che cosa però non è univoco e i giochi tra le capitali UE e Washington, tutti sotto elezione, sono doppi, tripli, multipli come in un libro di Le Carrè. Ragione fondamentale perché la Pace sia il centro della campagna elettorale.

 

P come Pisa, dove ragazzinə che manifestavano per la Palestina, contro il genocidio e per la Pace sono stati brutalmente manganellati. Cosa non nuova, purtroppo. La novità però è che un’intera città stavolta si è sollevata a loro difesa riempiendo piazza e cuori. Bellissime le parole scritte da una madre. Chi ha preso le botte (in questo caso un merito da rivendicare) stavolta non è rimasto solo e certo conta la presenza in quella città di una sinistra alternativa né residuale né subalterna. E la Storia democratica di Pisa e della Toscana. Lo stesso Presidente della Repubblica ha stavolta sentito il dovere di prendere parola. Piantedosi è sembrato condividere il suo messaggio. Meloni invece ha reagito con cipiglio d’ordine. Per me “i fatti di Pisa” sono l’evento più pregno di elementi da riflettere ed agire. Ci ricorda i nessi tra radicalità e unità, tra conflitto e politica; che radicalità e conflitto devono guardare al risultato e non all’affermazione identitaria; che la lettura articolata e puntuale del potere non è tempo perso ma fondamentale per “i rivoluzionari”. Insomma Meloni non è la stessa cosa di Berlusconi e Salvini perché ha una “storia” più “pesante”. Certo troppo si è gridato ogni volta al lupo, per coprire le proprie responsabilità, per prestare oggi la dovuta attenzione. E il rapporto tra neo atlantismo e le destre “neo-vecchio-novecentesche” è complesso da leggere ed affrontare. Ma si deve.

 

S, come Sardegna dove ha vinto Todde e ne sono contento. Le letture dei dati che vedo però sono molto imprecise. Dal 2004 c’è una perfetta alternanza quinquennale tra centrosinistra e centrodestra. Comincia Soru nel 2004 ed è un ottimo presidente. Cosa che non impedisce che il centrodestra vinca nel 2009. Nel 2014 vince il centrosinistra (con il Prc) e la bella candidatura di Michela Murgia che si presenta in alternativa ad entrambi i poli resta fuori dal consiglio regionale per una assurda legge elettorale che sbarra al 10% le liste mentre lei lo ottiene. Poi vince nel 2019 il centrodestra con i Cinquestelle da soli che superano lo sbarramento. Oggi vince di nuovo il centrosinistra e resta fuori Soru che magari con l’8,6% un ruolo democratico in consiglio lo poteva svolgere. Poi c’è il 50% che da tempo non vota. Ora è vero che c’è il maggioritario e conta vincere soprattutto oggi con Meloni che, come ho detto per me, è diversa anche da Berlusconi e Salvini anche se per molti, su versanti anche opposti, è sempre la stessa cosa. Ma, pur ridotti un po’ a tifosi, è bene ricordare che ci sono le partite ma poi c’è il campionato che è in realtà la vita delle persone. Comunque, auguri a Todde.

P.s. Non dò giudizi su come si sono comportati “i miei amici sardi” perché sono rispettoso e mi sono anche rotto le scatole di chi dà lezioni in un Paese in cui andiamo sempre peggio da trent’anni.

 

V, come vittoria. Che cosa è vincere oggi? Alla recente bellissima mostra dedicata ad Enrico Berlinguer c’è un doppio gigantesco pannello dove sono segnate le conquiste realizzate con Berlinguer (e il PCI) vivi. Salari, pensioni, diritti sociali e civili. Praticamente se ne potrebbero ormai fare altri con le sconfitte di questo trentennio. Magari anche in concomitanza a “vittorie elettorali”. Ecco, penso che oggi dobbiamo darci l’impegno a vincere la madre di tutte le battaglie, quella contro la guerra, per la Pace. E qui, società, politica, elezioni, Italia ed Europa devono intrecciarsi.

 

Roberto Musacchio

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