articoli

Trump, la UE e la Grecia

di Lefteris
Stoukogeorgos

I cambiamenti radicali di Trump, il blitzkrieg politico ed economico, a livello nazionale e globale, cambiano la mappa del mondo, in un contesto di trasformazione geopolitica e capitalistica.
L’alleanza politica tra il capitale finanziario di Wall Street e il capitale tecnologico della Silicon Valley sotto la guida di Trump e la “deregulation” oligarchica di Trump è pianificata e ben ponderata, attraverso il Progetto 25. I Democratici e l’élite politica europea sperano che i quattro anni di Trump passino: ma le cose non torneranno al vecchio status quo. In un mondo dominato da governi autoritari, il protezionismo deteriorerà ulteriormente e drasticamente la democrazia e l’economia per i due terzi della società, ma intensificherà anche i rischi geopolitici.
Trump ritiene che il rischio per gli USA sia l’enorme e crescente debito e i deficit gemelli (fiscale e commerciale), e la graduale deindustrializzazione degli USA e la sua quasi completa conversione (oltre l’80%) in un’economia di servizi con effetti negativi sulla produzione, come settore della difesa. Per invertire la tendenza, la spesa pubblica deve essere drasticamente ridotta (il ruolo di Musk), la quota dell’economia privata deve essere ulteriormente aumentata, le entrate devono aumentare (ma attraverso tariffe e non tasse, in modo da stimolare la produzione locale) e il peso del debito deve essere ridotto.
L’UE è stata colta di sorpresa dai dazi, dalla guerra commerciale e dall’approccio “alleato” di Trump, che però erano già stati annunciati da tempo. L’ obiettivo di Trump (ma anche di Putin) per l’ Europa coincide con il piano dell’estrema destra europea per una confederazione flessibile dell’UE. D’altro canto, dell’Internazionale nera di Musk e Bannon è pienamente operativa, e i suoi principali amici europei sono Meloni, Orban, Farage, Vox e AfD. L’Alt.Right del 2016, adesso è molto più potente politicamente, con il supporto del finanziamento dai miliardari dell’estrema destra. Però, il punto strategico per gli Usa, ormai, non è l’Europa, ma l’Indo-Pacifico.
In questa congiuntura, il piano von der Leyen di 800 mld (150 debito comune e 650 dai singoli stati), il nuovo antidemocratico ‘Security College” e le dichiarazioni di Macron e Mertz sulla necessità di una economia di guerra perché il nemico si trova alle porte sono poco convincenti. L’ unico nemico vero dell’Europa è il modello neoliberista che distrugge i 2/3 della società europea.  Il piano von der Leyen favorirà il settore bellico e diminuirà lo stato sociale che già soffre a causa del neoliberismo. Si tratta di un piano antidemocratico che crea nuove disuguaglianze. Come scrive Isabella Weber: “Se lo stato di guerra sostituisce lo stato sociale, ciò alimenterebbe ulteriormente l’estrema destra. Se un maggior numero di paesi cadessero nelle mani di nazionalisti di estrema destra si indebolirebbe l’esistenza della stessa Europa”.
Ma non esiste neanche autonomia di pianificazione/progettazione industriale nell’UE. L’atlantismo ha annullato ogni forma di sovranità difensiva dell’Europa. Il Pentagono mantiene il controllo operativo dei sistemi d’arma avanzati dispiegati presso le forze alleate e mantiene il controllo unilaterale sull’uso e l’aggiornamento dei software e sulla manutenzione delle armi con capacità di deterrenza. La mancanza di materie prime strategiche aggrava la situazione.
Il piano bellico europeo significa che gran parte dei sistemi militari si importeranno dagli USA di Trump e saranno gli stessi europei a dover finanziare l’ investimento. Questo sarebbe il nuovo Patto con Trump. Ma per convincere gli europei, si crea il nemico di turno mediante la propaganda della paura.
Cui prodest? Multinazionali che producono armamenti in Europa, l’industria pesante che si convertirà in bellica, il capitale bancario e finanziario e le grandi corporation (USA) sono i maggiori beneficiari. Il capitalismo europeo crede che l’economia di guerra  possa stimolare l’economia  ad uscire dalla stagnazione ma il contesto protezionistico internazionale non è favorevole. L’Europa è molto indebolita nella divisione internazionale del lavoro e continuerà la tendenza negativa. Lo sviluppo del warfare europeo mediante lo smantellamento del welfare conduce alla società del 1/3.
In questo campo, nessuna superpotenza fornirà all’UE la tecnologia di sesta generazione, a meno che non la sviluppi da sé. L’UE non può esercitare alcun controllo serio sulle nuove tecnologie importate, perché non conosce l’architettura dei loro sistemi, sempre che non li sviluppi da sé. Ma questo presuppone investimenti pubblici, un cambiamento radicale del modello produttivo europeo in senso democratico e una politica di riduzione delle disuguaglianze. 

