E anche per la Germania è arrivato il tempo dei franchi tiratori. Squilla il telefono prima delle 11 e mi dicono da Berlino che Friedrich Merz, Cancelliere designato dall’accordo tra Cdu e Spd, è andato sotto la maggioranza assoluta necessaria ed ha perso 18 dei voti che aveva sulla carta. Per un Paese come la Germania un trauma. Le ore successive sono frenetiche. In ballo anche nuove elezioni. Alla fine, alle 4 del pomeriggio, Merz ce la fa. Dicono che si fosse portato una botte di birra per festeggiare alla tedesca. Chissà se lo avrà fatto lo stesso. Ora è cancelliere. E potrà incontrare come aveva previsto i cugini francesi in nome del vecchio duopolio. In realtà non credo che il trauma sarà riassorbito facilmente. La Grosse koalition tra Cdu e Spd si è dimostrata ben lontana parente di quella dell’epoca Merkel, né grande, né coalizione. Uno schiaffo per Merz, già uomo di Blackrock multinazionale col cuore USA. Tutte formule, la grande coalizione e la guida franco tedesca, che appaiono consunte nella nuova fase. Lo schiaffo a Merz cade in mezzo alla affair Afd, tra ammiccamenti e campagna di messa al bando di quel partito. Messa al bando politica o giudiziaria, è tema aperto. Con tanto di paragoni con Hitler e come si difende la democrazia. Paragone ormai inflazionato e che rischia di non affrontare sul serio il tema della lotta al ritorno in chiave “moderna” dei fascismi. Come un tempo a fronteggiare, o ad ammiccare, a queste destre ci sono i liberali. A differenza di un tempo manca quasi del tutto una alternativa di sistema come fu il movimento operaio e comunista. Il risultato è che un passaggio fondamentale come quello che vive la Germania, un poderoso riarmo ed un aperto conflitto considerato strategico con la Russia, viene affrontato con una destra montante e che dovrebbe essere messa al bando da una coalizione che forse non ha neanche i voti per governare. Con una Cdu in parte attratta dalla Afd, o almeno dai suoi temi, e una Spd non solo ridotta ai minimi storici ma senza alcuna propria prospettiva strategica. Una situazione politicamente quasi peggiore di Weimar, dove almeno c’era stata la Rivoluzione contro l’Imperatore e la nascita della Repubblica. Naturalmente la crisi economica e sociale del dopo prima guerra mondiale era dirompente, ma quella attuale non scherza. Per la Germania la recessione è un trauma, lo scontro sui dazi con gli USA mina una economia fatta di surplus esportativi, la fine della Ostpolitik è una cesura storica. Tutto sanabile con il riarmo, la rinascita di una potenza tedesca in una UE che gioca a fare la voce grossa? Difficile. Ma è la carta che le borghesie giocano. Sta dentro il DNA della UE, in Maastricht, nella gestione del dopo ’89. È motivato in realtà dalla lotta di classe rovesciata scelta dalle borghesie. Che ha pagato in termini di profitti e di potere. Ma inciampa sulle prospettive storiche. La realtà è che la Germania, e la Spd (ma anche l’ Europa), hanno conosciuto la loro fase migliore nel periodo in cui, nonostante il Muro, si è consolidato un modello sociale e democratico senza pari al Mondo. Ora, non solo questo modello viene fatto a pezzi, ma la tenuta politica è a rischio come quella sociale. Certo ti puoi raccontare che sei la sola democrazia esistente in un Mondo di fascismi ed autoritarismi che ormai per questa narrazione va da Putin a Trump alla Cina. E dunque sei autorizzato, anzi tenuto, a difenderti con la guerra, invalidando elezioni e quant’altro. Naturalmente dovresti spiegare perché poi permetti al governo di Israele un genocidio. Ma ai governanti tedeschi e della UE questo non tange. Ma poi in Romania, estromesso un candidato sgradito vince uno simile. E in Germania scoprono la italica realtà (che fu) dei franchi tiratori. Dare un’occhiata ai rapporti di forza e farsi un’idea dei contendenti è l’abc della politica e di ciò che la Storia insegna. Il campo delle borghesie sta tra la vecchia egemonia neocon, del suprematismo globalista, e il nuovo tecno feudalesimo.
…. “Aggiungo infine che se l’Europa prendesse la via di divenire un terzo blocco militare, la direzione della vita politica europea finirebbe per essere presa, prima o poi, da gruppi e caste reazionarie.”
Questa frase dell’intervista sull’Europa che Enrico Berlinguer fece con Aldo Zanardo su Critica Marxista addirittura nel 1984, è quella che mi ronza da tempo nelle orecchie e ancor di più in questi momenti.
Roberto Musacchio