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Un appello che rispetto ma non condivido e non firmo

di Roberto
Musacchio

Quando sono persone che stimi molto, anche amici, a proporre un appello è normale che leggi con attenzione e ci pensi su.

Devo però dire che l’appello per riunire “quelli contro le destre” alle regionali del Lazio non riesce ad apparirmi come la soluzione dei problemi.

Per altro non mi convincono diversi passaggi come quelli che parlano di divisioni che sarebbero determinate da personalismi ed anche cinismo.

Questo in particolare mi colpisce anche personalmente perché io non voto da tempo quelli contro le destre ma cerco nella scheda, e nell’agire politico che ancora mi consento, qualcosa che sia contro le destre ma alternativo al centrosinistra liberista. Bisogno che sento ancora più impellente in un momento in cui, con la condivisione della guerra, il bipolarismo maggioritario si è fatto unipolarismo bellico.

Sono personalista e cinico?

Francamente non mi sento così. Piuttosto direi due cose. Dopo aver provato per un intero ventennio a provare a cambiare il centrosinistra ho maturato l’idea che questa postura generosa ha solo accompagnato il centrosinistra sempre più verso il liberismo e addirittura la guerra. Per altro non frenando in alcun modo la crescita delle destre fino all’attuale governo Meloni che appare precisamente il compimento di un percorso. Nel ventennio che va da Maastricht alla caduta del Prodi due per altro questa postura è stata esercitata anche dal governo, centrale e da molti locali. Francamente il bilancio anche delle cosiddette politiche locali non è certo lusinghiero, dall’urbanistica, ai servizi, all’ambiente, all’accoglienza. Con pochissime eccezioni, diciamo soprattutto la Napoli di De Magistris, si è diventati sostanzialmente anche da radicali, dei mediatori di liberismo. Il processo si è ulteriormente accentuato dopo la sconfitta di Rifondazione e senza più l’alibi dei guastatori da sinistra. L’accondiscendenza verso il centrosinistra come soggetto obbligato e verso il maggioritario come regola del gioco intoccabile non ha favorito più dibattito, partecipazione e innovazioni di sinistra. È accaduto l’esatto contrario, con una deriva sempre più incontrastata. Né ha frenato le destre, anzi. Per giunta la crisi del centrosinistra è maturata sul terreno ambiguo della crescita dirompente dei cinque stelle, forza risultante da molte spinte e pulsioni, da anti élites a qualunquiste a antisistema.

Il susseguirsi delle crisi, economica, sanitaria, bellica ha costruito il terreno non di una alternativa, che il PD non voleva e i Cinque stelle non sapevano fare, ma piuttosto del definitivo sdoganamento delle destre ormai pienamente, almeno Fratelli d’Italia, arruolate nell’Atlantismo e, tutte, nel liberismo. In più con la capacità di una proposta di presidenzialismo neo statuale a sostegno e copertura della globalizzazione e delle sue crisi ormai permanenti. Un soggetto ormai più dinamico, in Italia e in Europa, nella gestione della lotta di classe rovesciata.

Più che personalismi e cinismo, io vedo dei veri macigni politici. In primis la guerra. Ma poi il liberismo, l’autonomia differenziata, le privatizzazioni, nel Lazio anche l’inceneritore.

Ma, dice l’appello e dicono in tanti, si può lasciare che vincano le destre? Detta così la risposta è o alla Catalano, meglio vincere che perdere, o, se ragioniamo su cosa significa vincere, messa così non ha alcun valore concreto. Basti pensare per quanto tempo e in quanti luoghi il centrosinistra ha “vinto” le elezioni e ha governato e quali sono stati i “risultati”, pessimi, per cambiare il senso della domanda e porre quella reale e cioè come si fa a sconfiggere le destre, tutte, e le politiche di destra fatte da quasi tutti per un trentennio.

Oggi i nemici da battere sono l’unipolarismo bellico e liberista articolato nel bipolarismo maggioritario che da tempo, e ora celermente, volge al presidenzialismo. La novità, parziale e contraddittoria, è il disarticolarsi del centrosinistra. È una tragedia o una opportunità? La risposta non è un a priori ma verrà da ciò che accadrà nelle dinamiche sociali e politiche. Ad esempio i Cinque stelle stanno cercando di trovare una soluzione alle loro contraddizioni guardando con grandissima ambiguità ad una identità di sinistra auspicare che si riconsegnino invece ad un rapporto col PD liberista non mi pare una proposta vincente. Anche perché il PD ha mostrato la sua ontologica impossibilità ad essere altro dal soggetto a disposizione della governance per altro ormai spodestato dalle destre in questa funzione.  Il problema purtroppo è che i Cinque stelle non sembrano in grado di essere con convinzione e determinazione il soggetto dell’antiliberismo. Per questo qualcosa che potrebbe essere importante potrebbe dipendere anche da ciò che si costruirà a sinistra. Una sinistra che ritrova una sua identità e una sua capacità di azione strategicamente autonome, e che non si divide nel rincorrere o il PD o i Cinque stelle, sarebbe una buona cosa, forse la cosa più utile anche sul terreno della rappresentanza elettorale e istituzionale.

Roberto Musacchio

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