E la Grecia…

La Grecia si trova in una stagnazione economica con il reddito pro capite più basso nella UE (insieme con Bulgaria) e con il carovita, l’housing e la giustizia in una crisi senza precedenti. Il governo Mitsotakis è il più neoliberista in Europa, e nel momento in cui il neobelirismo è attualmente in fase di revisione in molti paesi.
Nel 2025 si prevede che il tasso di crescita del PIL sarà del 2,3%. Secondo le previsioni dell’UE, sarà ancora una volta la domanda interna a contribuire alla crescita mentre le esportazioni nette contribuiranno, ancora una volta, negativamente alla crescita per lo 0,4%. La competitività internazionale dell’economia greca nel 2024 è leggermente peggiorata in termini di prezzi relativi, ma è migliorata in termini di costi del lavoro, a causa dei salari bassi dei lavoratori greci rispetto a quelli dell’UE e non dell’aumento della produttività. La Grecia ha il rapporto debito pubblico/PIL più elevato dell’UE (stimato al 154% alla fine del 2024). Per il 2025 si prevede al 147,5% a causa dell’inflazione alta.
Il debito a lungo termine del paese ammonta a 270 miliardi di euro. Ci sono altri 80 miliardi, di varie categorie di debito, fuori dalla regolamentazione. I 270 miliardi verrano rimborsati dal 2032 al 2064. Fino al 2032 la Grecia pagherà solo interessi, ad un tasso di interesse basso e stabile. Ciò significa semplicemente che l’inflazione “erode il debito”. In effetti, i calcoli indicavano che l’accordo sul debito del 2018 (governo Syriza ) avrebbe realizzato un “haircut indiretto” del debito greco del 30%. Però il calo è dovuto al 95% dall’inflazione e soltanto al 5% di crescita del PIL reale.
La stagnazione della Grecia è economica e politica. Il modello di produzione è ancora basato sul turismo, l’edilizia e la finanziarizzazione dell’economia, proprio come prima del 2009. Un’economia di livelli bassi di investimenti, che portano a posti di lavoro di bassa qualità, che a loro volta incentivano investimenti simili, sia qualitativi che quantitativi. Incentivi (in nuove tecnologie, nuovi prodotti, nuovi mercati) per cambiare questo circolo vizioso non esistono. Il problema greco si trova nel modello produttivo neoliberista.
Il Recovery Fund era una chance per la Grecia, ma i soldi si distribuiscono fra i “potenti amici stretti” del governo. Il governo non ha incassato, ancora, 18 mld (dei 36 mld totali) del Recovery Fund, mentre il termine scade a metà del 2026.  Mitsotakis non ha mai spiegato come sono già stati spesi 18 mld e quale sia il loro contributo all’economia greca e al benessere sociale. La realtà dimostra il deterioramento delle condizioni di vita dei 2/3 della società e l’aumento delle disuguaglianze durante i 6 anni del governo Mitsotakis. 

Secondo l’istituto V Dem, alla fine del 2022 la Grecia è passata da democrazia liberale a democrazia elettorale e mantiene questo status fino ad oggi. Lo stato di diritto è minato pericolosamente. Corruzione e mancanza di trasparenza si trovano al culmine. Lo scandalo Novartis, le intercettazioni telefoniche dello stesso Mitsotakis (Predator) e ora la “copertura” del governo del delitto di Tempi sono gli esempi più caratteristici.
È la questione della giustizia per Tempi che ha creato un grande movimento in tutta la Grecia che chiede “ossigeno” per respirare. La manifestazione del 28 febbraio 2025 è stata storica, la più grande degli ultimi 50 anni. Ha rivelato che almeno un 70% della popolazione è contro Mitsotakis e non crede più nella sua propaganda. A manifestare sono i 2/3 della società greca che non vede futuro con questo governo, in assenza però di un’alternativa politica. 
Negli ultimi sondaggi continua la tendenza discendente del governo (si trova sotto il 25%) ma non ci guadagnano né il Pasok (con metà del partito che guarda verso sinistra e l’altra metà verso la destra neoliberale) né la sinistra. Più che altro a guadagnare sono l’estrema destra e il populismo. Il problema della sinistra consiste nella frammentazione, la composizione non dialettica, ma sostanzialmente perché non esiste la visione di una narrazione alternativa con una strategia convincente. La sinistra, invece di investire nella guerra di posizione, si è persa nella guerra di movimento.
Il rimpasto di governo è stato un riciclo degli stessi ministri, fedeli di Mitsotakis, esponenti dell’estrema destra e neoliberisti ex Pasok. La politica estera di Mitsotakis ha portato la Grecia ad un isolamento diplomatico. Non ha nessun ruolo in Medio Oriente, in Ucraina, nell’area balcanica ma neanche a livello europeo nelle grandi sfide di oggi. Mitsotakis è solo uno yes man della Von der Leyen e fino ieri di Biden, che non ha nessun peso specifico nella politica europea.
La politica interna di Mitsotakis somiglia a quella di Orban, con i tre poteri nelle sue mani e con il supporto della stragrande maggioranza  dei mass media. Si tratta di una oligarchia politico-economica che si basa sulla bugia, sulle fake news, sulla copertura degli scandali, sull’ipocrisia, l’incompetenza, l’arroganza e il clientelismo. Più che altro si tratta di una politica di classe pensata per l’élite greca e i suoi seguaci.  Sono tutti questi elementi insieme a costituire il puzzle del governo Mitsotakis, che ha portato la Grecia all’ultimo posto nella UE, con prospettive pessimistiche per il futuro.

Lefteris Stoukogeorgos

Articolo precedente
Cosa succede in Serbia
Articolo successivo
Il coraggio di cambiare registro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.