Riprendiamo da fuoriluogo.it l’articolo di Giulia Melani e Katia Poneti sui pronunciamenti della Corte costituzionale italiana e della Corte europea per i diritti umani (CEDU) in materia di Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), strutture residenziali attivate ai sensi della legge 81/2014 per l’accoglienza di persone affette da disturbo mentale, alle quali viene applicata dalla magistratura la misura di sicurezza del ricovero perché riconosciute colpevoli di fatti che costituiscono reato, “quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale”. Le REMS hanno una gestione di “esclusiva competenza sanitaria” (e infatti dipendono dalle ASL e non dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ed “esplicano funzioni terapeutico-riabilitative e socio riabilitative”.
Dal 2017 non abbiamo più gli OPG, sostituiti, grazie ai decreti che si sono susseguiti in materia, da un complesso di misure e istituzioni di cui le REMS rappresentano (o dovrebbero rappresentare) soltanto l’estrema soluzione per le situazioni in cui le misure non detentive non si dimostrino adeguate.
Oggi in molti sostengono che le REMS siano poche, i posti insufficienti e le liste d’attesa troppo lunghe, ma raramente ricordano che il numero di misure di sicurezza provvisorie è sproporzionato e il principio di extrema ratio spesso eluso.
Il problema delle persone detenute in carcere senza titolo perché prosciolte (35 al 25 ottobre 2021, dati DAP) o in libertà in attesa di un posto in REMS è stato oggetto, pochi giorni fa, di due importanti sentenze: la n. 22/2022 della Corte costituzionale e la sentenza Sy contro Italia del 24 gennaio 2022 della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità sollevate dal GIP di Tivoli e relative alle norme che hanno previsto il definitivo superamento degli OPG (art 3-ter del D.L. 211/2011, come convertito in legge 9/2012) ma ha riconosciuto l’esistenza di un problema relativo alle liste d’attesa e chiesto al Parlamento di intervenire per modificare alcuni aspetti del sistema delle REMS.
La Corte europea dei diritti dell’uomo, chiamata a giudicare il caso di una persona detenuta per oltre due anni in carcere, in attesa dell’esecuzione del ricovero in REMS, ha condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti (art. 3 della Convenzione), detenzione senza titolo (art. 5 della Convenzione), violazione del diritto a un equo processo (art. 6 della Convenzione), mancanza di un rimedio effettivo (art. 13 combinato con articoli 3 e 5 della Convenzione), ma non ha ritenuto, in questa fase, di dover indicare allo Stato misure generali da adottare.
Entrambe le sentenze evidenziano l’esistenza del problema delle liste d’attesa, che nel secondo caso avrebbe causato la lesione dei diritti di una persona illegittimamente detenuta in un carcere in cui si è realizzato un “abbandono terapeutico”.
Dunque, “per andare dove dobbiamo andare”, ovvero per superare il problema delle liste d’attesa e tutelare i diritti delle persone che si trovino illegittimamente detenute in attesa della liberazione di un posto in REMS, “per dove dobbiamo andare?”
Entrambe le Corti lasciano aperte varie strade. La Corte costituzionale suggerisce “la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni” ma anche un “altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio”. La Corte EDU, anche se indugia sulle condizioni di legittimità dell’internamento della persona «alienata» e omette di ricostruire la normativa nazionale che non consente di privare una persona con disabilità psicosociale della libertà in quanto «pericolosa a sé o agli altri», sceglie – come anticipato – di non dare indicazioni generali, perché la scelta spetta allo Stato.
L’auspicio è quello che non si scelga la strada – su cui alcuni sembrano convinti a incamminarsi– dell’aumento dei posti in REMS, che rischierebbe di condurci alla realizzazione di un OPG diffuso. Ma che “per andare dove dobbiamo andare” si opti per proseguire nel percorso di affermazione e riconoscimento della soggettività delle persone con disabilità psicosociale, avviato dalla legge Basaglia, che si proceda al superamento del doppio binario previsto dal codice Rocco “riconoscendo il diritto al giudizio” e si operi per garantire che sia tutelata la salute mentale (e non solo garantita l’assistenza psichiatrica) anche nei luoghi di detenzione.
La proposta di legge c’è: è la n. 2939 depositata l’11 marzo 2021 alla Camera dei Deputati da Riccardo Magi. Dobbiamo solo scegliere qual è la nostra via.