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L’UE autorizza la censura

Ovvero: l’informazione vittima bipartisan della guerra.

In Russia, a distanza di sedici anni dall’assassinio di Anna Politkovskaya, «due notizie che giungono dalla Russia danno la misura di come la mannaia … si stia abbattendo in maniera sempre più decisa sulla libera informazione. È stata definitivamente chiusa anche l’edizione periodica di Novaya Gazeta, voluta dal premio Nobel Dimitry Muratov e dalla sua redazione dopo la chiusura del quotidiano. Ed è stato condannato a 22 anni di colonia penale di massima sicurezza il cronista Ivan Safronov, accusato di alto tradimento in un processo a porte chiuse», scrive Anna Del Freo della Federazione europea dei giornalisti (Efj) su Articolo 21.org. (per approfondimenti cfr. “Anna Politkovskaya” in labottegadelbarbieri.org

L’Unione Europea anch’essa limita la libertà di informazione come descritto di seguito nell’articolo di Pablo Romero da https://www.publico.es/ intitolato “L’UE autorizza i giganti di internet a censurare le informazioni in crisi come la guerra in ucraina” e che è stato tradotto nella pagina di facebook di Paolo Ferrero da cui lo abbiamo ripreso. (qui l’indirizzo per gli abbonati a fb) –

L’UE ha impedito alle informazioni dei media statali russi di raggiungere i cittadini europei. Si tratta di una misura eccezionale che lede il diritto fondamentale alla libertà di espressione, ma per l’UE non sembra richiedere alcun controllo giurisdizionale.
Il regolamento europeo sui servizi digitali (DSA, per il suo acronimo in inglese) ha completato la sua elaborazione con una formulazione molto più moderata rispetto al testo iniziale, seppur con una ‘sorpresa’: l’introduzione di un articolo (27 bis), che descrive un ” protocollo di crisi” con cui la Commissione Europea -il Community Executive- può richiedere a uno o più grandi fornitori di servizi Internet in caso di grave crisi di applicare immediatamente misure “specifiche, efficaci e proporzionate” per prevenire, eliminare o limitare qualsiasi contributo – ovvero, contenuto – a “gravi minacce”.
Si tratta di un provvedimento eccezionale che lede il diritto fondamentale alla libertà di espressione, ma per la cui applicazione, secondo questa nuova norma, non sembra necessario istituire alcun controllo giurisdizionale.
La risoluzione è stata introdotta a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e della “manipolazione delle informazioni online”, come afferma apertamente la stessa Commissione nella sua nota informativa. E l’idea è quella di stabilire un sistema veloce di blocco delle informazioni — di “moderazione” — in casi “eccezionali” o come risposta a una crisi.
Affinché l’Esecutivo comunitario possa adottare tali misure, deve sussistere una grave crisi con “circostanze straordinarie che danno luogo a una grave minaccia per la sicurezza o la salute pubblica nell’Unione o in parti significative di essa”: casi come “conflitti armati o atti di terrorismo, conflitti emergenti, disastri naturali come terremoti e uragani, nonché pandemie e altre gravi minacce transfrontaliere per la salute pubblica.
Si ricorda che il Regolamento già approvato, in quanto tale, sarà direttamente applicabile su tutto il territorio comunitario al momento della sua entrata in vigore e senza che sia necessario il suo recepimento in ciascun Paese.
E la separazione dei poteri?
Questo provvedimento, già discusso lo scorso aprile ma ora fissato nel testo del Regolamento, dà copertura giuridica a decisioni dubbie come quella annunciata a febbraio dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dall’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per bloccare la trasmissione dei media pubblici russi Russia Today (RT) e Sputnik, considerata “la macchina mediatica del Cremlino”, e delle sue filiali. Quella decisione senza precedenti è stata supportata da un decreto di emergenza europeo pubblicato il 1 marzo, giorni dopo il suo annuncio.
Diversi gruppi europei hanno avvertito nell’aprile di quest’anno che “il meccanismo proposto è un’autorizzazione troppo ampia della Commissione europea a dichiarare unilateralmente lo stato di emergenza in tutta l’UE”, dato che “le decisioni che riguardano la libertà di espressione e di accesso all’informazione, in particolare in tempi di crisi, non possono essere presi legittimamente attraverso il solo potere esecutivo.

 

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