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Il coraggio di cambiare registro

di Leonardo
Ragozzino

Quando ero molto più giovane e guardavo attonito in tv le lunghe trasmissioni sugli scenari di conflitto come ad esempio quello Iran Iraq, Kossovo etc, con tanto di mappe colorate, plastici e retorica bellicista, i conduttori televisivi giocavano con gli esperti ad un macabro gioco, una specie di Risiko, dove la componente ludico-guerresca assumeva tratti di compiacimento inaspettati, creando le premesse di una regressione infantile collettiva. Era un’attitudine che coinvolgeva prevalentemente le componenti neocon reazionarie e ammansiva le mandrie centriste, che in Italia sono sempre state assetate di semplificazioni rassicuratorie. La Sinistra parlamentare ed extra parlamentare era contraria alla guerra.

 

Oggi mi pare che quel trend si sia riproposto in grande stile e stia raggiungendo livelli mai raggiunti prima, inglobando al su interno pezzi di “intellighènzia” progressista, rapita anch’essa dalle semplificazioni compulsive e da un’analisi manichea dei contesti geopolitici. Il logos nelle sue varie decinazioni e sfumature, configura la Russia e il mondo ex comunista di nuovo minaccioso ed espansivo e il neo liberismo capitalista in fondo il minore dei mali e confinatosi nella dimensione nazionalista difensiva. Niente di più miope e autoassolutorio e lascia stupiti constatare quante personalità differenti (anche giornalisti, intellettuali, artisti) stiano scivolando sempre più numerosi su posizioni per le quali la “guerra” (e tutto il suo corollario) rappresenti una soluzione inevitabile e addirittura necessaria.

 

Una futurista “igiene del mondo” che torna inaspettata, dopo la crisi finanziaria (ed economica) mondiale del 2007-2008 e soprattutto dopo la pandemia Covid del 2020; eventi planetari che avrebbero dovuto presagire una civiltà resiliente in evoluzione e non un mondo implosivo, pieno di pulsioni di morte, con autocrazie autoritarie con opposizioni e contrappesi politici e culturali flebili.

Manca una internazionale della Pace. Non ci sono più i Social Forum dove si discuteva di Pace e Ambiente con una lente glocal che poneva non solo domande ma forniva anche possibili risposte per una governance illuminata, che in alcune parti del mondo veniva anche implementata. E fortunatamente arrivano occasioni come sabato 15 e la bella manifestazione No ReArm UE di Piazza Barberini, orientata proprio a testimoniare con radicalità l’avversità a ulteriori investimenti bellici e a dichiarare la disillusione per una Europa ormai lontana dal progetto di Altiero Spinelli e i padri fondatori dell’integrazione continentale. Mentre a Piazza del Popolo si officiavano i riti girotondini con la Pace in terza fila e la scena occupata dalla retorica dell’Eurocentrismo benestante che abdica ai suoi valori per sposare il  si vis pacem, para bellum.

 

Ora però il campo pacifista deve abbandonare i posizionamenti, le divisioni: su “guerra si guerra no”  deve costituire un blocco unico e plurale. Mi chiedo, perché il M5S non c’era (ufficialmente) a Piazza Barberini e perché la rete di Piazza Barberini non dovrebbe esserci all’evento del M5S ? Bisogna invertire invece questa tendenza e costruire una rete più ampia, che presupponga l’alto valore della cessione della sovranità per un progetto più alto, che grazie al lavoro che in Europa sta meritoriamente facendo il M5S, abbandoni i compartimenti stagni e sappia elaborare collegialmente una piattaforma di proposte che possano influenzare le scelte e l’opinione pubblica. Quest’ultima attualmente in preda ad uno stato confusionale e ripiegata ombelicalmente su sentimenti di paura individali, fomentati indistintamente da decisori bipartizan (“In un mondo grande e terribile senza Europa sono in gioco i nostri DIRITTI PERSONALI e sociali”, così Sabato il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri).

Non c’è molto tempo, il coraggio di cambiare registro deve essere qui ed ora.

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