“Bisogna ricordare che anche il Medicare fu etichettato radicale. Fu chiamato socialismo. … le stesse aziende, la American Medical Association furono contrarie. Da notare anche che queste battaglie furono combattute e alla fine vinte”. Così Ash Kalra, membro dell’Assemblea della California, mentre canta le lodi della bozza di legge A.B. 1400 (CalCare) che offrirebbe sanità a tutti i californiani. Cambierebbe il concetto di sanità come privilegio convertendolo a un diritto umano.
Il disegno di legge è stato approvato dalla Commissione alla Sanità dell’Assemblea, la Camera Bassa statale, dove dovrebbe essere sottoposta al voto fra breve. Dovrebbe poi essere approvato dal Senato statale con due terzi dei consensi e alla fine dovrebbe anche essere sottoposto al voto dei cittadini californiani per ratificazione poiché consisterebbe di un emendamento alla costituzione statale.
Il piano CalCare coprirebbe tutti i californiani e richiederebbe 163 miliardi di dollari in nuove tasse anche se secondo il Labor Center dell’Università della California la cifra reale raggiungerebbe 222 miliardi. I programmi di sanità già esistenti verrebbero incorporati e fondi dal governo federale verrebbero reindirizzati a CalCare. Uno dei problemi attuali per quelli che hanno assicurazione medica in California e difatti in tutta l’America sono i ticket e i “deductible” (franchigia) che spesso diventano seri ostacoli per utilizzare il servizio sanitario. Questi non esisterebbero con CalCare eliminando questi “trucchetti” delle aziende per scoraggiare l’uso dei servizi medici. I sostenitori di CalCare sostengono anche che a lungo andare i costi scenderebbero con la prevenzione, mediante questa copertura sanitaria universale. Inoltre CalCare avrebbe il potere di negoziare i prezzi delle medicine che al momento non esiste. Queste negoziazioni avverrebbero anche con gli ospedali e medici. Considerando i 39 milioni di residenti in California il potere negoziale di un gruppo che rappresenta questi individui sarebbe notevole. Il piano non escluderebbe nessuno nemmeno quegli individui senza permesso di residenza legale in America.
Per coprire i costi le tasse verrebbero aumentate agli individui con redditi superiori a 149mila dollari annui e quelli con reddito di 2,5 milioni di dollari annui pagherebbero il 2,5 percento in più. Anche le aziende vedrebbero le loro tasse aumentate ma non dovrebbero più fornire assicurazione medica ai loro dipendenti. Le aziende con fatturato di 2 milioni di dollari o più dovrebbero contribuire il 2,3 percento. Quelle con più di 50 dipendenti un addizionale 1,25 percento del totale dei salari dei dipendenti. Soltanto i più poveri non dovrebbero contribuire alla sanità. Si tratta dunque di una raccolta di fondi progressista. Considerando anche la disuguaglianza fra ricchi e poveri che è aumentata notevolmente persino durante la pandemia CalCare bilancerebbe, anche se di poco, queste diseguaglianze.
Le opposizioni al nuovo disegno di legge si sono già fatte sentire. La Camera di Commercio della California è contraria perché CalCare causerebbe il più grande aumento fiscale nella storia dello Stato. La California Medical Association, come fece la American Medical Association con il Medicare nel 1965, è contraria a CalCare come pure la California Hospital Association, sostenendo che eliminerebbe la scelta ai pazienti. Altri sono caduti nei soliti cliché che consegnare la sanità al governo produce gli stessi risultati del Canada e altri Paesi occidentali con lunghe code per servizi medici. Paradossalmente, questo ragionamento non s’accorge che i cittadini dove esistono sistemi che garantiscono sanità a tutti non si ribellano per esigere un sistema privato come quello americano. Inoltre, come hanno fatto notare studi internazionali, questi sistemi che coprono tutti costano di meno. In parte ciò si spiega con l’eliminazione dei profitti per le aziende di assicurazioni e i salari esorbitanti dei loro amministratori delegati. Eliminerebbe anche le preziose ore di lavoro del personale sanitario che adesso deve affrontare la miriade di regole delle diverse aziende di assicurazione. I medici, infermieri e altri operatori sanitari potrebbero dunque concentrare totalmente i loro sforzi a curare i pazienti.
La strada per CalCare non è però in discesa. Difatti, parecchi Stati americani che hanno cercato di mettere in pratica un sistema di sanità simile lo hanno abbandonato, preoccupati dai costi. La California ci aveva provato nel 1994 con un referendum che però non fu approvato. Un altro tentativo approvato dal Senato del Golden State nel 2017 non fu preso in considerazione dall’Assemblea. Al livello nazionale non ci sono possibilità poiché Joe Biden nella sua campagna elettorale si era opposto al Medicare for All sostenuto dai senatori Bernie Sanders (Vermont) e Elizabeth Warren (Massachusetts). Questa volta però alcune cose sono cambiate al livello statale. La California Nurses Association (l’associazione californiana degli infermieri) lo ha abbracciato e lo sta promuovendo. Il governatore Gavin Newsom non sarebbe contrario come suggerisce la sua asserzione ironica che la sanità universale in California esiste poiché quando la gente senza assicurazione si ammala va a finire nei “pronto soccorso” che costano ai contribuenti “un sacco di soldi”.
In America ci sono 28 milioni di residenti senza assicurazione medica (8, 6 %), 3 milioni dei quali in California (7%). È triste che in un Paese così ricco come gli Stati Uniti non si possa offrire copertura sanitaria a tutti gli americani per lo strapotere del Partito Repubblicano che difende a spada tratta il sistema privato assicurativo. In California però i democratici controllano non solo l’esecutivo ma anche ambedue le Camere. Da aggiungere che il Golden State non è solo lo Stato più ricco in America ma se fosse una nazione indipendente sarebbe la quinta potenza economica con un Pil di 3000 miliardi subito dopo la Germania e avanti della Gran Bretagna. Se nazioni come Svezia, Olanda, Canada, Francia e tanti altri possono permettersi il “lusso” di offrire sanità a tutti i loro cittadini, perché dunque la California non potrebbe fare lo stesso?
=============
Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.