A pochi mesi dal suo addio ad un cancellierato durato 15 anni, Merkel viene improvvisamente giudicata molto duramente su Der Spiegel, importante organo di stampa tedesco.
“Il fallimento della Cancelliera Merkel nella pandemia da Coronavirus” è il titolo dell’articolo di Markus Feldenkirchen pubblicato l’08.02.2021. Significativo l’incipit. “Il compassato stile da leadership della Cancelliera Angela Merkel è stato elogiato per anni. Ma nella pandemia, si è rivelato problematico. La sua mancanza d’ambizione e di creatività ha avuto conseguenze disastrose per il paese.”
A seguire, la ricostruzione delle mancanze intervenute soprattutto nelle seconda fase quando si sarebbe trattato di avere una strategia che accompagnasse le chiusure. Una riflessione molto critica un po’ su tutto. Infine anche sulla vicenda dei vaccini lasciata gestire alla UE con problemi evidenti che chiamano in causa la Cancelliera visto il fatto che la Germania era anche presidente di turno della Unione durante le “trattative” con le multinazionali.
Dalla pandemia il giudizio su Merkel si allarga con l’accusa di una mancanza di visione. Che finisce con oscurare i meriti che le si sono riconosciuti nelle gestioni delle crisi. Ma, stavolta, la pandemia va oltre il suo saper navigare.
Questa incertezza di leadership pervade la Germania a pochi mesi dal voto, con la Cdu che ha nominato un erede, Armin Laschet, teoricamente continuista, a dirigere il partito. Ma che non si sa se sarà accettato anche e da chi come erede alla Cancelleria, viste le aspirazioni, e le diverse visioni, della CSU bavarese e dei Verdi, che entrambi aspirano al ruolo.
Ma se questa è la situazione in Germania non è che stia meglio il resto della truppa.
La UE nella lotta alla pandemia sta mostrando tutti i suoi problemi strutturali e sta in una crisi molto grave.
La vicenda vaccini è l’ultima conferma. È abbondantemente superata da Gran Bretagna e USA (ma anche da altri) e la sua strategia di affidamento alle multinazionali fa acqua da tutte le parti. Contratti secretati. Ritardi nelle consegne. Aggiramenti nei “mercati”.
Già prima la difesa comunitaria dalla penetrazione del virus nonostante i lockdown e la contestazione del negazionismo è stata frammentaria, scoordinata e contraddittoria.
Anche gli “aiuti” sono abbondantemente al di sotto di quelli di altri Paesi, USA e GB in testa.
Gli unici a investire cifre paragonabili sono i tedeschi grazie alle aggiunte nazionali.
Si può immaginare che Merkel pensi che, come dopo la crisi del 2008, la Germania fu l’unico Paese a recuperare ed anzi ad accrescere il proprio spazio economico.
Ma, come al solito per Merkel (abbiamo visto che si comincia a pensarlo anche in Germania), abile gestrice dello status quo ma refrattaria a visioni strategiche, e che per giunta è in uscita, questo non significa rafforzare la prospettiva europea tanto meno nel quadro che va definendosi con la pandemia che è più duro del dopo 2008.
La Gran Bretagna del post brexit invece che annaspare e nonostante l’iniziale darwinismo di Johnson, ora primeggia nei vaccini come la sterlina primeggia in borsa.
Biden oltre ad usare le leggi patriottiche di guerra per la vaccinazione di massa decide anche che le istituzioni pubbliche USA fanno acquisti made in USA.
La UE oscilla tra accordi commerciali con la Cina, riflessioni sul multilateralismo, aperture a vaccini e gasdotti russi e richiami all’atlantismo che a volte sono vere strattonate.
La crisi morde.
Non a caso Draghi “si porta avanti” e imbarca le destre populiste. Si “copre le spalle” con chi gli può garantire le truppe in cambio di una trattativa sulla distruzione creatrice. Una “soluzione” sciagurata, neo-giolittiana, per l’Italia e l’Europa.
La pandemia richiederebbe una UE capace di avere una visione.
La prima quella di produrre in proprio e pubblicamente tutti i vaccini necessari per sé e anche per quel Sud del Mondo cui guardava Brandt quando scriveva il Rapporto Nord-Sud.
Questa UE non c’è e solo le forze che si battono per sottrarre a Big Pharma il potere la possono cominciare a costruire.