I primi giorni di febbraio mia madre è venuta a trovarci a Roma per stare con noi un mesetto, Giulia avrebbe dato la tesi il 6 marzo e quindi decidiamo di prevedere il rientro per l’8 marzo, avrebbero così viaggiato insieme verso Milano.
Mia madre, insieme alla documentazione medica, compreso un piano terapeutico porta con sé i farmaci che prende abitualmente.
Con l’allarme sanitario determinato dal Corona virus e che riguarderà in particolare la Lombardia, convinciamo mia madre a non tornare a casa, lei abita a Nova Milanese un comune nell’hinterland. Milanese.
I giorni passano e siamo a quasi due mesi di permanenza di mia madre da noi a Roma, succede quindi che la pur più che prudente scorta di farmaci si esaurisca e che si debba, quindi, prenderne altri.
Chiamo il medico di mia madre che comprende benissimo la situazione e apprezza, positivamente, che non la si sia fatta ripartire. Mi prescrive i farmaci necessari, mi rassicura sulla possibilità di poterli prendere anche fuori regione e mi invia per mail la ricetta.
Vado con le ricette in farmacia, e porto, per prudenza, anche il piano terapeutico per un farmaco importante prescritto dall’ospedale di Milano.
La farmacista oppone subito che fuori regione non si possano “spedire” le ricette, le sottolineo che siamo in un regime sanitario particolare, che mia madre non è potuta partire anche in ragione delle prescrizioni generali: non viaggiare e stare a casa, di verificare se proprio non fosse possibile ed eventualmente cosa avrei dovuto fare.
A quel punto la farmacista fa una breve telefonata per chiedere notizie circa i piani terapeutici fuori regione. Subito dopo mi dice che le hanno detto che si informano e di ripassare l’indomani mattina.
Sono ripassata e la risposta è stata che non hanno ricevuto nessuna indicazione. Io insisto e chiedo cosa si possa fare, visto il piano terapeutico, la tipologia di farmaci ecc… Risposta: “Non so che dirle ripassi eventualmente nei prossimi giorni vediamo se nel frattempo ci dicono qualcosa”. A nulla servono le mie repliche, circa il piano terapeutico che PRESCRIVE l’assunzione del farmaco ogni giorno oltre che la specificità del farmaco utile ad evitare ictus e trombi, mia madre è reduce da ischemia quindi è del tutto evidente la necessità. Mi rendo conto però che è come parlare al muro.
Decido a quel punto di andare in un’altra farmacia. Qui trovo tutt’altra accoglienza, esce subito il medico farmacista, mi dice che è arrivata una circolare regionale, la legge per cercare le indicazioni, e mi dice che si può fare.
Ha però difficoltà a far passare, nel sistema, la ricetta perché il sistema non riconosce il codice fiscale di mia madre, questo perché è fuori regione. Il dottore, a quel punto chiama prima la loro associazione, ma non risponde nessuno e a quel punto chiama direttamente la regione.
Invia foto del piano terapeutico di mia madre e nel pomeriggio sono andata a ritirare le due scatole di farmaco.
Ho scritto questo “romanzetto” per mettere in evidenza certo le le differenze tra una farmacia ed un’altra tra un medico ed un altro, ed anche una mia nota caratteriale, ovvero,che non mi do per vinta facilmente, tuttavia quel che più mi preme sottolineare è che la sanitá regionalizzata crea situazioni paradossali, dove più che la necessità di salvaguardare la salute, vale la ragion di cassa delle specifiche regioni.
È un piccolo esempio, dell’urgenza di tornare al Servizio Sanitario Nazionale, di come si sia burocratizzato il sistema e reso il diritto alla salute diseguale tra regione e regione.
Rosa Rinaldi
1 Commento. Nuovo commento
Brava,Rosa,hai fatto bene,ma è uno scandalo!
Imma